“Siamo stati ingenui. Vedo una voglia di essere sempre belli e forti, che per i più giovani è anche comprensibile, ma per una squadra che deve salvarsi non è accettabile buttare dei punti in questo modo. Dobbiamo capire il prima possibile qual è il nostro obiettivo e fare un passo in avanti in maturità. Quando la partita è finita o la devi chiudere non puoi rischiare il risultato per cercare gloria personale”. Il messaggio di Fabio Pisacane al suo spogliatoio al termine di Cagliari-Pisa 2-2 è abbastanza chiaro: serve più carattere e più senso di squadra per portare la nave in porto a fine stagione.
Testa scarica
E in effetti quello che lascia maggiormente il bicchiere mezzo vuoto, dopo il pareggio interno contro una diretta concorrente per la salvezza come il Pisa, è proprio l’atteggiamento messo in campo dai rossoblù in alcuni momenti della partita. Un approccio molle al match, in una gara da vincere o vincere, la sofferenza continua della fisicità avversaria in ripartenza e sui calci piazzati, poi la bravura di recuperare la sfida, portarla verso i propri binari e alla fine pareggiarla per dei palloni gestiti in modo sanguinoso in avanti. Con un Pisa che nel finale, e più in generale guardando a quanto costruito nei 90’, avrebbe anche potuto vincerla ai punti. Un Cagliari che si è forse illuso dalle belle prestazioni contro Juventus, Roma e Atalanta (dove comunque, è bene ricordarlo a chi pensasse di valere qualcosa di più della corsa salvezza dentro Asseminello, sono arrivati solo 3 punti). Un Cagliari fatto della solita leggerezza difensiva (perché Mina titolare vista una condizione parsa molto lontano dall’accettabile?), ma soprattutto un Cagliari che si è voluto specchiare in almeno 2-3 ripartenze in superiorità numerica con il singolo che ha messo se stesso davanti al gruppo e che al passaggio giusto per il compagno ha preferito cercare il proprio tornaconto. Come successo a Esposito o Mazzitelli in contropiede.
Momento
Un atteggiamento irritante per un gruppo che non poteva permettersi di scherzare contro una diretta avversaria, che avrebbe potuto sicuramente portare a casa i 3 punti mettendo in campo maggiore senso di unità. Il peccato principe dell’inesperienza, pensare di emergere non con i risultati di squadra ma con la giocata personale. Un esercizio di stile che sicuramente una squadra che ha fatto 7 punti nelle ultime 10 giornate (peggio solo la Fiorentina con 6) non può permettersi. Ecco perché il 2-2 contro il Pisa va letto come un netto passo indietro. Perché alla fin fine in un campionato modesto per tasso tecnico la differenza tra salvezza o retrocessione sarà nella testa messa in campo e nella gestione dei momenti chiave. In questo senso la squadra ha mandato un campanello d’allarme a Pisacane, che dovrà essere bravo a far cambiare filosofia ai suoi.
Singoli
Un peccato che la bella (prima) rete di Semih Kilicsoy non abbia portato i tre punti, il turco ha comunque dimostrato che giocando qualche minuto in più può diventare un’alternativa importante per un attacco isolano ridotto ai minimi termini. Al di là dell’episodio sul gol del 2-2 del Pisa, in cui tutta la squadra resta molto sulle gambe (anche incomprensibilmente) dopo la palla persa su situazione offensiva, va messa in evidenza la prova di Juan Rodriguez. Nei momenti più complicati, specie nel primo tempo, è stato lui con degli interventi precisi e di carattere a mostrare i denti e provare a svegliare dei rossoblù incredibilmente spenti. Non male per un 2005. E questa è la fame che deve mostrare il Cagliari. Forse qualche bella giocata da social, fatta di passaggi di prima e tacchetti (vista sporadicamente nelle ultime partite), oppure alcuni repost sulle pagine dei tifosi e dei grandi media nazionali hanno illuso qualche giocatore che la salvezza dei sardi possa passare da giocate di fino e sombreri. Peccato che questa mentalità abbia portato a un’eccesiva illusione e una ingiustificata sufficenza contro il Pisa. La salvezza del Cagliari passa dall’intensità. E non è un’incapacità di sognare o di voler guardare al bello, ma una sana presa di coscienza del proprio obiettivo e di quello che si è al momento.














