È una questione di qualità. O di personalità, parafrasando una vecchia canzone di Giovanni Lindo Ferretti al tempo dei CCCP. Certo, il titolo “Io sto bene” ha poco a che vedere con la situazione del Cagliari e del suo allenatore Fabio Liverani, ma il tema della qualità – che è mancata contro il Venezia – e della personalità, vecchio tasto dolente nel gruppo rossoblù, restano centrali.
Questione di testa
La fortuna aiuta gli audaci e a volte anche chi audace non è. Nella sconfitta contro gli uomini di Javorcic il Cagliari ha avuto la dea bendata dalla propria parte, riuscendo nonostante le difficoltà a chiudere il primo tempo in vantaggio. La punizione di Mancosu un lampo nel buio, ma al rientro dagli spogliatoi la mano della sorte non è stata supportata da una squadra in giornata. Tutt’altro, perché come avvenuto in passato Pavoletti e compagni si sono sciolti alle prime avversità. Quattro gol senza il benché minimo accenno di reazione, errori su errori che sarebbero anche giustificabili se assieme alle carenze si fosse visto un accenno di orgoglio. Così cambiando l’ordine degli addendi – in primis l’allenatore – il risultato non è cambiato. Il Cagliari manca non appena il gioco si fa duro, forse proprio perché i duri che dovrebbero cominciare a giocare non rispondono all’appello. Una questione di qualità, ma soprattutto di personalità. Quella che non sembrano avere gli interpreti scelti da Liverani per la sfida contro il Venezia, nove su undici già in rosa nella notte del 22 maggio al Penzo, zero a zero e retrocessione in cadetteria. Il tecnico romano ha puntato sull’orgoglio dei reduci, tradito però da un’assenza di leadership che è problema ormai noto dalle parti della Unipol Domus. Esperienza, valori individuali, capacità tecnico-tattiche. Tutti aspetti presenti nella rosa del Cagliari formato 2022-2023, ma che senza la mentalità giusta sono stati spazzati via dal maestrale del sabato cagliaritano.
Carisma e leadership
Lo zoccolo duro esiste, ma solo sulla carta. La classica spina dorsale alla quale però mancano i leader carismatici. Nández, Rog, Pavoletti e compagnia hanno dalla loro parte caratteristiche importanti, ma a mancare è l’essere guida dentro la tempesta. Tutti per uno e uno per tutti che diventa ognuno per sé, con tentativi estemporanei di risolvere i problemi in solitudine senza riuscire a trascinare gli altri. Il simbolo dell’assenza di personalità è in un centrocampo che contro il Venezia si è spesso e volentieri nascosto. Senza Makoumbou e Viola, infatti, è mancato chi prendesse per mano il gioco e provasse a dettare tempi e momenti della gara. Confusione tecnica e anche tattica, difficile capire l’idea con cui è stata preparata la partita contro i Lagunari. Difesa a quattro sì, possesso palla pure, ma il resto è stato un continuo rincorrere e rincorrersi senza un vero e proprio fine ultimo. Le scelte di Liverani hanno fatto il resto, con Deiola davanti alla difesa che può essere un utile mediano se affiancato da piedi buoni, ma che va in difficoltà se ai suoi lati trova un Rog sottotono e un Nández sempre più lontano dal ruolo di interno e sempre più confusionario dal punto di vista tattico. Quando poi ci si deve affidare alle qualità tecniche per sbrogliare la matassa ecco che il solo Mancosu prova a caricarsi la squadra sulle spalle, mentre Pereiro resta vittima dei suoi stessi limiti caratteriali e Pavoletti diventa inutile senza poter stazionare in area in attesa di palloni giocabili.
A questo punto, con il Genoa come futuro banco di prova, non resta che chiedersi se affidarsi a esperienza e carisma (sulla carta) sia davvero la soluzione ai mali rossoblù. O se la lucida pazzia dei giovani sui quali sembrava si dovesse contare in questa stagione, salvo poi fare marcia indietro in corso di mercato, possa essere la vera alternativa alla mediocrità vista contro il Venezia. Un mix – giovani e meno giovani – che ha lasciato spazio a giocatori di categoria che però si attivano e disattivano anche all’interno della stessa partita. Una questione di qualità, ma soprattutto di personalità. Per capire dove stare e allontanarsi dal limbo di una classifica preoccupante per chi dovrebbe avere ben altre ambizioni rispetto a un semplice posto nei playoff.
Matteo Zizola