Editoriale di commento dopo Lazio-Cagliari 3-1.
Un paio di passi indietro per prendere (si spera) la rincorsa in vista di due gare, contro Genoa (in casa il 26) e Udinese (il 29 in Friuli), che molto diranno sul cammino del Cagliari verso la tranquillità. Sì, i rossoblù di Maran hanno dato davvero una brutta impressione a Roma, al cospetto di una Lazio invero tanto feroce da risultare quasi ingiocabile per Joao Pedro e compagni.
Era, però, lecito aspettarsi di più da una squadra che raramente aveva mostrato certi segni di fragilità e confusione, e che aveva la fiducia di due ottime prestazioni contro Roma e Napoli. Sarà la stanchezza fisica e mentale (come ha detto Maran, che non ha assolto i suoi, anzi), saranno le assenze, ma dall’inizio alla fine si è visto un Cagliari più simile al buio passato che al buon girone di andata sin qui disputato.
Al netto delle mediocri (alcuni anche meno) prestazioni individuali, lascia qualche dubbio la gestione del tecnico, sia per quanto riguarda le scelte iniziali sia per le mosse a gara in corso. Alla vigilia chiedevamo lumi tattici al mister, in merito alle possibili difficoltà che Padoin (generoso anche da centrale, nel secondo tempo) avrebbe potuto incontrare contro rivali di spessore sulla corsia. Un po’ come successo nelle precedenti occasioni, il friulano è andato in barca, costringendo Maran a spostare i suoi fino al 3-5-2 con cui ha chiuso primo tempo e partita. Curiosa, poi, la decisione di togliere Cerri nell’intervallo, dopo che il parmense era parso tra i più propositivi e pimpanti, e in concomitanza con il “telefonato” inserimento di Pajac. Ne conseguiva che il croato e Faragò non trovavano mai sbocchi nel cercare la palla in verticale, con Joao Pedro e Farias a girare sostanzialmente a vuoto, come le mezzali.
Il Cagliari si conferma squadra che non vince. Difficile farlo quando il gol è una chimera. Un problema che sorge con l’assenza di Pavoletti, ma non solo. La creatura di Maran va avanti a piccoli passi, ma accusa pause preoccupanti che non sempre possono lenirsi con rabbiose reazioni foriere di rimonta. Traspare la spinta intenzione di basarsi tatticamente su caratteristiche e idee dell’avversario di turno, tentennando nello cambiare spartito. Un po’ come quando esitò nel lanciare Castro dietro Joao Pedro e Pavoletti, Maran sembra ora ostinarsi su certezze che (risultati e prestazioni alla mano) non paiono più tanto tali, soprattutto in certe gare e con determinati avversari.
Il Cagliari ha bisogno di una scossa. Tornare a casa, nel (quasi) fortino, in uno scontro diretto per la serenità, potrebbe essere la medicina migliore.
Fabio Frongia