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Andrea Carboni | Foto Centotrentuno

L’intervista | Cagliari, Carboni: “Non mi sento arrivato, il sogno è la fascia da capitano”

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L’Under 21 italiano più utilizzato in Serie A. Uno dei calciatori più giovani del Cagliari prossimo a raggiungere le 50 presenze con i professionisti. Difensore perno dei rossoblù e nel giro degli azzurrini di Nicolato. In poche parole Andrea Carboni. Abbiamo fatto due chiacchiere tra presente e futuro con il centrale classe 2001 di Tonara.

Andrea partiamo da un salto indietro: 23 giugno 2020, un minuto contro la Spal. Da lì 49 presenze con il Cagliari. Ti sei mai guardato indietro per analizzare tutte le tappe bruciate in pochissimo tempo?

Sinceramente ho realizzato da poco il percorso fatto in questi due anni con il Cagliari. Credo di aver fatto un percorso bello deciso, anche perché sono partito con due espulsioni in Serie A dopo l’esordio. Ma a questo punto dico che sicuramente quell’impatto mi è servito. Magari a un certo punto mi sono sentito già arrivato e invece quei due rossi mi hanno fatto tornare indietro e capire l’importanza della gavetta. Oggi mi vedo un giocatore molto maturo nonostante l’età e anche molto cambiato rispetto a sole due stagioni fa“.

Già l’anno scorso hai vissuto un’impresa salvezza e quest’anno state cercando di replicare la rincorsa. Nella prima parte di stagione proprio la difesa è finita nell’occhio del ciclone, ora vi siete ritrovati. Cosa è scattato?

Mister Mazzarri lavora tantissimo sulla tattica e dedica molto tempo ai movimenti difensivi. Questo ci sta aiutando e non poco. A inizio stagione magari subivamo pochi tiri ma a ogni occasione degli avversari subivamo subito gol. Ora invece riusciamo a subire di meno le opportunità create dalle altre squadre. Siamo migliorati molto di squadra ma anche in difesa, per me stiamo lavorando tanto e bene, vedo i compagni sempre sul pezzo“.

Sei l’Under 21 italiano più utilizzato di tutto il campionato in corso. Ti sei mai chiesto: se avessi un cognome esotico o se non giocassi nel Cagliari ora avrei più attenzioni?

Sinceramente, a me va benissimo così. L’importante è giocare, queste statistiche sono un orgoglio ma non ci bado troppo. Al momento penso solo al lavoro e alla mia crescita. Con questa mentalità poi i risultati arrivano“.

A 21 anni appena compiuti diverse volte in stagione ti sei ritrovato a essere il centrale del Cagliari con maggiore “esperienza” in rossoblù. Come si vive questo ulteriore passo di crescita con maggiori responsabilità?

La responsabilità l’ho sentita fin dal primo giorno. Da sardo rappresentare la squadra della mia terra ha un valore in più. Se devo fare un paragone con il passato mi vedo senza dubbio più maturo. E dire che sono passati solo due anni e ora qualcuno mi può definire anche come uno di quelli con più esperienza tra virgolette, questo un po’ mi fa strano però non credo di essere arrivato e voglio solo continuare a lavorare e cercare di essere più esperto in alcune situazioni“.

A proposito di sardi che hanno bruciato le tappe, Barella indossò la fascia di capitano del Cagliari per la prima volta a 21 anni e 6 mesi, lo batterai?

Mah (ride ndr), sarebbe il sogno più grande. Se dovesse succedere… però aspettiamo dai. Vediamo“.

Da Canzi in poi hai vissuto diversi allenatori in rossoblù. Sempre brutto chiedere quello a cui si è legati di più. Però se non vuoi dire l’insegnante, qual è stato l’insegnamento più importante per te fin qui?

Per prima cosa voglio dire che sono debitore a tutti i tecnici che ho avuto in questi hanno. Da tutti ho preso qualcosa. L’insegnamento più importante è stato quello di essere sempre responsabile e maturo. Mi hanno insegnato a essere tranquillo e concentrato, a gestire i momenti a prescindere dalle situazioni. Per questo sarò sempre in debito con tutti gli allenatori avuti qui a Cagliari e li ringrazio“.

Un passaggio su un allenatore in particolare però va fatto. Quel Zenga che ti chiamava Carboncino e che ti fece esordire. Vi sentite ancora? Cosa ti disse quando decise che era arrivato il tuo momento?

“Quando il mister decise di farmi esordire a Ferrara non era un momento scontato perché la squadra non vinceva da tanto tempo, da un paio di mesi. Ha dimostrato da subito di avere tanta fiducia in me. Il giorno dopo la prima volta si è avvicinato e mi ha detto: tu credi che sia finita qua? Guarda che ti mando in campo anche contro il Torino. Ogni tanto ci sentiamo, non sempre ma a lui sarò sempre debitore perché ha creduto in me dal primo minuto. Mi ha fatto sentire importante”. 

Hai avuto anche diversi compagni di reparto con curriculum importante e esperienza, chi ti ha aiutato di più in questi anni?

Sinceramente devo ringraziare tutti, dai più grandi ai più giovani. Perché tutti, anche i nuovi come può essere ora con Lovato che è arrivato a gennaio, mi hanno aiutato con consigli e suggerimenti. Non voglio dire un nome in particolare perché tutti sono stati importanti”.

In una delle ultime interviste da giocatore del Cagliari Radja Nainggolan ti definì il “giovane-vecchio” della squadra. E sicuramente la maturità è uno dei tuoi punti di forza, ma fuori dal campo com’è il Carboni ventunenne?

Andrea Carboni è un ragazzo con la testa sulle spalle. So che in questo momento sto andando bene ma che in futuro posso ritrovarmi a non essere più considerato come adesso, so che comunque la strada è ancora lunga. Non mi sento arrivato e anche quando avrò più anni di esperienza dovrò continuare a dare tutto me stesso e anche di più per raggiungere degli step maggiori“.

Una famiglia molto unita, forti legami con il territorio e quella sana testardaggine tutta sarda. Tutti valori che ti hanno aiutato nel calcio. Ma se da ragazzino avessi scelto il Ju Jitsu ora cosa farebbe Andrea Carboni nella vita?

(Ride ndr) A dirla tutta non lo so. Ma ad essere sincero anche quello sport mi ha dato una grossa mano, mi ha insegnato a rapportarmi con gli altri. Poi devo ringraziare la mia famiglia che mi ha sempre guidato con intelligenza nelle varie scelte, se sono qui oggi è indubbiamente grazie a loro. Ci sono stati tanti momenti dove magari staccavi con la testa e non c’eri più, loro sono sempre stati dietro a me e ci hanno sempre creduto“.

L’anno scorso tra infortuni e rinnovo hai vissuto un periodo in cui sei tornato a giocare in Primavera. Hai risposto alla grande e ti sei riguadagnato la prima squadra. C’è mai stato però un momento da ragazzo in cui hai pensato: in Serie A non arriverò mai?

Ci sono stati diversi momenti del genere. Soprattutto in Under 17. In quegli anni facevo delle panchine e pensavo che arrivare tra i grandi sarebbe stato difficilissimo. Devo essere sincero più volte ho pensato di non farcela. Lì, come detto prima, è stata fondamentale la famiglia che mi ha dato tanto. Forse la svolta è stata proprio vedere che chi stava vicino a me ci credeva. Poi in primavera ho conosciuto persone importanti come Max Canzi, Alessandro Agostini e Daniele Conti mi ha aiutato. Loro sono state le classiche persone giuste al momento giusto“.

Da Ibrahimovic a Lukaku e Vlahovic. Chi è stato il più difficile da marcare in Serie A?

“Al momento sicuramente Vlahovic. Quando Lukaku era in Serie A però è stato sicuramente l’avversario più complesso, lui è il giocatore che mi ha impressionato in assoluto di più. Anche se poi proprio marcandolo mi sono messo in mostra e quella gara mi è servita tanto”. 

La Primavera quest’anno è tornata a fare molto bene come nei tuoi anni, e diversi ragazzi di Alessandro Agostini si sono affacciati con successo in prima squadra. Chi è il più pronto per te per il grande salto?

Per me ci sono diversi profili pronti, questa è una Primavera veramente forte con tanti giocatori di qualità. Sarebbe scontato dire Obert che ormai sta giocando stabilmente con noi. Mi confronto tanto con lui, fa strano dirlo ma ha solo un anno in meno di me. Cerco di aiutarlo, specie dopo qualche piccolo passo falso che può starci. Io le ho vissute prima di lui queste situazioni e credo che sia davvero un ragazzo fortissimo. Per me avrà un grande futuro. L’altro che mi sta impressionando è Kourfalidis, lo vedo molto in crescita. Ma ce ne sono diversi di forti, da Tramoni a Desogus“.

Passaggio sulla Nazionale U21. Paolo Nicolato negli ultimi anni, specie con i difensori, ha sbagliato poco. Chiedere al tuo compagno Bellanova per conferme. Cosa manca ancora secondo te per lo step definitivo per diventare assoluto protagonista con gli azzurrini?

Credo di dover solo continuare a lavorare come ho sempre fatto, non mi è mai stato regalato niente. Se arriverà l’occasione dovrò essere bravo a farmi trovare pronto. Che sia nei prossimi mesi o tra un anno dovrò rispondere presente. Sono molto felice di essere nel gruppo azzurro, ci sono tanti giovani forti e i risultati ci stanno dando ragione. Essere in Nazionale poi è sempre un orgoglio e io continuerò a lavorare sodo per essere sempre più protagonista“.

Roberto Pinna

L’INTERVISTA VIDEO

 

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