Vigilia del match al “Meazza” contro i Gattuso’s boys per un Cagliari in crisi d’identità.
La partita contro l’Atalanta ha lasciato più scorie di quanto racconti la mera classifica, fattasi all’improvviso corta e pericolosa a causa del blitz inatteso del Bologna proprio a Milano (contro l’Inter).
Ma come provare a uscire dalle sabbie mobili in cui gli uomini di Maran (e Maran stesso) si sono impantanati? Proviamo con un esercizio di ottimismo che suona più come un atto di fede, ricordando il buon Cagliari di ormai diversi mesi addietro. Possibile che sia scomparsa la personalità dimostrata a Torino contro la corazzata Juventus? O, per tornare ancora più a ritroso, in quel di Parma, dove la squadra fu padrona della metà campo avversaria per 70 minuti e venne punita oltre i propri demeriti dal contropiede letale di Gervinho e dall’eccessiva sterilita’ del proprio reparto avanzato, orfano di Pavoletti? Possibile che tutto quanto visto fino a novembre fosse solo un caso?
E allora vien da dire coraggio. Sì, coraggio anche a San Siro, in un match che appare dall’esito scontato ma dove la prestazione, l’audacia e la spavalderia potrebbero produrre dividendi da incassare nelle partite a venire. Se è vero come è vero che, per ragionamento opposto, la sconfitta di Reggio Emilia e quella in casa contro l’Atalanta sono figlie delle scialbe e timorose, quasi all’inverosimile, esibizioni precedenti.
Il Cagliari oggi è una squadra alla quale l’allenatore ha progressivamente insegnato ad avere paura; a giocare sul risultato, a non osare per manifesta inferiorità; e, di riflesso, gli uomini in campo pare abbiano imparato a crederci sul serio. Non aiutano, poi, le parole del patron Giulini, che si è detto soddisfatto in caso di “almeno tre punti tra Atalanta, Milan e Parma”.
Come dire: il manuale perfetto per creare alibi ad un tecnico ed una rosa che hanno smarrito se stessi. Un gruppo imprigionato dalle proprie paure, con scelte campate per aria e frutto del momento di difficoltà, anziché edificate su un’identità riconoscibile (come sembrava essere ad inizio stagione) a prescindere dall’avversario di turno. Non può bastare l’infortunio di Castro a giustificare lo smarrimento, e allora: coraggio, in primis coraggio Maran!
Non crediamo, ci rifiutiamo di farlo, che una squadra troppo inguardabile per essere vera soddisfi realmente il suo condottiero, come da lui proferito lunedì notte. Un Maran quasi ostaggio del terrore da fallimento, al grido di “meno rischio, meglio è”, “portiamo la pagnotta a casa”, “facciamo il punticino e tiriamo a campare”, “io non metto a repentaglio il mio posto in panchina e confermo il mio curriculum da nocchiero di salvezze sicure, così il Cagliari resta in serie A e siamo tutti soddisfatti“. Al netto delle dichiarazioni di facciata, se oggi provassimo a guardare nella testa di Maran potremmo sentire questo, vista la risultanza (non il risultato, attenzione) del campo da due mesi abbondanti.
Proprio quando ti metti sulla difensiva la sconfitta diventa inesorabile e rovinosa. Urge far scoccare la proverbiale scintilla, magari anche con la faccia tosta e l’incoscienza di qualche nuovo arrivato. Quale occasione migliore, dunque, dell’incontro alla “Scala del calcio”. Domenica, oltre al risultato (ovviamente sempre importante, ci mancherebbe), occorrerà fare bene dal punto di vista della prestazione, dell’atteggiamento, delle intenzioni di combattere, proporre calcio e variare il tema. Corroborerebbe un morale e un’autostima ormai sotto i tacchi. Perché perdere si può, ma c’è modo e modo di farlo. E il Cagliari sa fare molto meglio di così. Lo sappiamo. Lo ha già dimostrato.
Mirko Trudu