Presente all’Ospedale Brotzu di Cagliari anche Beppe Tomasini, grande amico di Gigi Riva oltre che compagno nella squadra che vinse lo scudetto nel 1969-70. Queste le parole dell’ex rossoblù per ricordare il numero 11 del Cagliari.
“Ho vissuto quaranta, cinquant’anni con lui, è stata una persona eccezionale, poteva fare quello che voleva e non l’ha mai fatto, è sempre stato nelle regole. Devo dire che come giocatore non lo voglio giudicare perché era un grande, come uomo era un grande uomo. Venerdì (19 gennaio, ndr) ero a casa sua, era tranquillo e sereno, poi forse il cuore gli ha ceduto, non lo so. Domenica ho pianto, poi ho pensato..ha fatto una morte senza soffrire e di questo sono molto contento. Con la squadra dello scudetto siamo ancora tutti amici, oggi ha chiamato Cera, ha chiamato Albertosi, ha chiamato Domenghini, siamo ancora tutti uniti. Ci ha tenuto legati l’amicizia, la serietà , la voglia di emergere e la voglia di amare la Sardegna e di dare alla Sardegna quello che abbiamo dato. Perché è rimasto qui? Questa terra non c’è bisogno di spiegare, anche io non volevo venire poi dopo due mesi che ero qua…questa è una terra accogliente, una terra che i continentali, come dico io, ne parlano male ma quando vengono qui rimangono tutti. Questa è una terra accogliente, è una terra bella, è una delle più belle regioni d’Italia, si vive bene, si sta bene, il sardo è un popolo serio, cosa vuoi di più? Per un calciatore questa è la cosa più importante“.
“Il Riva privato? Una persona seria, allegro, felice, una persona normale come tutti, noi eravamo un gruppo di amici. Eravamo in foresteria in sette dello scudetto. La foresteria significa che andavamo a dormire alle 10 e alzarsi la mattina e mangiare tutti assieme sia mattina che sera e lui era quello che rientrava prima la sera, alle dieci e un quarto era già nella sua camera. Perció è stato un uomo grande come esempio, ha dato un esempio a noi e poi è stato…come calciatore non voglio neanche discutere perché credo che sia stato il più grande. Come uomo era un uomo eccezionale, bravissimo, onesto, serio, altro non posso dire. In una partita con la Juventus c’era la maglia di Gigi attaccata all’Amsicora nello spogliatoio perché lui aveva uno stiramento e non poteva giocare. E allora, eravamo nel ’68, passa il tempo e dovevamo andare in campo. Esce Boninsegna dallo spogliatoio di Scopigno e mi dice ‘quella maglia lì la devi mettere tu’, ‘io?’ ho detto, infatti dopo due minuti Scopigno mi chiamò e mi disse ‘l’11 Gigi ha uno stiramento e non può giocare, la metti tu e giochi su Haller. Ho fatto così e all’Amsicora, prima di salire, danno la formazione: Albertosi, Martiradonna…Greatti e Tomasini. I fischi che sono arrivati…micidiali. Però poi ho fatto una grande partita e mi hanno applaudito. Avere la 11 sulle spalle era veramente un peso non indifferente perché un campione come Riva credo che nel Cagliari non ci sia mai stato, ma nemmeno in Italia. La figura di Riva cosa dice al calcio di oggi? Parlando con lui quando andavo a trovarlo tutte le settimane mi ha detto ‘è diverso il nostro calcio, noi partivamo da Albertosi e arrivavamo a me, adesso partono dal portiere, poi passano all’attaccante, poi tornano indietro, troppi passaggi, non salta nessuno l’uomo, insomma…a lui non piaceva questo calcio”
La Redazione














