agenzia-garau-centotrentuno

La verità sta nel mezzo

Scopri il nostro canale su Telegramle-notizie-di-centotrentuno-su-telegram

Cagliari-Juventus ha avuto il corredo delle polemiche per i presunti ululati razzisti all’indirizzo di Moise Kean, il giovane della Juventus (e della Nazionale italiana) autore del 2-0 con esultanza irriverente.

Si riapre il libro fatto di capitoli controversi, ma che comunque sono stati purtroppo scritti. Muntari, Matuidi, Boateng, ora Kean. E ce ne saranno altri, prima o poi, per rimanere alle latitudini cagliaritane, perfettamente in linea con tutte le altre del calcio italiano. In questi casi l’evoluzione immediata, automatica quanto sbagliata, è quella del duello tra tifosi, dello “stai con me o contro di me”, della caciara che tanto rumore fa e nulla approfondisce. L’hanno innescata il presidente del Cagliari, Tommaso Giulini, e il commentatore tecnico (ex calciatore) Daniele Adani, e via tutto a ruota.

Cagliari è razzista? Lo sono i tifosi del Cagliari? Kean è un provocatore da bastonare? Il pubblico di Cagliari non ha fatto nulla? I vari punti del problema valgono poco, se non sviluppati in modo organico e comunicante. Ma questo non avverrà mai, accantonando il problema fino al prossimo caso (isolato o meno) che farà ripartire il circo. Da una parte i media che sguazzano in certi contesti, dall’altra gli addetti ai lavori che nella confusione possono nascondersi per non affrontare mai, davvero, il problema.

La verità, come spesso capita, è nel mezzo. Sbagliato lanciarsi in moralismi eccessivi, elevando la cassa di risonanza dell’accaduto. Altrettanto errato è minimizzare, nell’intento di difendere la propria parte. Se è vero, come è vero, che in tv i rumori dagli stadi possono essere percepiti in maniera più forte rispetto al campo e agli stessi spalti, risulta innegabile la presenza di deficienti che – anziché i più classici degli “str…”, “vaffa…” e “pezzo di m…” – amano lanciarsi nell’ululato o nel “negro di m…” per rinforzare la propria ignoranza. Beninteso come il “negro di m…” valga quanto lo “zingaro di m…” e tanti altri epiteti razzisti e territoriali. Succede, è sempre accaduto, succederà ancora. In Curva come negli altri settori, quelli impomatati.

Va sottolineato, inoltre, come negli stadi stile Sardegna Arena (a differenza di Olimpico o San Paolo) basti anche un solo idiota che se la prende con il singolo giocatore urlandogli qualcosa da pochi metri per portare il calciatore a indignarsi e innescare il caso. Kean ha peccato di gioventù dopo qualche fischio durante la partita (fino al gol non c’era stato nessun particolare problema), ed è probabile che la degenerazione (ripetiamo: sia essa di 1, 10, 100 cretini conta nulla) sia dovuta all’astio dei tifosi verso il rivale. Se al posto di Kean ci fosse stato Bonucci sarebbe partito lo stesso dibattito? Sicuramente no, limitando esso ad un discorso di fair play e opportunità (Giulini, giustamente, dixit). Difficile, inoltre, non pensare che il giovane Moise paghi il facile accostamento al collega nero e irriverente per eccellenza: Mario Balotelli. Un paragone superficiale, ma si sa che i cretini non sanno andare oltre.

Chi era allo stadio sa che non c’è stato assolutamente un coro massiccio e reiterato di “buu” all’indirizzo del bianconero. Chi sa di calcio e vive gli impianti sportivi italiani non si può scandalizzare per quello (di poco) che è successo. Kean maturerà con l’esperienza la capacità di tenersi dentro le emozioni e andare ad esternarle con i suoi tifosi (Bonucci, giustamente, dixit, a differenza di Chiellini). Intanto, però, sarebbe bene che i dementi venissero puniti a dovere, perché i mezzi per farlo ci sono (Allegri, giustamente, dixit) anche se dal punto di vista legislativo mancano gli strumenti per fare qualcosa di concreto in questi casi. Ma questa è una battaglia persa, come quando si disquisisce di altre intemperanze. Per iniziare, sarebbe bene che l’opinione pubblica abbandonasse il tifo e ragionasse. Solo poche settimane fa si alzavano gli scudi contro il “Muori! Muori!” di pochi mentecatti viola. Adesso è giusto fare mea culpa e isolare le mele marce. Degli stadi e della società.

Fabio Frongia