Strategia comunicativa, risultati e un mondo biancoblù di nuovo ai massimi storici. Il peso del personaggio Pozzecco nel mondo Dinamo Sassari.
Ritornelli che fanno rischiare il diabete o fini doti da comunicatore? Geniale ed efficace modo di proteggere e cementare la squadra o incapacità (o poca voglia) di andare a fondo sugli aspetti tecnico-tattici? Ai posteri l’ardua sentenza, o magari ai risultati, che quando arrivano mettono tutto in secondo piano e quando mancano sporcano anche gli eventuali aspetti positivi. Di sicuro c’è che in casa Dinamo Sassari, intesa in senso lato, di basket si parla ormai poco al di fuori dei 40 minuti (più overtime), lasciando che il resto – a cominciare dalle interviste e conferenze stampa di Gianmarco Pozzecco – dia sfogo a tutta l’emotività di circostanza. A volte melensa e altre nevrastenica.
TUTTI SUL CARRO DEL VINCITORE – Retorica à gogo che però quando vinci partite in serie (e che serie!) diventa la migliore colonna sonora, e al diavolo chi vorrebbe approfondire su schemi, filosofie, caratteristiche individuali e di squadra. Succedeva anche nel magico 2014/2015 della “tripletta” sacchettiana, e nelle altre parentesi esaltanti del decennio biancoblù. Quando si vinceva, Meo era il santone guascone, paterno, compagno e simpatico nella sua capacità di mettersi al pari dell’uomo comune col pregio di saper gestire la banda di matti sul parquet. Quando si perdeva, il gigante col baffo era l’ultimo dei pisquani da impiccare al grido di “Non sai nulla di basket e non c’è un’impronta tattica”. Discorso applicabile anche al Poz-copertina odierno (complimenti a Sardara per averlo chiamato con un all-in da genio del marketing e della comunicazione qual è), anche se oggi è l’attuale allenatore a risultare il più folle della compagnia, seppur tutti giurino sia un coach di altissimo profilo. La Dinamo domina e ogni osservazione di alcun tipo – siano essi temi tecnici, tattici, di colore o relativi ad accrediti negati a determinati giornalisti (abitudine, a quanto pare, condivisa oggi anche in riva alla Laguna) – incontrerebbe l’astio della gente, come già visto in passato. Quella gente che sino a pochi mesi fa criticava anche l’asciugamano sventolato da Polonara, quando non ignorava del tutto il mero risultato del match di campionato o coppa europea.
GENIO DELLA TROLLATA – Dinamiche normali del tifo, occasionale e non. Ancor più in una piazza dove è facile innervosirsi in modo immaturo contro telecronisti teoricamente di parte, arbitri, trombette, condizionatori e avversari (ricordate Banchi, Ale Gentile, Polonara, Della Valle e compagnia?). Una piazza che storicamente ha il suo zoccolo duro di sostenitori (al palazzetto da tanti lustri e in ben altre categorie) e quelli che fanno la fila al botteghino per iscriversi alla moda che ritorna ad ondate. Qualcuno accosta Pozzecco al grande Phil Jackson, che a ridosso delle partite non parlava mai di basket. Qualcuno vorrebbe sentire più parole su pick and roll e quintetti piccoli o grandi. Ma è inutile aspettarsi risposte dal Mourinho del basket, vero e proprio genio della trollata: chiedere ai giornalisti delle tv, ogni volta sempre in imbarazzo per l’imprevedibilità del personaggio. Che dopo Gara 5, come vi abbiamo mostrato per primi pochi minuti dopo la conferenza, è sbottato. Tutto previsto a tavolino, oppure un sano, robusto sfogo come ai bei tempi? È indubbio che la strategia comunicativa del Poz – a braccetto col suo mental coach Sardara, ieri più di una volta costretto a limitarne le sfuriate in campo – sia quella di sfruttare il suo essere istrione per scaricare le pressioni sulla squadra, caricare il ruolo del trainer di un’aura mediatica del tutto sui generis, fare rumore laddove serve (specie sui social) e non dove può disturbare. Se questo sia causa o effetto del rendimento da urlo sul campo è difficile dirlo, probabilmente la verità sta, come sempre, nel mezzo.
Per il momento c’è uno Scudetto vicinissimo, nel modo e nel momento più insperato, visto come si giocava e cosa si diceva solo all’indomani della Coppa Italia, con Pozzecco appena arrivato (e subito denigrato). Quando le cose andranno meno bene, speriamo davvero il più tardi possibile, si potrà valutare una volta di più la maturità del mondo Dinamo. Squadra, coach, società, tifosi. In Sardegna e oltre mare.
Francesco Aresu