Una famosa frase pronunciata da Gary Lineker, attaccante della nazionale inglese tra gli anni ’80 e i primi ’90, dice che “il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti e alla fine vince la Germania“. Adattandola al Cagliari si può parafrasare così: “il finale di stagione è semplice, undici titolari da scegliere per ogni partita e alla fine tra questi c’è sempre Alessandro Deiola“. È accaduto in passato, è accaduto con Claudio Ranieri in B, continua ad accadere con l’allenatore romano anche in Serie A.
Dentro o fuori
Quando il gioco si fa duro e bisogna tirare fuori scarponi ed elmetto, ecco che il centrocampista di San Gavino diventa improvvisamente imprescindibile. Cambia chi si siede in panchina, ma la costante resta l’utilizzo di Deiola nel momento del massimo sforzo. Già nella passata stagione Ranieri aveva rispolverato il classe ’95 da titolare per la prima volta a Parma – nella trentaquattresima giornata della regular season – per poi non escluderlo più dall’undici iniziale compresa la corsa playoff, quando soltanto nell’andata all’Unipol Domus contro gli emiliani fu inserito a inizio ripresa. Confermando dunque una scelta già vista in passato con i suoi predecessori, oltre a questo campionato nel quale nuovamente Deiola si è fatto largo con il tempo. Se in cadetteria un infortunio aveva comunque tolto per mesi la possibilità di sceglierlo al tecnico romano, nell’annata in corso lo spazio tra i titolari è arrivato con il tempo. Almeno alla voce continuità: dopo alcune apparizioni dal primo minuto, a gennaio è arrivato uno stop fino alla gara di febbraio contro la Lazio. Dalla sconfitta contro i biancocelesti inclusa, fino a quella di San Siro contro il Milan, Deiola è partito dall’inizio per undici volte su tredici, saltando la Juventus causa squalifica ed entrando a 21 minuti dal termine contro l’Inter. Se già con il reparto al completo, come dimostrato dalle scelte di Ranieri negli ultimi mesi, il sangavinese è stato quasi un titolare inamovibile, superando nelle gerarchie Sulemana e Prati, dopo l’infortunio occorso a Makoumbou non sembrano esserci dubbi sulla sua presenza in campo fin da subito contro il Sassuolo e contro la Fiorentina. Insomma, che sia per scelta o per necessità, Deiola resta un’arma spesso utilizzata quando c’è da alzare il livello di corsa e volontà, rinunciando ad altri aspetti secondari nella fase finale di una lotta che sia salvezza o promozione.
Sempre lui
Da Diego Lopez ad Alessandro Agostini, passando per i vari Walter Mazzarri, Leonardo Semplici e per certi versi anche Rolando Maran. Tutti gli allenatori che si sono seduti sulla panchina del Cagliari dopo Massimo Rastelli hanno messo al centro Deiola nel momento della lotta. Anche quando il risultato è stato una retrocessione, come nel 2021-22, con il centrocampista cresciuto in casa ha disputato l’unica stagione quasi da titolare in tutto l’arco del campionato. Ventotto presenze dall’inizio su trentasei totali distribuite abbastanza uniformemente, condite da quattro reti tre delle quali decisive per altrettante vittorie. Tornando poi indietro a una Serie A per certi versi simile all’attuale, almeno per la lotta salvezza, nel Cagliari di Lopez Deiola era stato titolare soltanto in una partita prima delle ultime tre giornate, venendo scelto dal Jefe tra gli undici proprio nel momento più caldo, gli ultimi e fondamentali 270 minuti. Altrettanto sorprendente quanto accaduto nella stagione 2020-21, quella con Semplici a rimpiazzare Di Francesco dopo 23 giornate. Il centrocampista classe ’95 torna in Sardegna a gennaio dal prestito allo Spezia, gioca subito da titolare contro il Sassuolo in casa per poi non essere mai schierato dal primo minuto fino alla trentaduesima. Nemmeno con l’ex tecnico della Spal trova spazio, finché nelle ultime sette viene schierato dall’inizio per sei volte, contribuendo in maniera sostanziale alla salvezza finale. Infine l’anno e mezzo con Maran, senza avere l’occasione di incontrare Walter Zenga visto il prestito al Lecce da gennaio 2020 fino a fine stagione. Nel 2018-19 Deiola gioca solo 4 gare da titolare, tre delle quali nelle ultime tre giornate, mentre nella prima parte del campionato successivo scende in campo un solo minuto contro la Lazio prima di andare in Salento alla corte di Liverani. Insomma, escludendo l’unica annata con Maran e i sei mesi di Lecce – con un infortunio che lo tolse di scena proprio nelle ultime partite – Deiola è spesso diventato elemento da tirare fuori nel momento più caldo, arma della quantità più che della qualità, ma soprattutto dell’abnegazione. Con la retorica del sentire la maglia che, però, sembra essere confermata come verità quando ogni allenatore punta su di lui. Se poi la risposta sono prestazioni come quella di San Siro, nella quale Deiola è stato l’unico ad approcciare e tenere botta dal corretto punto di vista mentale, allora la scelta di Ranieri appare giustificata. Anche perché, in fondo, se è vero che chi non è abituato a certe lotte nei bassifondi può perdere la bussola, allora è altrettanto vero che chi, come il sangavinese, di battaglie ne ha vissute diverse può diventare fondamentale. Questione di esperienza, questione di mentalità operaia. Per l’estetica ci sarà tempo.
Matteo Zizola