Il ragazzo terribile, immarcabile e con la voglia di spaccare il mondo è tornato. La maglia è diversa, così come lo è anche la testa di quel calciatore che si è fatto uomo e ora guarda al futuro con tutto un altro punto di vista. Non più la necessità di affermarsi nel mondo del calcio a ogni costo ma quella di trovare il giusto equilibrio, nuove emozioni e di insegnare ai più giovani quanto appreso in una lunga carriera, con il gradito orizzonte del passaggio in panchina sullo sfondo. Abbiamo fatto una chiacchierata con Stefano Guberti, neo acquisto del Latte Dolce di mister Udassi.
Stefano, innanzitutto come stai dopo un anno non semplice a Siena?
“Arrivo da un brutto infortunio muscolare, uno dei peggiori della mia carriera, che nella passata stagione mi ha condizionato molto. Ho anche forzato troppo i tempi di recupero ed è stato peggio, poi c’è stato il lockdown e quindi non c’è stato spazio per ritrovare la condizione ottimale. Ma ho lavorato bene nell’ultimo periodo e sono a disposizione già per domenica contro il Muravera. Sono sicuro che con il tempo e di partita in partita ritroverò la condizione giusta”.
Un ritorno a Sassari dopo tanti anni, che emozioni stai provando?
“Mi sembra tutto molto strano. Ormai è da 14 anni che in Sardegna torno solo per brevi periodi o per le vacanze. Sto ancora faticando a collocare nuovamente la mia vita qui sull’isola. Devo ritrovare la routine ma sono sicuro che a breve sarà tutto come prima. Anche perché sono tornato qui a Sassari molto carico. Ho visto un progetto importante qui al Latte Dolce, una società che sta costruendo qualcosa di serio per la città. Ho avuto diverse proposte dalla Lega Pro ma era giusto ridare, dopo tempo, stabilità alla mia famiglia, ai figli che vanno a scuola e devono fare delle amicizie solide e non temporanee. Inoltre il club mi ha fatto capire di credere in me non solo in campo, ma possiamo anche crescere insieme per il futuro. Tra qualche stagione mi piacerebbe iniziare ad allenare”.
Ritrovi Udassi, cosa ti ha detto?
“Ci siamo incrociati a inizio anni 2000 alla Torres, quando stavo nelle giovanili e mi allenavo con lui, l’ho sempre ammirato. Poi dopo l’anno in D ad Alghero quando ho fatto la stagione con i grandi lui è andato via dai rossoblù. Siamo simili, lo rispetto molto e mi ha fatto sentire subito a casa. Io gli ho detto che sono qui per aiutare il gruppo a crescere e a fare quel salto sul quale il club ha lavorato tanto negli ultimi anni”.
Ma avete parlato anche del ruolo? Dove vedremo Guberti?
“Esterno, trequartista, io sono a disposizione della squadra. Non ho mai creduto molto a ruoli e moduli fissi. L’importante è che il gruppo abbia una quadra, un’identità e un gioco riconoscibile”.
Scotto, Guberti e Roberti. Un attacco che fa paura. Siete tra i favoriti del girone, hai già studiato le avversarie?
“Non conosco ancora bene tutte le nostre avversarie. Tra le sarde ho visto che ci sono diversi giocatori importanti che conosco bene, ma voglio prima vedere le risposte del campo per esprimere dei giudizi. Non mi piace poi parlare di Latte Dolce come favorita perché con le chiacchiere non si è mai vinto niente. Sarà durissima, siamo un gruppo importante, inutile nascondersi, ma i giudizi si tireranno alla fine”.
Tra le avversarie ritroverai anche la Torres, come vedi la squadra di Gardini e che sensazione sarà affrontarla?
“La Torres è stato il trampolino di lancio della mia carriera e questo non si può dimenticare. Sarebbe facile ricordare la partita vinta contro il Napoli al Vanni Sanna ma tutta quella stagione fu fantastica. Un’esperienza incredibile con un grande allenatore come Antonello Cuccureddu. Non ho mai smesso di seguire la Torres e mi spiace che in questi anni in città ci sia questa divisione. Avere due realtà in Serie D è uno spreco. La mia è un’opinione personale ma una piazza come Sassari meriterebbe una società a un livello più alto. Mi auguro che in futuro ci sia la possibilità di fare bene con un progetto unico. Sarebbe funzionale al calcio cittadino unirsi”.
Il ritorno in Sardegna apre anche ai bilanci, qual è il rimpianto più grande?
“Il rammarico più grande sono stati quei due anni della mia vita persi aspettando di avere giustizia. Ma non voglio cercare alibi, la squalifica per calcio scommesse è un capitolo che ho dimenticato e non ci penso più. Sicuramente nella mia carriera avrei potuto fare qualcosa in più se da ragazzo avessi avuto la testa che ho ora, ma credo faccia parte di un naturale percorso di crescita di ogni giocatore. Se sono stato vicino al Cagliari? Sì diverse volte ma sono sempre stato un sardo atipico. Spesso ho rifiutato di tornare in Sardegna perché avevo diverse offerte importanti e pensavo di poter andare in rossoblù da calciatore maturo. Non è successo ma ora posso condividere le mie esperienze qui al Latte Dolce”.
Hai parlato di Cuccureddu, ma da Conte e Spalletti a Ranieri e Delneri hai incontrato tantissimi tecnici di livello. Chi ti ha influenzato di più?
“Antonio Conte mi ha cambiato la carriera. A Bari mi ha fatto capire il reale significato del lavoro e della fatica in allenamento. Sono sempre stato uno che si è allenato con attenzione ma con Conte è cambiato il mio approccio settimanale alla gara. In futuro mi piacerebbe trasmettere questi insegnamenti ai ragazzi”.
E se invece parliamo di compagni?
“Dire Francesco Totti è scontato. Cassano e Menez sono stati due talenti incredibili, in allenamento dovevo dare il 200% perché loro pensavano la giocata con due secondi di anticipo rispetto a me. La vera fortuna della mia carriera e aver condiviso emozioni e sfide con campioni del genere”.
Roberto Pinna