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Aru: “Era tutto troppo strano…”

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Il classe ’90 di Villacidro racconta a La Gazzetta dello Sport il nuovo incubo che stra attraversando.

La notizia è suonata come un fulmine a ciel sereno nella domenica dello sport sardo, italiano, internazionale. Di un ciclismo che ormai da più di un anno ha perso il Fabio Aru competitivo ai massimi livelli. Operazione in arrivo a Prato, 3-4 mesi di stop, e poi si vedrà. L’occlusione dell’arteria iliaca creava non pochi problemi al 29enne di Villacidro, che non riusciva più ad esprimere potenza in bici. E i risultati si vedevano, da troppo tempo.

“Ci sono stati dei giorni in cui in bici ero morto, devastato”, dice Aru in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. “Non sapere il motivo era terribile, mi dispiace molto fermarmi, ma provo un certo sollievo perché so che dopo potrò tornare ad essere quello che sono davvero. Mi impegnavo ma le cose andavano sempre peggio – racconta Aru – Era diventato un incubo”.

“Mi sentivo sempre senza forze – continua Aru – Già l’anno scorso si vedeva, ero limitato, scomposto. Facevo tanta fatica, e il massimo era un decimo posto. C’era una spinta diversa tra le due gambe, in allenamento lo sforzo è 4-5 volte inferiore alla gara, potevo reggere uno sforzo breve come una crono, non di più. Snervante non potersi esprimere nonostante gli sforzi e l’impegno”.

Difficile rialzarsi, ma Aru promette di farlo. “Ho pianto quando mi hanno dato la diagnosi, solo pochissime persone – una di queste è la mia fidanzata Valentina che vive con me – sanno quanto ho sofferto. Io non corro per il decimo posto… Ho fatto una Tac, una angio-tac, a Prato, dove c’è un reparto in cui si occupano benissimo di questa patologia. Ho saputo tutto venerdì, prima della Sanremo”.

Impossibile sbilanciarsi sui tempi. “Voglio tornare a dare a questo sport quello che ho già dimostrato di poter fare, quello che stava succedendo era troppo strano. Vorrei tornare in gruppo prima di fine anno. Problema di testa? In realtà quella è fortissima nel sostenere tutto quanto, vederti gli avversari sfrecciare davanti è frustrante, ma era troppo strano, perché io do sempre il 110%. Andavo a 250 watt in salita, inseguivo per chilometri e prendevo minuti di distacco. La mia famiglia mi è vicina, ho ricevuto un messaggio di sostegno anche da Nibali e penso che nei prossimi giorni ci vedremo”.

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