L’ex attaccante del Cagliari Joaquin Larrivey, tornato da alcuni mesi in Italia al Cosenza, è intervenuto durante la trasmissione Il Cagliari in Diretta di Radiolina per parlare del presente in Serie B, ma soprattutto del suo passato con la maglia rossoblù e i ricordi sul periodo trascorso giocando in Sardegna.
Ricordi
“Ho ricordi bellissimi del mio periodo in Sardegna, – ha detto El Bati come è soprannominato – sono tornato in Italia anche per far conoscere alla mia famiglia quella meravigliosa isola e tutti gli amici che ho lasciato quando sono partito. A Cosenza mi sto trovando bene, stiamo lottando per la salvezza, ho fiducia e so che possiamo farcela per raggiungere l’obiettivo. Inoltre finalmente riparlo italiano, questa nuova avventura calabrese è una bella sfida di vita e di carriera. Tanti gol da quando sono andato via? Dopo Cagliari ho trovato continuità, con una media di 15 gol a stagione. Sono contento, e so che tanti sardi sono contenti delle mie prestazioni. Il gol al Camp Nou? Storico, contro il Barcellona è sempre un’emozione particolare“.
Carriera
“Anno dopo anno sono cresciuto sempre di più, prendendo dai compagni e dagli allenatori. Della mia carriera non mi pento di nulla. Il gol più importante sarà quello che deve ancora arrivare. Perché il ritorno in Italia? Ho girato il mondo, spesso ho fatto scelte economiche ma anche a livello di vita. Ho vissuto in tanti paesi in 17 anni da professionista e ho conosciuto tante culture e questo mi soddisfa. L’anno scorso ho fatto 24 gol in Cile e poter tornare in Italia per me è un orgoglio, sono convinto della scelta fatta. E so che ho ancora molto da dare al calcio. Cosa dico agli amici e alla famiglia della Sardegna? A mia moglie racconto sempre delle spiagge della vostra isola e lei vorrebbe andarci. Uno degli obiettivi è tornare lì in estate, anche per conoscere quel popolo speciale che è quello sardo“.
Le esperienze
“Negli anni la cosa più bella di girare tanto per il calcio è stata quella di conoscere tanti amici. Anche mia moglie l’ho conosciuta così. La gente per chi gioca a pallone è la cosa più importante. Da Cagliari mi son portato via il rapporto con Diego Lopez, con Nainggolan, con Conti, con il figlio di Francescoli Marco. Ho trovato rapporti importanti. So che a Cagliari non ho avuto il miglior momento della mia carriera, non ho fatto il massimo ma il popolo sardo mi ha sempre voluto bene. I tifosi hanno capito che ho sempre dato il massimo. Il soprannome el Bati mi ha penalizzato? No, non credo. A me non piace ma ormai tutti mi chiamano così. Non ci sono paragoni, ognuno fa quello che può cercando di dare il massimo. A me non piace il confronto con nessuno. Il ricordo in campo a Cagliari? Il primo anno è stato molto difficile ma è arrivata una gioia incredibile per la squadra con un girone di ritorno speciale con la salvezza del 2008. Ma in assoluto mi restano le persone, ho incontrato anche Astori che è venuto anche a trovarmi quando giocavo al Rayo, per farvi capire quanto erano forti certi legami. Il gol più importante in rossoblù? Tutti, la cosa più importante è sempre stata restare in Serie A. Cosa è stato Diego Lopez per me? Mi ha aiutato molto, è diventato uno di famiglia per me. Sono diventato lo zio dei suoi figli. Diego capitano era un leader vero, insieme a Conti e Agostini. Ci parlavano spesso e hanno fatto benissimo il loro ruolo. Diego ha sempre usato le parole giuste nel momento giusto e credo che Conti abbia imparato da lui a trascinare lo spogliatoio. Eravamo davvero un gruppo unito. Un commento su Pavoletti, Joao Pedro e Pereiro? Sono grandi giocatori, con diverse qualità. Stanno facendo molto bene, su tutti Joao. Per me è strano vedere il Cagliari lì giù perché ha giocatori fortissimi, per me dall’anno prossimo arriveranno grandi risultati e anche le coppe europee. Prima però mi auguro si salvino quest’anno“.
Intervenuto durante la trasmissione anche Diego Lopez per ricordare quegli anni: “Eravamo una squadra che nonostante le tante difficoltà siamo sempre stati molto uniti, non avrei mai potuto fare il capitano se loro non mi avessero seguito. In quei momenti ci siamo resi conto di poter lottare di squadra contro chiunque, al di là delle qualità tecniche. Umanamente era davvero un bel gruppo, e poi negli anni si è cementato. Ho sempre visto rispetto e spirito di sacrificio. Facevamo parlare i fatti e non le chiacchiere. Io ho avuto capitani importanti, come Zola e Montero. Qui a Cagliari abbiamo aiutato tanto l’inserimento dei giocatori, come Nainggolan e altri“.
La Redazione