Obiettivi, difficoltà, rapporto con la società. Fabio Liverani ha raccontato il suo primo periodo da allenatore del Cagliari in una lunga intervista all‘Unione Sarda, della quale vi riportiamo un estratto.
Primi mesi
“Cosa c’era nella mia testa a inizio campionato? Sicuramente qualcosa di più, punti che abbiamo lasciato per strada. Errori individuali pagati a caro prezzo, quattro-cinque punti in più li avevo messi in preventivo. Il calcio, lo sappiamo, non dà mai certezze. Secondo me qualcosa di più lo avremmo meritato. Le mie colpe per gli errori dei calciatori? Faccio anche io la mia autocritica e mi chiedo: cosa ho fatto per evitare che la palla fosse lì, nell’area piccola, in quel momento? Si rivede l’episodio con la squadra e lo si analizza insieme. Dobbiamo avere più malizia. Anche io potevo fare qualche scelta diversa, magari ho sbagliato alcune letture della gara. Ma sono sicuro che trovando serenità arriveranno le vittorie”.
Arrivo e modifiche
“Ero sereno, per la mia scelta e nei confronti della squadra. Insieme alla società abbiamo fatto in modo che qualche giocatore facesse delle scelte importanti, tutti con lo stesso obiettivo, ricostruire e riconquistare la Serie A. Siamo partiti con un’idea, il mercato ti dà delle alternative, ma i cambiamenti che avete visto sono stati dettati da infortuni, squalifiche, cali. Diciamo 70 per cento variazioni obbligate, il resto per scelta. E, avendo cinque sostituzioni, puoi cambiare il 50 per cento in corsa, perché non farlo?”.
Pereiro
“È un ragazzo particolare, non ha mai dato l’impressione di impegnarsi meno. Non è un Deiola o un Nández, che nello scontro fisico si esaltano, lui è diverso. Lo avete visto a destra ed è stata una scelta condivisa con il giocatore, al centro ha sicuramente meno spazio e sulla fascia lui cercava una comfort zone per esprimersi al massimo”.
Difficoltà
“Se io avessi la percezione che i miei messaggi non arrivassero sarei il primo a lanciare l’allarme. Il nostro problema è mentale, perché in settimana ho sempre e solo ottime sensazioni. Quando c’è meno tensione la squadra si esprime al massimo. Ed è questo il problema che stiamo affrontando con lo staff. Cosa serve? Serenità e fortuna. A Bolzano meritavamo di più, per esempio. E lo stress per il mancato successo ce lo siamo tenuto dentro. Io lavoro per dare qualcosa alla gente. Ed è un grande cruccio non poter esprimere con la squadra le nostre idee. Magari essere meno belli e provare a vincere…potrebbe essere una strada. Ma coniugare le due cose è possibile. Spal, Bari, Venezia e Ascoli? Con il Venezia abbiamo controllato poco o nulla la partita, nelle altre tre gare non meritavamo di perdere. Dopo Ferrara la squadra trovò serenità, sicurezza. Ma alla prima situazione negativa siamo inciampati di nuovo”.
Mercato
“Ad oggi il tema non lo abbiamo affrontato. Concentriamoci sulle sei partite che mancano. Magari tra qualche settimana sarà un argomento di discussione. Il nuovo direttore farà presto le sue valutazioni, c’è tempo”.
Scelte e società
“Mandare via Desogus? Dal 3 luglio ho sempre fatto giocare Jacopo titolare. Un ragazzo eccezionale, tecnicamente e sotto il profilo umano. Abbiamo fatto una scelta in buonafede, la rosa era diventata extralarge e forse avrebbe giocato poco. Oggi potrebbero essere fatte valutazioni diverse. La società? Mi è molto vicina, non vengo da Marte, so come vanno le cose. Ma la proprietà è vicina alla squadra”.
Obiettivi
“Promesse? Ho trovato un ambiente che vive per il Cagliari. E io fino all’ultimo minuto di campionato darò tutto per restituire la Serie A a questa terra. Primo e secondo posto sono lontani, ma il campionato è lungo. E la distanza è sempre colmabile, a cominciare da domenica con la prima della classe”.
La Redazione