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Cagliari | Scelte e crescita, contro la Salernitana una beffa da cui ripartire

L'esultanza dopo il gol di Luvumbo in Salernitana-Cagliari | Foto Valerio Spano
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I bollettini settimanali sul Covid, la guerra tra Russia e Ucraina iniziata da tre giorni, Mario Draghi Presidente del Consiglio. E ancora Walter Mazzarri sulla panchina del Cagliari, il quinto risultato utile consecutivo ad anticipare una lunga crisi culminata con la retrocessione in Serie B, Stefano Capozucca direttore sportivo e i gol di Bellanova e Deiola a regalare la vittoria. Sono passati 602 giorni e tanta acqua sotto i ponti, spesso sotto forma di torrente, dall’ultima volta che in Serie A il Cagliari ha vinto lontano dalla Sardegna in quel di Torino contro i granata: era il 27 febbraio del 2022, un dato che rende ancora più amara la beffa dei tre punti sfumati all’ultimo all’Arechi contro la Salernitana.

Oltre il risultato
Eppur si muove. Non tanto la classifica, un punto che non sposta i rossoblù dall’ultimo posto, quanto le impressioni positive regalate dalla squadra di Claudio Ranieri nel pomeriggio campano. La sfida tra Salernitana e Cagliari ha sì dimostrato che le ultime due posizioni occupate dalle due formazioni non sono un caso, il livello tecnico tutt’altro che elevato e le difficoltà dimostrate dalla tensione e dai gol figli di errori da una parte e dall’altra. Ma ha anche lasciato l’idea di una squadra rossoblù che sembra aver preso la strada giusta verso un campionato che resterà di lacrime e sangue, ma con il sereno a fare capolino tra le nuvole. Raggi di luce arrivati soprattutto dalla scelta di Ranieri di abbandonare la difesa a tre per tornare a quella a quattro, da quella di confermare Prati come playmaker liberando così Makoumbou da compiti di canto e croce, dal rientro di un Mancosu sicuramente non ancora al top, ma comunque legame tecnico e tattico che ha regalato maggiore presenza nella metà campo avversaria. Al netto di un avversario lontano dal livello di quelli incontrati in precedenza, il Cagliari ha messo in campo una nuova versione di se stesso che ha ricordato per certi versi quella della risalita della passata stagione. Sono mancati soltanto i tre punti, insomma. Non un dettaglio da poco, ma andando oltre il mero risultato la sensazione è che dal pomeriggio dell’Arechi si possa ripartire e costruire la nuova casa su fondamenta fatte di un gioco più lineare e di interpreti messi nella posizione migliore per rendere. Nández terzino, Goldaniga rispolverato, Viola che entra per mantenere il livello di tecnica dato da Mancosu, la conferma di Luvumbo. E, finalmente, Jankto che dà il proprio apporto e cambia le sorti della gara, Shomurodov che regala l’assist e lotta, Dossena nuovamente su livelli importanti.

Silenzi e parole
Per la prima volta in questo campionato il Cagliari ha dato la sensazione di saper cogliere i momenti, di saper leggere la partita nel suo svolgimento, di sapere quando e come colpire. Lo ha fatto con il solito Luvumbo, prima che la classica disattenzione difensiva non rovinasse quanto costruito. Anche qui, però, i rossoblù hanno dato un altro segnale. Reazione immediata, voglia di riportarsi avanti, non accontentarsi e provare a ribattere il colpo subito. Il gol di Viola un’illusione spenta dal rigore di Dia, improvviso quanto contestato. E qui si può aprire un’altra parentesi, quella di un Bonato che si presenta nel post partita al posto di Ranieri per lamentare la decisione del VAR Marini di richiamare il direttore di gara Chiffi. La società che alza la voce, altro segnale di un momento vissuto come fondamentale, di un percorso che inizia con il punto dell’Arechi e che ha un peso specifico superiore rispetto a quello delle precedenti otto giornate. Mettere i classici puntini sulle i – o le mani avanti che si voglia – anche se è un peccato che proprio dopo una prestazione più luci che ombre ci si sia concentrati sul singolo episodio piuttosto che rimarcare quanto di positivo visto negli oltre 100 minuti giocati. Si è persa l’occasione di sentire Sir Claudio spiegare le scelte iniziali, l’ennesima modifica tattica e di uomini, di interpretazione e di sudore. Il perché siano rimasti in panchina Petagna e Wieteska, preferendo Obert e Shomurodov in corsa e Oristanio e Goldaniga dall’inizio. Quella di puntare fin da subito su Mancosu, quella di andare a sfidare la Salernitana su velocità e verticalità pensando più a come colpire che a non essere colpiti. Quella, infine, di non farsi prendere dal panico dopo il primo pareggio firmato Dia, ma provare a portare a casa i tre punti nonostante gli errori, nonostante il cantiere aperto, nonostante i fantasmi si fossero ripresentati ancora una volta.

“Dopo la sosta inizierà il nostro campionato”. Il mantra rossoblù ha preso forma nel pomeriggio di Salerno, dando continuità fattuale a parole che spesso possono essere di circostanza. Resta una certa negatività dell’ambiente dettata probabilmente dalla classifica e da sbagli che si ripetono, ma piuttosto che guardare il dito è importante concentrarsi sulla luna. E la luna è quella di una doppia sfida casalinga  contro Frosinone e Genoa che dovrà dare continuità a quanto di buono visto contro la squadra di Filippo Inzaghi, scontri diretti senza alibi da affrontare nella consapevolezza di una strada tracciata, in quella di un gruppo che sta piano piano ritrovando gli uomini più esperti e in grado di trascinare le nuove leve e i più giovani, in attesa del rientro di Lapadula a dare manforte a un Luvumbo croce e delizia, egoista e sentenza implacabile. A volte il pareggio può essere come una vittoria, altre come una sconfitta: quello contro la Salernitana ha il sapore di entrambe, dell’occasione sì persa ma anche della positività ritrovata. Al di là di arbitro, VAR, polemiche e silenzi.

Matteo Zizola

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