rivoluzióne s. f. [dal lat. tardo revolutio -onis «rivolgimento, ritorno», der. di revolvĕre: v. rivolgere].
Rivalutare sempre la propria posizione all’interno del mondo è il primo insegnamento che impariamo, da soli, da quando veniamo al mondo. Possiamo trovare delle zone di comfort dove provare a schivare dubbi e paure, ma prima o poi la vita presenta il conto. Mettersi in discussione, però, non è sempre un momento negativo della nostra esistenza, anzi. Spesso si esce da una propria rivalutazione più maturi, migliori o semplicemente diversi.
Il Latte Dolce di Stefano Udassi arriva da una serie di due sconfitte e un pareggio. Non un buon trend per una squadra che potrebbe sognare più in grande rispetto alla posizione attuale in classifica nel girone G di Serie D, considerato anche l’importante mercato estivo e il progetto di crescita e di investimenti pluriennale da parte del club sassarese. Eppure in casa biancoceleste la parola rivoluzione sembra essere diventata tabù. In senso figurato ovviamente, dato che nessuno sta chiedendo ai magazzinieri di andare e “spodestare” il presidente o prendere la sede di via Leoncavallo con la forza a suon di forconi. In senso figurato una rivoluzione, per la Treccani, è uno “sconvolgimento di costumi o di abitudini rispetto al passato”. Un concetto abbastanza semplice ma molto complesso da mettere in pratica. Ma una rivoluzione questo Latte Dolce potrebbe farla anche in senso fisico: compiere un intero giro intorno a se stesso. Analizzare a 360 gradi cosa non stia funzionando per rimettersi in marcia, anche perché le potenzialità di tecnico e rosa crediamo non manchino per riuscirci.
Il primo passo da fare però è capire che ci sia, allo stato attuale delle cose, la necessità di compiere una propria rivoluzione. Che non significa tagliare qualche testa per ripartire, come magari qualcuno potrebbe pensare avendo letto troppo i libri di storia. Ma significa anche cambiare dei propri punti saldi, stravolgere le proprie idee, modificare atteggiamento. A mister Udassi non ha fatto piacere la parola rivoluzione riferita alla partenza di Roberti in un nostro articolo. Ne prendiamo atto. Per noi però è un’occasione persa. Non ci interessano le motivazioni della separazione, che volutamente non abbiamo neanche scritto nel dare la notizia. Ma ci interessano, parlando di sport, quelle che sono le conseguenze. Anche perché il Latte Dolce ha perso un giocatore di esperienza, che magari non aveva approcciato al meglio della sua carriera l’avventura in Sardegna, ma che comunque aveva realizzato quattro gol in otto partite giocate. La partenza di Roberti, in un momento – inutile fare giri di parole – non felice, a nostro avviso poteva essere letto come il giusto tassello per fare una rivoluzione interna. Capire se è il caso di puntare su un altro profilo d’esperienza nel ruolo di centravanti o se invece sia più logico puntare nel mercato su altri ruoli, che sembrano maggiormente scoperti. In un ragionamento che, siamo sicuri, per primi hanno fatto proprio in casa Latte Dolce. Come insegna la vita di Maria Antonietta, per chi avesse in mente un unico stereotipo di rivoluzione, a nascondersi però troppo dalla realtà e dai segnali del cambiamento alla fine si rischia di rimanere dalla parte sbagliata dei libri di storia.
Roberto Pinna