Il nostro punto di vista sull’addio di Padoin al Cagliari: l’ex Juventus ha fatto capire che avrebbe volentieri rinnovato con il club rossoblù, ma sull’altro fronte non ci sarebbe stata la stessa volontà.
È un’estate dura per le bandiere del calcio italiano. La Roma, e soprattutto la piazza giallorossa, è stata scossa dall’addio prima di De Rossi e poi da quello ancor più traumatico di Totti, che ha lasciato il suo ruolo dirigenziale. Anche il Cagliari di questi anni di giuliniana fattura non sembra un luogo ideale per le bandiere, l’ultima d’altronde si è ammainata dopo il ritiro di Andrea Cossu. E due giocatori come Dessena e Sau, due sui quali fino a qualche anno fa era lecito pensare a una carriera sino all’ultima partita in rossoblù, hanno fatto le valigie nell’ultimo mercato di gennaio dopo un po’ di tempo in cui la loro condizione in rosa era diventata quella di esuberi.
Sin qui non ci sarebbe niente da obiettare, anche perché uno dei primi obiettivi di Giulini da neo-presidente fu quello di dare un certo taglio con il recente passato rossoblù e da tempo il filo conduttore cercato in chiave mercato è quello di ringiovanire la rosa. Ma nei fatti queste linee guida hanno trovato difficile applicazione. Nei momenti di difficoltà, specie la scorsa stagione, la squadra si è stretta ai suoi uomini chiave, paradossalmente quasi tutti di celliniana memoria. Mentre sul fronte acquisti di questi primi anni di Giulini si ricorderanno di più sicuramente i nomi effetto, anche se un po’ stagionati, rispetto ai talenti in erba scovati in giro per l’Italia o per il mondo. Bruno Alves, Borriello, Srna, per citarne alcuni. Tutti giunti ai saluti dopo una sola stagione.
E a questo punto la domanda sorge spontanea: in questo Cagliari c’è spazio per la nascita di una bandiera? In questo momento la risposta non può che essere negativa. Anche perché l’unico giocatore in grado di diventarlo, ossia Nicolò Barella, è l’uomo mercato dei rossoblù. Ed è in questo contesto che il recente saluto a mezzo sorriso di Padoin stona. A differenza di altri giocatori dal nome importante, arrivati a Cagliari in questi anni principalmente con grandi ambizioni personali, specie per rilanciarsi dopo alcuni passi falsi, Simone è uno che aveva sposato il progetto. D’altronde dopo anni in una squadra di vertice poteva andare a svernare un po’ ovunque e invece ha preferito Cagliari e lo ha fatto credendo davvero nelle potenzialità della squadra sarda. Dopo una carriera come la sua se accetti di giocare praticamente ovunque pur di aiutare il club significa che ci tieni davvero.
Tre anni, e nemmeno quattro o cinque, possono bastare per diventare una bandiera rossoblù in stile Daniele Conti ma con Padoin forse il Cagliari ha perso un’opportunità. Quella di avere un giocatore chiave, un simbolo, in cui riconoscersi nei momenti difficili e allo stesso tempo una guida all’interno dei valori e della storia della squadra per i nuovi arrivati. E non è un caso che i tifosi non abbiamo preso bene la sua partenza. A dirla tutta anche il giocatore tra le righe nel suo saluto social ha fatto capire che da parte sua la disponibilità ad andare avanti c’era. Ma in questo Cagliari non sembra esserci spazio per delle nuove bandiere.
Roberto Pinna