La classe operaia può andare in paradiso. Dopo l’1-1 di cuore del suo Cagliari contro il Napoli, al Diego Maradona, Leonardo Semplici si è lasciato andare, forse per la prima volta da quando è in Sardegna, a un sorriso durante le classiche interviste post partita. Un sorriso particolare, a mezzo viso ma con due fossette di gioia sulle guance. Quasi un ghigno, quello che ha l’operaio quando sa che la sua rivoluzione lenta sta per affossare il potere, lo status quo da combattere.
Cambio
Quando Semplici è arrivato sulla panchina rossoblù il Cagliari era un imprenditore medio-borghese che non si rendeva conto, o forse non voleva rendersi conto, dei venti rivoluzionari che soffiavano da est della classifica e che stavano rischiando di trascinare, senza particolare lotta, in Serie B anche i sardi. Come in una pagina di Madame Bovary, non con la lettura dei romanzi ma con i troppi proclami, i progetti nobili ma difficili da attuare e le trovate di marketing, anche il Cagliari rischiava di vivere una stagione iniziata con i migliori auspici sotto la guida di Eusebio Di Francesco, ma finita presto fuori dalle logiche della realtà dettata dal campionato. Continui cambi di modulo, il ripetersi “questa rosa è troppo forte per stare in basso in classifica” e l’incapacità di rialzarsi le maniche e combattere in un contesto passato da campo fiorito a pantano e palude in pochi mesi.
Naturalismo
La fortuna del Cagliari è stata quella di scegliere di incrociare il proprio destino con una figura diametralmente opposta all’andamento della prima parte di stagione. Niente saloni da ballo, cene di gala o discorsi al centro della piazza. Ecco Leonardo, massimo rappresentante del Naturalismo in salsa italiana applicata al pallone. Come l’Étienne del Germinale di Émile Zola Semplici ha visto le condizioni del suo gruppo e ha deciso di muovere rivoluzione. Schema basato su una sola idea, il 3-5-2, anche se non rigidamente impostato sempre sugli stessi dogmi tattici. Il ritorno del centravanti, anzi nel momento del bisogno ecco anche il doppio o triplo attaccante perché in miniera con la dinamite fai più danni che con lo scalpello da artista. Umiltà in fase di costruzione, senza disdegnare il lancio quando in difficoltà, e nuovo concetto di insieme, di squadra, di gruppo. Colloqui continui con i giocatori e responsabilità divisa sulle spalle di tutti. Insomma, il ghigno di Semplici dopo il Napoli sa dell’operaio che dopo anni di soprusi ha finalmente tra le mani la testa del padrone. Ma ancora c’è da scrivere l’ultimo capitolo del romanzo dal sapore vintage di Naturalismo francese per Semplici. La parte più importante perché tutti, come sempre nelle rivoluzioni, si ricorderanno del risultato finale e non delle intenzioni.
Roberto Pinna