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Cagliari, la continua lotta tra bel gioco, classifica e identità

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“Una squadra deve avere il suo Dna. Giulini è uno dei pochi presidenti davvero competenti di calcio, con cui si può parlare anche di aspetti tecnici. La squadra che deve rappresentare questo popolo deve avere coraggio, lotta, concretezza e solidità: stiamo cercando di costruire questo. Penso che non si debba far poesia nel calcio: bisogna costruire qualcosa di solido. La gente deve venire allo stadio e divertirsi, ma il Cagliari non è la Juventus. Può affrontare le partite con determinati criteri, ma sapendo di essere il Cagliari”. Ve le ricordate? Era il 27 maggio 2019. Parole e musica di Rolando Maran. Il Cagliari aveva appena chiuso con una sconfitta interna, 2-1 dall’Udinese, il campionato al quindicesimo posto. E giusto qualche settimana prima il tecnico trentino aveva rinnovato, fino al 2022, il suo contratto con il club sardo. Un matrimonio poi finito, come ricorderete, a marzo del 2020.

Mentalità – L’arrivo di Di Francesco, escluso da questo ragionamento il periodo di intermezzo Zenga, ha segnato un cambio radicale di filosofia all’interno del progetto Cagliari. Una sterzata, almeno sulla carta, mostrata fin dalle prime dichiarazioni dello scorso agosto a teatro Doglio dal tecnico pescarese: “Voglio riportare entusiasmo e sono convinto che ci divertiremo qui a Cagliari. Spesso ci riempiamo la bocca con queste frasi fatte ma io voglio davvero una squadra sempre all’attacco e che faccia la partita. Voglio entusiasmare la gente”.

Bivio – Alla soglia della fine del girone d’andata però il campo ha fin qui respinto le belle proposte di cambio di mentalità in casa rossoblù. La squadra è sempre nelle posizioni pericolose della classifica e da un paio di settimane a questa parte anche le dichiarazioni di Di Francesco hanno cambiato registro. Come successo prima delle gare a Napoli e Benevento: “Questa volta guardo prima di tutto ai punti”. E domenica contro la Fiorentina il Cagliari, che questo pomeriggio parte in ritiro per Firenze, avrà un disperato bisogno di smuovere la generale interrompendo la striscia di tre sconfitte consecutive in Serie A. Magari anche con una partita brutta, sporca e cattiva. Perché creare un progetto sui giovani e sul bel gioco è una nobile causa ma il giudice supremo resta sempre il campo. E fin qui il campo ha respinto l’idea Cagliari. Questo non significa che questo nuovo percorso non vada avanti, anzi è dalle difficoltà che si valutano i progetti migliori anche se la fiducia a Di Francesco non sarà infinita, però è curioso come la reazione ai problemi dei rossoblù sia ora il ritorno a una mentalità che in casa Cagliari sembrava si volesse dimenticare, e in fretta.

Roberto Pinna

 
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