Torino ti lascia sempre qualcosa. Se sei il Cagliari di Davide Nicola Torino certifica un problema atavico dei rossoblù: se questa squadra abbassa anche solo di pochissimo i giri del motore prende delle sonore sconfitte che lasciano scorie e sanno di netto passo indietro. Era successo con l’Empoli, a Udine e a Venezia, prima della passeggiata di salute granata firmata dalla doppietta di Che Adams contro un Cagliari non pervenuto.
Mai pensare
Il 2-0 subito senza storia dalla squadra di Paolo Vanoli nasce ancor prima che dalla tarda serata di un freddo venerdì di gennaio. Il passaggio a vuoto che riporta Nicola e i suoi alla casella del via di un monopoli sardo in cui da tempo nessuno vince per davvero nasce dal post gara di Lecce. Una partita che si era messa male quella con i salentini, ma giocata sicuramente con un altro spirito rispetto alla vacanza piemontese. E poi ribaltata e dominata con i cambi e con la giusta fame, con gli avversari a metterci del loro tra il gesto di Rebic costato un rosso e alcune sostituzioni rivedibili di Marco Giampaolo. Un 4-1 che dopo settimane aveva tolto il Cagliari dalle ultime tre posizioni in classifica. Un successo che è bastato come per magia a cancellare nell’ambiente, nella società e nello spogliatoio l’ansia da corsa salvezza. Sorrisi e pacche sulle spalle, il ritorno davanti ai microfoni del presidente Tommaso Giulini, Nicola che parla di tenere la testa tra le nuvole e l’ambizione di voler vivere per qualcosa di diverso della solita salvezza all’ultimo istante dell’ultima partita (come diceva sempre lui, il padre buone di Testaccio). Per carità, ambire a qualcosa di diverso da quello vissuto negli ultimi anni è lecito, anzi naturale e necessario per provare a sopravvivere, però l’impressione è che questo Cagliari dallo spogliatoio alle poltrone non abbia la maturità giusta per fermarsi a pensare e sognare. Ogni volta che lo ha fatto si è poi scottata, come moderno Icaro che se guarda troppo sopra al quartultimo posto poi in un modo o nell’altro finisce nella zona rossa della retrocessione. E dire che il passato dovrebbe insegnare. D’altronde se questo gruppo fin qui non è mai riuscito ad andare oltre ai tre risultati utili consecutivi in stagione un motivo ci sarà.
Analisi
Il Cagliari non deve pensare, deve solo stare zitto e lavorare sodo. La squadra ha delle potenzialità che non si vedevano da tempo, ma ancora è un progetto acerbo che non può vivere di sogni, ma solo di fatica. Solo così questo Cagliari può crescere. Può non essere poetico ma è così. Se questa squadra pensa di aver già fatto il suo dopo tre risultati utili e un 4-1 in casa al Lecce retrocede liscia. Questo deve essere ben chiaro a tutti. E sarebbe un peccato perché nonostante alti e bassi e picchi evidenti questo Cagliari, tolte alcune serate, è una squadra che gioca e che sa trascinare. Però non può prescindere da avere la testa focalizzata solo su una cosa: la lotta. Magari essere operai non è nel DNA di chi preferirebbe essere padrone, ma questo è un club che per consolidarsi in Serie A senza vivere in un continuo loop ha bisogno di essere socialista. Per questo alcuni difetti cronici andrebbero evitati. Per esempio le scuse vuote come la stanchezza. Tanto invocata da Nicola nel post partita. La stanchezza può essere un fattore evidente se una squadra dopo una prima parte di gara giocata al meglio cala vistosamente nella ripresa, ma il Cagliari a Torino non è praticamente sceso in campo. E non può essere un alibi per dei professionisti dopo cinque giorni non giocare una gara per la stanchezza. Anche perché pure il Torino ha giocato domenica come il Cagliari, eppure sembrava andare a due velocità di pensiero diverse da quelle rossoblù.
Alternative
Una delle altre scuse usate da Nicola per giustificare il 2-0 è stata l’assenza di alternative e il bisogno di dare dei minuti di riposo ad alcuni. Il turnover è lecito, ormai da anni anche le squadre che non fanno le coppe sfruttano i cinque cambi per dare maggiore rotazione a tutta la rosa. Ma il Cagliari non ha un organico piccolo e si è permesso il lusso di avere diversi calciatori, da Jankto a Kingstone passando per Prati che non hanno praticamente visto campo, o quasi, in questo campionato. Giustificato un Jankto messo ai margini del progetto, come di fatto lui ha raccontato con qualche frecciata social, Kingstone non poteva ogni tanto essere la mossa da giocarsi a gara in corso? E sicuri che Prati in vari esperimenti di centrocampo non possa scendere nemmeno qualche minuto sul terreno di gioco? Soprattutto il tema Prati è spigoloso. Kingstone potrà andare in prestito a maturare ma Prati è un giocatore che il Cagliari sta stranamente perdendo. Un calciatore sul quale si è fatto un grosso investimento che non va via, e lui vorrebbe naturalmente andare a giocare, perché fortemente voluto dalla società. Nicola però non sembra vederlo. E allora più che le alternative il problema è capire come usare alcune risorse a disposizione. D’altronde anche Gaetano è stato un mistero fino a pochi giorni fa. Ed è utile che dalle parti di Assemini, dopo la necessaria vacanza di tre giorni (beati loro) – come detto da Nicola – agli alibi venga preferita l’auto-analisi. Anche perché la Lazio è la classica sfida che non fa prigionieri e in caso di nuovo risultato negativo il Cagliari dovrebbe ritrovare la forza per ripartire per l’ennesima volta in questo campionato. In un continuo ripetersi degli stessi eventi che rischia di diventare pericolosa abitudine. In un contesto che soprattutto non stimola la crescita. Insomma, Torino doveva essere la prova della maturità e invece ha certificato ancora l’immaturità di questo Cagliari, ma lo studente c’è. Speriamo si applichi, senza pensare troppo alla festa di laurea ma solo al prossimo compito in classe.
Roberto Pinna