Una terra, un popolo, una squadra. La scritta che campeggia alla Sardegna Arena, l’aspetto identitario, un Cagliari con un occhio di riguardo ai giovani cresciuti in casa. O forse no, almeno così dice l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Cies sui giocatori cresciuti nel vivaio utilizzati nei vari campionati europei.
Un problema italiano
Il Cagliari, va detto, non è solo. Perché è tutta la Serie A ad avere una relazione complicata con i giovani cresciuti nel vivaio. Da una parte la famosa lista da 25 che impone di registrarne quattro, dall’altro quella che più che un’imposizione è un limite alla registrazione di chi non arriva dalle proprie giovanili con quei quattro slot che rimangono o completamente o parzialmente vuoti. Come numero di minuti giocati sul totale della propria squadra, in Europa i giovani cresciuti nel vivaio rappresentano in media il 13,2%. Il campionato in cui vengono maggiormente utilizzati è quello sloveno (26.8%), mentre quello in coda alla classifica è quello portoghese (4,7%). La Serie A è poco sopra la lega lusitana con un 5% di utilizzo dei giovani cresciuti nel vivaio del club, ultima tra le 5 top leghe europee, tra le quali capeggia la Spagna con il 15,7%.
Qui Cagliari
Nel caso della rosa rossoblù sono solo due i giocatori cresciuti nel vivaio utilizzati in questa stagione. Andrea Carboni e Alessandro Deiola sono gli unici ad aver raccolto minuti in Serie A tra i giovani cresciuti in casa Cagliari, rappresentando il 3,5% sul totale di tutta la rosa. Simone Aresti, pur occupando uno dei quattro posti dedicati nella lista da 25, non è sceso mai in campo. Il futuro potrebbe vedere un’inversione di tendenza, soprattutto dopo le prestazioni nel finale di stagione sia del centrocampista di San Gavino sia del giovane classe 2001 di Tonara. Ladinetti, Biancu, ma non solo cercheranno di trovare spazio nel gruppo rossoblù della prossima stagione. Dopo gli esordi sotto la guida di Zenga non solo di Ladinetti e Carboni, ma anche di Gagliano e Marigosu, il Cagliari ha messo il freno in questo campionato complicato che non ha lasciato spazio a nuovi giovani della Primavera di Agostini. Rossoblù che comunque, rispetto alle concorrenti della Serie A, sono sì sotto la media generale, ma comunque al nono posto. Genoa con il 20,9, Milan con il 17,8 e Spezia con il 15,3 sono le uniche ad aver superato il 10% di minutaggio dei giocatori cresciuti in casa, mentre, ad esempio, Verona, Benevento, Bologna, Udinese, Juventus e Inter non raggiungo l’1% sul totale. Parma e Sampdoria, addirittura, non hanno mai schierato nemmeno per un minuto un singolo prodotto dei loro vivai.
Con la crisi economica del calcio tutto e di quello italiano in primis, a maggior ragione dopo il colpo dato ai conti dalla pandemia, ripartire dall’utilizzo maggiore dei prodotti del proprio settore giovanile deve essere la soluzione principale per ridurre i costi e crescere in casa il patrimonio economico del club. Il Cagliari, considerata anche la specificità territoriale, dovrà trovare il giusto equilibrio tra l’utilizzo più ampio dei giovani prodotti dal vivaio e la necessità di alzare il livello delle proprie prestazioni, fermo restando l’obbligo della permanenza in Serie A. Perché, in fondo, è disputando il massimo campionato che un giovane può emergere, ma solo con i giovani diventa difficile mantenere la categoria. Senza dimenticare, infine, che l’esterofilia può essere un’arma a doppio taglio e che almeno il Cagliari dovrà trovare il coraggio di puntare sui propri giovani.
Matteo Zizola