Una lunga intervista quella rilasciata dal presidente della Dinamo Sassari Stefano Sardara attraverso i canali ufficiali biancoblù. Dalla crescita del club sassarese, alla costruzione della nuova rosa, passando per la sua esperienza personale alla guida della società. Di seguito vi riportiamo un estratto dei tanti temi toccati dal massimo dirigente del Banco.
Sul nuovo roster
“Sono certamente contento del roster che abbiamo costruito. Ma ancor di più sono stupito perché abbiamo ricevuto subito il consenso dai giocatori che volevamo nonostante non arrivassimo da una grande stagione. I profili che volevamo si sono dimostrati subito felici di venire a Sassari, questo vuol dire che in questi anni abbiamo costruito qualcosa di solido e che l’inciampo dello scorso anno, legato a diversi fattori che già sappiamo, sia stato percepito solamente come un qualcosa di passeggero. La Dinamo rientra in una fascia medio alta e i giocatori che abbiamo preso, che per me chiaramente sono i migliori al mondo, hanno detto subito sì. I consensi sono stati molto più veloci rispetto a quando li abbiamo comunicati perché, giustamente, volevamo far conoscere poco per volta i vari componenti del roster. Questo per me è un bellissimo segnale che ci ha dato la pallacanestro”.
Sul legame con la Sardegna
“Dal giorno uno abbiamo immaginato la Dinamo come la squadra della Sardegna, mi dà grandissima soddisfazione quando ogni anno escono i dati e ti rendi contro che, nel nostro territorio, nel mondo basket-calcio la Dinamo è l’unica che supera anche il calcio. Mi ricordo le prime perplessità delle amichevoli a Cagliari, perché la Dinamo era Sassari e Sassari era Dinamo. Secondo me questo concetto era sbagliatissimo perché la Dinamo aveva tantissimi amanti in tutta l’Isola. Tutte le attività che noi facciamo con i nostri sponsor e con le nostre scuole in giro per la Sardegna servono appunto per rendere la squadra più vicina al territorio. Racchiudere la Dinamo solamente a Sassari, che per noi è la città più bella del mondo, era sbagliato. La squadra ha una regione a cui appartiene e si identifica, questo va dimostrato anche con i fatti non solo nelle parole. In campo europeo la stessa cosa, se si vuol far crescere il brand se non si ha una visione internazionale si rimane chiusi nella propria regione. Noi siamo il club che ha avuto la maggiore visibilità nei social, anche questo è un modo per fare azienda e farlo bene. Nel 2011 dissi che non saremo diventati i più grandi, ma i più bravi. La Dinamo cerca sempre di fare questo, a volte bene, a volte meno bene, altre volte sbagliando. Questo fa parte del gioco, però la nostra mentalità dev’essere questa”.
Sull’ultima stagione
“È stato un anno incredibile. Quando al 20 agosto ci si ritrova con quattro quinti della rosa fuori per infortunio la stagione ti ha già dato il buongiorno. Gran parte di loro sono rientrati a novembre, Bendzius non ha giocato per tutto l’anno, logico che si è faticato nel trovare la chimica e lo stress ha preso il sopravvento. L’anno scorso, nonostante sia stata una stagione sfortunatissima, tralasciando Tortona, abbiamo vinto contro tutte le prime otto classificate. Non era una squadra senza talento, ma un gruppo che ha vissuto di tutto e di più. Però nelle gare importanti i tifosi c’erano. Anche volendo non posso criticare la stagione scorsa, Piero Bucchi non ha colpe: ha fatto ciò che poteva in un contesto difficilissimo, Markovic ha fatto bene. Tanti giocatori sono scesi sul parquet fuori ruolo perché dovevamo compensare le tante assenze. A chi dai la colpa? Alla dea bendata, con la speranza che questa stagione ci sia favorevole e ci permetta di fare una stagione serena (ride ndr)”.
Sulla riforma inerente alla LBF
“È una riforma senza senso che ha dato il colpo di grazia a un movimento che già di per sé faceva fatica a crescere e che tutti noi abbiamo sposato per dimostrare che essere uomini o donne non impatta sulla qualità della prestazione sportiva. Noi andiamo a vedere quello sport, così come guardiamo il basket in carrozzina, non per fare beneficenza ma perché è una forma di sport meravigliosa. Noi nel basket femminile vediamo delle prestazioni bellissime, purtroppo però la base di tifosi in Italia nel panorama Women è bassa e sta crescendo con fatica. Se in questo percorso di decollo gli si mettono dei piombi nei piedi raddoppiando i costi di gestione è spiacevole. Questa loro decisione porta a diversi club di Serie A a fare delle riflessioni che anche noi faremo”.
Su Trucchetti
“Se si parla di Trucchetti come ragazzo piuttosto che come giocatore mi fa doppiamente piacere averlo alla Dinamo. Conosco bene la sua famiglia, loro hanno a cuore il bene del ragazzo. Sono molto vicini al figlio ma rispettosi del suo percorso, lui dorme con la maglia della Dinamo nel letto e noi vogliamo giocatori che dormano con la maglia della Dinamo nel letto. Puoi essere il più bravo del mondo, ma se vieni qua per farci una cortesia non va bene. Non funziona così, noi vogliamo giocatori che vedano la Dinamo come un sogno”.
Giocatori italiani e stranieri
“Bisogna investire molto nei settori giovanili, perché se si lavora tanto su questo aspetto i giovani escono fuori. E se escono ben formati perché devo andare a prendere lo straniero? Il vero problema è che c’è molta più offerta nel parco stranieri e, per la legge del mercato, un giocatore che proviene da fuori costa meno. Ma questo non vuol dire che un italiano sia meno bravo di uno che viene dall’estero. Calmierare il mercato è sempre una strategia finanziaria sbagliata a mio modo di vedere”.
Sul progetto Dinamo
“La Dinamo fa i programmi di crescita di 3 anni in 3 anni. Ora iniziamo un nuovo triennio e ne lasciamo dietro un altro che, a causa del Covid, ci ha lasciato cicatrici profonde. Abbiamo vissuto periodi di difficoltà con la Regione che pian piano stiamo risolvendo, ma ci vogliono i suoi tempi. Quindi non usciamo da un periodo facile, ciò non di meno abbiamo mantenuto la serenità al nostro interno e per i nostri tifosi. Negli ultimi tre anni abbiamo fatto due semifinali scudetto, tralasciando l’ultima stagione. Dove saremo tra cinque anni ce lo dirà la vita, ancora non lo possiamo sapere. Sicuramente il progetto Dinamo resterà ambizioso”.
Sul percorso di Sardara da presidente della Dinamo
“Vivo il mio percorso da presidente con grande soddisfazione. All’inizio non ero preparato a gestire un’azienda sportiva, operavo in settori differenti e ho avuto bisogno di tempo per conoscerlo appieno. C’è stato un incrocio molto rischioso quando non avevo più la possibilità di dedicarmi a tempo pieno alla Dinamo e iniziava la necessità di dare autonomia al club delegando il lavoro. L’ingresso in dirigenza di Jack Devecchi è stata la ciliegina sulla torta, sapevamo delle sue potenzialità in questo ambito e infatti nel suo contratto da giocatore avevamo previsto l’opzione per un suo ingresso in dirigenza. È stata una sorpresa toccare con mano quanto lui si fosse preparato per ricoprire questo ruolo. La Dinamo è una macchina che funziona molto bene e in cui ogni tassello si trova al proprio posto, ogni tanto c’è bisogno di avere un settaggio, ma ormai faccio fatica a ricordare quando questo è avvenuto l’ultima volta”.
La Redazione