Tra i vari compagni di squadra arrivati nella camera mortuaria dell’AOU Brozzu per dare l’ultimo saluto al mito del Cagliari Gigi Riva, ci sono stati anche Renato Copparoni e Roberto Quagliozzi. Di seguito il loro personale ricordo su Rombo di Tuono.
Il ricordo di Renato Copparoni
“Per noi, per tutti i sardi, era qualcosa di incredibile quello che hanno fatto con quella squadra del ’69-’70 che ha di fatto rivalutato tutta la Sardegna e i sardi. Questa è la cosa più importante che lui è riuscito a fare, dare una nuova dimensione a questa terra che era maltrattata anche per le diverse vicissitudini che viveva. Lui è stato l’alfiere di questa squadra e di questa società . Ha dimostrato negli anni il suo attaccamento a questa terra e questa maglia, ha detto no alla Juventus e ad Agnelli. Cosa si può dire a una persona così. Ci ha lasciato un vuoto incredibile. L’ho conosciuto quando avevo 16 anni, ai primi passi nella prima squadra, davo a tutti del lei compreso a lui che invece mi diceva “chiamami Gigi, chiamami Gigi”. Ho avuto poi la fortuna di frequentarlo dal punto di vista personale, ho dei ricordi indelebili che adesso purtroppo fanno male. Grazie Gigi di tutto quello che hai fatto e per avermi fatto diventare un uomo. Lui era una persona umile e semplice, gli amici di Gigi erano i pescatori, gli operai. Lui non guardava il ceto sociale ma il lato umano, questo ha reso grande la sua persona. Questo è il motivo dell’affetto che tutta Italia prova per lui. È uno dei pochi giocatori sempre applaudito da tutti gli avversari, non lo hanno mai contestato questo la dice lunga. Quando ho esordito in Serie A a 19 anni mi disse, Renato se sei qui è perché te lo meriti. Ti trasmetteva serenità e tranquillità ”.Â
Il ricordo di Roberto Quagliozzi
“Io ho esordito a Napoli nel 74 con la sua maglia, per me avere indossato quella maglia lì è tutto. Una persona eccezionale, dava tutto a chi si impegnava. Per intitolargli lo stadio non è necessario che ci debba lasciare, io lo avrei già fatto da quando ha smesso di giocare. Quella maglia era pesante, sia perché fatta di lana e sotto la pioggia si allungava e mi arrivava al ginocchio. Mi fece i complimenti per quella partita, quel numero 11 mi ha portato fortuna perché da quel momento non sono più uscito dal campo”.
La Redazione














