Scorrono i titoli di coda sulla stagione della Serie D, un’annata difficile che ha visto Atletico Uri, Ilvamaddalena e Costa Orientale Sarda, lasciare la quarta serie nazionale e retrocedere in Eccellenza. Ma allo stesso tempo un campionato che ha premiato Latte Dolce e Olbia, abili nel conquistare la salvezza diretta dopo aver affrontato e superato alcune difficoltà. Ai nostri microfoni è intervenuto l’ex tecnico dei sassaresi Gabriele Setti, il cui posto dopo l’esonero è stato preso in corsa da Michele Fini, che ci ha parlato della sua esperienza alla guida del club di via Leoncavallo, dopo diversi anni svolti nel settore giovanile biancoeleste e un passato da calciatore tra le fila di squadre importanti come Avellino, Torres, Sambenedettese o Campobasso. Una piacevole intervista quella fatta con mister Setti che tra difficoltà e alcune soddisfazioni, ci ha detto la sua sull’annata vissuta.
La Serie D è ormai conclusa, un’annata in cui ha fatto da guida tecnica del Latte Dolce per buona parte del campionato. Una stagione con diversi alti, ma anche alcuni bassi. Cosa si porta dietro dopo questa esperienza?
”Mi porto dietro diverse cose. A partire dalla bellezza di un campionato nazionale che personalmente mi mancava da quasi trent’anni. Passando per i tanti sacrifici fatti, tutta la voglia di far bene messa in questa esperienza e i diversi complimenti ricevuti dagli addetti ai lavori in giro per l’Italia. Sino alla terza giornata del girone di ritorno le soddisfazioni sono state maggiori rispetto ai momenti bui. Fin quando abbiamo lavorato in serenità abbiamo fatto bene, raccogliendo i frutti del lavoro svolto in settimana. Vorrei anche approfittarne per fare i complimenti a Michele Fini per aver raggiunto l’obiettivo salvezza e aver condotto la nave in porto facendo un grande lavoro”.
Il suo Latte Dolce per la prima parte della stagione è stata la sorpresa del campionato, arrivando in zona playoff. Poi da febbraio in poi c’è stato un calo che ha portato al suo esonero. Cosa non ha funzionato in quel momento?
”Partirei dal presupposto che, dopo 6 sconfitte consecutive, l’esonero può essere una decisione lecita. Sebbene continuo a ribadire e precisare che fino a quel momento eravamo in zona salvezza e mai avevamo toccato la parte calda, ovvero quella playout. Eravamo in linea con quello che era l’obiettivo iniziale: salvarci con un gruppo di giovani. Diciamo che in quelle sei partite, quattro le abbiamo fatte in trasferta che è sempre stato il nostro tallone d’Achille. Nei match casalinghi invece abbiamo perso in casa contro la Sarnese e l’Atletico Uri, immeritatamente. In quella fase qualcuno ha avuto paura e l’ambiente non era più sereno come una volta. Quest’ansia e questa paura sono state trasmesse a un gruppo di giovani che avevano sulle spalle un campionato di D e altri addirittura nemmeno uno. La serenità iniziale è stata minata dall’ansia dall’esterno del gruppo squadra. Da quel momento in poi i ragazzi erano un po’ condizionati sotto questo aspetto. Io personalmente ero consapevole del fatto che con una squadra così giovane i risultati avrebbero potuto prendere una piega differente rispetto a quanto fatto fino alla terza di ritorno. Questa consapevolezza c’era in me, evidentemente in altri no”.
Dovesse tornare indietro c’è qualcosa che farebbe diversamente?
”Sicuramente gli errori ci sono stati da parte mia. Forse tornando indietro avrei curato più nel dettaglio, non tanto la scelta della metodologia dell’allenamento, ma le rotazioni da fare di settimana in settimana. Però sul momento viene difficile fare le scelte giuste, perché poi quei ragazzi erano gli stessi che hanno fatto in precedenza 29 punti. Diverse volte sono stato etichettato come un allenatore inesperto. Ma in realtà, la mia inesperienza, se in un campo doveva essere evidenziata era sull’aspetto gestionale di un campionato. E forse è proprio su questo aspetto che mi aspettavo una collaborazione differente. Forse avrei dovuto fare richieste più dirette nel momento in cui bisognava aggiungere un giocatore in rosa, che era quel difensore che è arrivato nella giornata precedente al mio esonero. Vero che io venivo dal settore giovanile del Latte Dolce però da calciatore ho già vissuto queste categorie, tra Sambenedettese e Campobasso sempre nel girone G della Serie D e Avellino in Lega Pro. Poi una persona risulta inesperta nel momento in cui inizia un percorso e un progetto. Invece questa parola è venuta fuori nei miei confronti ai trequarti di campionato, se proprio si doveva parlare di inesperienza andava fatta all’inizio. Se c’è stata una mia mancanza sotto l’aspetto dell’esperienza era principalmente in questo settore, che non fa parte del campo, quanto più nell’essere maggiormente chiaro e diretto in queste dinamiche extra calcistiche. A me hanno sempre insegnato di fare il massimo con quello che ho a disposizione, era evidente che la coperta fosse corta in difesa ed era evidente che non spettasse a me intervenire sul mercato”.
Qual è invece una scelta che rivendica con orgoglio?
“La scelta che rivendico con maggiore orgoglio è quella di aver accettato il progetto, che in quel momento partiva quasi da zero dopo i tanti cambiamenti avvenuti in estate. Non so in quanti l’avrebbero fatto perché mi è stato proposto di fare l’allenatore sulla carta, in realtà mi è stato chiesto di fare anche da direttore sportivo e ho dovuto curare tutto il mercato. Il lavoro è stato enorme da aprile in poi, è stato fatto un grande studio. Mi sono affidato a Footure Lab che in questo senso mi ha dato una grande mano. Le soddisfazioni più grandi sono state quelle di aver rilanciato giocatori che per sfortuna, o altri motivi, non sono riusciti a mettersi in evidenza. Mi riferisco agli attaccanti (Sorgente e Odianose ndr) che sono arrivati in doppia cifra, mi riferisco a Loru che dopo le difficoltà nel trovare spazio alla Vis Pesaro ha fatto bene, segnando e facendo segnare. Mi riferisco a Pinna che dopo delle annate ai box nella Torres ha avuto un ruolo centrale disputando un ottimo campionato. Faccio riferimento anche a Piredda che era ai box da diversi anni al Latte Dolce e nessuno ha visto in lui ciò che poteva dare in mezzo al campo e non soltanto in panchina. Ma anche i tanti giovani come Barracca, Sanna, Mudadu o Ruggiu. Mi prendo i meriti di questo perché i ragazzi li ho scelti io. Ho scommesso su di loro, li ringrazio per l’impegno che hanno messo e questa scelta di puntare su di loro ha ripagato”.
Una stagione non semplice in generale per le squadre sarde, tre isolane su cinque in corsa sono retrocesse. Come si spiega questa difficoltà?
“La necessità, vivendo questa stagione in prima persona, è che dietro i ragazzi ci deve essere una società ben organizzata nei minimi dettagli. Le trasferte è fondamentale che vengano curate al massimo, per dare modo alla squadra di rendere al meglio la domenica. Ai ragazzi non deve mai mancare nulla per allenarsi in serenità. Noi sarde paghiamo tanto il fattore trasferte. A livello qualitativo non ci manca nulla, anche perché Ilvamaddalena, Cos e Atletico Uri, non avevano niente in meno rispetto a chi poi effettivamente si è salvato. Paghiamo tanto l’aspetto logistico purtroppo e questo se non viene curato nei minimi dettagli può essere un fattore determinante”.
Tra le varie maglie che ha vestito c’è stata anche quella della Torres, come giudica l’annata dei rossoblù? Si aspettava un finale così amaro?
“Non mi aspettavo un risultato così eclatante, ci poteva stare una sconfitta contro l’Atalanta Under 23 perché ha tanti talenti pronti per la Serie A. Però purtroppo nel calcio capitano le giornate storte, alla fin dei conti i calciatori sono esseri umani. Guardando però al percorso della Torres in questi ultimi anni, sono state fatte grandissime cose. Nelle ultime due stagioni è sempre stata nel podio del girone B della Lega Pro, con tanti sardi in rosa. Trovo riduttivo giudicare il lavoro di una società, sia squadra, sia staff, che giocatori, sulla base di una gara”.
Finita l’annata 2024/25 questo è il momento in cui si programma e si gettano le basi per quella successiva. Cosa c’è nel futuro di mister Setti?
“In questo momento sono in una fase di attesa e riflessione, ho ricevuto diverse proposte che sto valutando. Io sono una persona che non ama buttarsi a capofitto in un progetto senza averci ragionato su. La certezza è che voglio allenare, indipendentemente dalla categoria e dai luoghi perché sono disposto ad andare anche fuori dall’Isola. Diciamo che sono aperto a ogni possibilità, con la passione per questo sport e questo mestiere a fare da traino. Ora valutiamo tutto e poi decideremo quale sarà la migliore opportunità”.
Andrea Olmeo














