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Viola Frongia durante un match di Eurolega

Viola Frongia, Torino e il modello Dinamo da seguire

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Chi l’ha detto che i sogni non si avverano. Bisogna crederci sì, ma con preparazione e determinazione. Viola Frongia può testimoniarlo: da tifosa – abbonata fin dalla tenera età di 8 anni – è riuscita ad entrare dapprima nell’organico societario della Dinamo Sassari, per poi intraprendere la strada di direttore generale. La più giovane in Italia, mica roba da tutti i giorni. Adesso per la manager sassarese, dopo l’avventura come general manager alla Cagliari Dinamo Academy, si apre una nuova sfida.

Viola, sei fresca di nomina come dg alla Reale Mutua Basket Torino, ma la tua avventura nel basket è nata in un modo particolare: con un messaggio su Facebook.

Nel 2013, dopo la triennale in Scienze Politiche e Relazioni internazionali alla Cattolica di Milano, decisi di fare un’esperienza in Australia, sia per imparare la lingua che per conoscere una realtà differente. Mentre mi domandavo cosa volessi davvero fare nella vita, mi sono resa conto che la squadra che tifavo fin da bambina era diventata non solo una realtà sportiva ai primi posti in Italia, ma anche una realtà sportiva aziendale capace di proporre un importante modello di business sportivo. Il tutto nella mia città, Sassari: una cosa che non capita tutti i giorni. Quindi, con non poca timidezza, ho pensato di contattare il presidente Sardara per provare a fare uno stage. Non sapevo come fare, quindi ho cercato un suo contatto su Facebook e gli ho mandato un messaggio.

E Sardara?

Mi rispose dicendomi che era interessato ad approfondire la mia proposta. Al mio ritorno in Sardegna, sono andata a sentirlo all’Università di Sassari e finalmente mi sono presentata. Scopro che il presidente è interessato alla mia figura e che vuole investire su di me, nella prospettiva di un ruolo nell’area internazionale della società, nella gestione delle relazioni estere. Da qui nasce il mio percorso. Negli anni, proseguendo gli studi e tenendo gli occhi sempre ben aperti, ho iniziato con un’internship nell’area marketing per poi arrivare ad occuparmi delle relazioni con Fiba ed Eurolega. Inoltre sono stata coinvolta nelle attività della Fondazione Dinamo: una realtà dove lo sport dimostra davvero di essere metafora della vita.

Infine nella stagione 2018/2019 vieni nominata general manager della Cagliari Dinamo Academy: la più giovane in Italia.

Quella vissuta a Cagliari è stata un’esperienza che mi ha segnato tantissimo. Un anno che ringrazio di aver potuto vivere, entusiasmante e faticoso allo stesso tempo. Aver superato le difficoltà presenti mi ha portato più consapevolezza ed esperienza. Indimenticabile la trasferta di Piacenza: dopo una sfilza di sconfitte consecutive riusciamo a vincere all’ultimo momento e da lì scatta quella scintilla decisiva che ha alimentato il nostro credere nella salvezza, poi arrivata all’ultima giornata. Per me è stato un momento decisivo.

Com’è essere un manager donna in un mondo spesso molto “maschile”?

Penso che nel momento in cui una persona, uomo o donna che sia, si fa conoscere come professionista nel lavoro tutti se ne accorgono. Se con umiltà e determinazione dico la mia, dimostrando interesse per quello che faccio se ne accorgono tutti: giocatori, allenatori, agenti e chi si occupa di sport. Conta essere professionisti. Il mio obiettivo è sempre quello di vivere il dono della vita al meglio, in compagnia delle persone a me care, offrendo il miglior contributo che posso dare alla società.

Parlando invece degli obiettivi di Torino. Quali sono?

Torino è una città con un grande tradizione cestistica e merita di stare ai vertici della pallacanestro italiana. Per questo vogliamo costruire una forte realtà sia dal punto di vista sportivo che aziendale, facendo i passi necessari per raggiungere questo obiettivo.

Sempre legati a Sassari?

Torino è una realtà indipendente da Sassari, ma che prende il modello Dinamo come punto di riferimento. Il presidente Sardara conosce molto bene la città e c’è un unione di intenti con l’amministrazione comunale. Vogliamo dare un’impronta aziendale vincente alla squadra di Torino: modalità e approccio vincente ci viene suggerito dall’esperienza che ha dimostrato la Dinamo. Ma non bisogna pensare che Torino sia Sassari.

Ousmane Diop, talentino del 2000, è nel roster di Torino. Lo rivedremo in futuro a Sassari?

Il giocatore ha deciso di venire a Torino per crescere ancora di più, non penso che Ous stia pensando al prossimo anno, anche perché ha molto da dare per gli obiettivi stagionali. Ci tengo a precisare che nel team c’è anche Alessandro Iacozza, vice allenatore ed ex coach dell’Academy Cagliari, grande professionista e uomo di spessore.

Tornando al Banco di Sardegna: ma il Poz è realmente così dietro le quinte?

Il coach è quello che dimostra di essere, senza filtri. Una persona piena di energia e di passione per il mondo della pallacanestro. È incredibile quello che fa con i suoi ragazzi per raggiungere un obiettivo comune. Non è da tutti. Ha veramente un modo di porsi e allenare unico, un modo che diventa il suo biglietto da visita.

Infine, ti aspettavi l’esplosione di Spissu?

È un grande onore per tutti che un ragazzo innamorato della Dinamo – che da ultrà andava in trasferta, che puliva il campo – abbia fatto tutto il percorso per arrivare ad essere un emblema della squadra. Questo deve incoraggiare tanti giovani a raggiungere obiettivi importanti. Non è vero che non si può essere profeti in patria. La nostra terra ha bisogno di ragazzi come lui.

Matteo Piano

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