Riparatore, psicologo, costruttore e ora pompiere. Leonardo Semplici cambia ruolo con il cambiare della classifica e dell’umore del suo Cagliari. Ora, dopo tre vittorie consecutive che hanno permesso di raggiungere Benevento e Torino, è arrivato il momento di spegnere i fin troppo facili entusiasmi.
Alta tensione
Pronti via e subito sette punti tra Crotone, Bologna e Sampdoria. “Non abbiamo ancora fatto nulla” la sentenza del mister toscano in quei giorni dopo la scorpacciata degli esordi in Sardegna. E aveva ragione lui, perché dopo il buon inizio non si era ancora a metà dell’opera, anzi. Il passo del gambero riportò il Cagliari nelle secche della bassa classifica, quattro sconfitte consecutive e la distanza con la zona salvezza di nuovo ampia. Ora, dopo che gli otto giorni di passione tra Parma, Udinese e Roma hanno fatto diradare nuovamente le nuvole, Semplici ha il compito di spegnere gli entusiasmi. Esultare è lecito, sentirsi salvi decisamente meno. D’altronde mancano ancora due scontri diretti – Benevento e Fiorentina – e le altre tre partite da giocare da qui a fine stagione non sono esattamente delle passeggiate di salute. La prima delle ultime cinque finali è quella di Napoli, contro la squadra più in forma della Serie A, ancora in lotta per un posto Champions e che non sembra affatto intenzionata a lasciare il passo ai rossoblù.
Tre su cinque
Se poi si guarda agli scontri diretti non si può dimenticare che il Cagliari ha l’obbligo di vincere contro il Benevento di Inzaghi. Un pareggio vorrebbe dire togliere dal campo la possibilità di un arrivo a pari punti. Una vittoria, al contrario, metterebbe la differenza reti come discriminante in caso di posizione finale appaiati. I rossoblù, d’altronde, non hanno dalla loro parte nessuna possibile classifica avulsa. Non contro il Torino che, a scanso di stravolgimenti, ha sette reti di vantaggio tra gol fatti e subiti rispetto al Cagliari, non con lo Spezia che ha dalla propria parte il favore degli scontri diretti. Con la Fiorentina manca ancora il ritorno, ma anche in questo caso una vittoria potrebbe non bastare vista la differenza reti favorevole ai viola. Per questi motivi è importante tenere alta la concentrazione e dimenticarsi di quanto fatto nella rincorsa appena completata. Umiltà e unità, vietato specchiarsi e adagiarsi su tre vittorie che sì sono valse nove punti, ma che hanno raccontato storie differenti andando oltre il risultato. In sostanza è quasi obbligatorio vincere tre delle ultime cinque gare, Benevento, Fiorentina e Genoa. Al contrario il destino non sarà solo nelle proprie mani, anzi.
Vinto ma non convinto
I tre punti raccolti contro il Parma in pieno recupero avevano messo sotto il tappeto una gara ricca di difficoltà. Non di fronte a una delle prime della classe, ma a una delle due compagini in fondo alla classifica. La spinta nata dai gol di Pereiro e Cerri ha portato alla vittoria di Udine, una gara tutta cuore e difesa strenua del vantaggio su rigore di Joao Pedro. I friulani, però, erano orfani di Rodrigo De Paul e basterebbe chiedere al Benevento cosa voglia dire giocare contro gli uomini di Gotti con in campo il numero dieci argentino. Infine il tre a due con cui i rossoblù hanno battuto la Roma, non i giallorossi dei tempi migliori, ma quelli che da settimane sono con la testa più sull’Europa League che su un campionato con obiettivi ormai irraggiungibili. Insomma, il Cagliari è stato bravo ad approfittare delle coincidenze del calendario, ma Nainggolan e compagni non possono crogiolarsi al sole del terzultimo posto attuale come se l’impresa salvezza fosse già stata compiuta.
Prendere esempio proprio dalle avversarie per non cadere negli stessi errori. Il Benevento che dopo un girone d’andata sopra le righe, e soprattutto dopo la vittoria contro la Juventus allo Stadium, si è forse sentito al sicuro troppo presto e ora, invece, è in una crisi quasi imprevista. Il Torino, rinfrancato dalla cura Nicola, ma che non è mai uscito dalle sabbie mobili e resta pericolante. Lo Spezia, che in seguito alla vittoria del Picco proprio contro il Cagliari appariva a un passo dall’impresa e invece è più che mai pericolante. Ecco perché Semplici non alza in alto i pugni in segno di vittoria, ma è attento a spegnere ogni eccessivo entusiasmo. Positività sì, sentirsi arrivati no. Esultare per una salvezza non più utopia è umano, pensare di averla già raggiunta potrebbe essere diabolico.
Matteo Zizola