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Pepe Herrera con la maglia rossoblù

Pepe Herrera: “Cagliari che ricordi! Oliva può essere il mio erede”

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Jose “Pepe” Herrera, pittore anacronista del calcio italiano degli anni 90. Uno di quelli che se fossero arrivati qualche anno dopo, con quella duttilità tattica e quei piedi educati, forse avrebbero fatto anche tutta un’altra carriera. Invece Pepe è arrivato in Sardegna, a Cagliari, con Francescoli e Fonseca, rischiando quasi di passere inosservato. Ma con voglia, sacrificio e gol pesanti è riuscito a farsi amare da tutti. Ed è anche dal suo modo di stare in campo, di adattarsi per il bene della squadra che nasce il legame d’oro tra i rossoblù e l’Uruguay.

Pepe, come stai?

“Stiamo bene, siamo qui a Montevideo nella nostra casa. In Uruguay la situazione è meno grave che in Europa per il coronavirus. Ora è tornata anche mia figlia con mio genero Godin. Noi abbiamo scelto l’isolamento che qui non è obbligatorio ancora ma solo consigliato. Io qui da anni faccio il procuratore”.

Nel giorno dei 50 anni dello scudetto che ricordo hai di Cagliari?

“Per me dimenticare anche solo un giorno vissuto a Cagliari è impossibile. Sono state le stagioni più belle della mia carriera e mia figlia è nata lì”.

Ci racconti il primo incontro con Gigi Riva?

“Guarda, mi viene la pelle d’oca a dirtelo. Io ho avuto il grande piacere e la grande fortuna di conoscerlo personalmente. Tengo la foto di quel giorno insieme agli scatti più importanti della mia vita nel salone della mia casa. Mi sono bastate poche parole con lui per scoprire un signore. Un uomo spettacolare”.

A proposito di passato, una delle tue piazze in Italia è stata anche Bergamo. Oggi una delle città più colpite dal coronavirus. Hai sentito gli amici degli anni all’Atalanta?

“Sì è stato un trauma vedere certe immagini da Bergamo. Io all’Atalanta sono stato due anni ma mi sono trovato benissimo. Ho sentito gli amici di lì e mi hanno parlato dei tanti morti che ci sono stati e ci sono ogni giorno. Mi dispiace tantissimo”.

Parliamo dei tuoi anni a Cagliari e della tua esperienza con gli allenatori. Partiamo da Ranieri…

“Io e Claudio abbiamo un rapporto particolare. A lui devo quasi tutto. Lui è stato l’allenatore che è venuto a vedermi dal vivo con l’Uruguay e che ha scelto di portarmi a Cagliari. Poi lui mi ha insegnato a giocare da mediano, io prima giocavo solo da terzino e da centrale. Lui dai primi allenamenti mi ha detto: « se hai fiducia in me tu diventerai bravissimo anche da interno di centrocampo»”.

Facciamo un giro di ricordi tra gli altri tecnici della tua carriera

“Ricordo il giorno che hanno dato la notizia della morte di Mondonico in televisione. Io stavo guardando una partita e hanno mandato la news in diretta. Mi si è gelato il sangue nelle vene. A Mondo volevo molto bene. Lui è stato un tecnico particolare. Non tutti i suoi giocatori lo amavano perché aveva dei metodi rigidi però come uomo era speciale. Con Mazzone abbiamo avuto un rapporto di odio e amore. All’inizio non lo sopportavo perché lui non mi voleva a Cagliari, voleva portare Dunga a Cagliari al posto mio. Io sono andato a parlare con Cellino per lasciarmi andare ma il presidente mi ha detto che Dunga non sarebbe mai arrivato in Sardegna perché lui voleva me in campo. E a fine stagione con Mazzone feci uno dei campionati con più presenze della mia carriera. Mazzone è un duro, urla, ti sgrida ma poi ho capito che era una maschera che usava in campo. E alla fine è nata un’amicizia incredibile tra noi. Tra tutti quello che conosco meglio sicuramente è Tabarez. Lui è Il maestro per me. Mi ha allenato in tre fasi diverse della mia vita: da ragazzo in Uruguay al Peñarol, poi in nazionale e infine al Cagliari. Però l’allenatore che ricordo con più affetto è Giorgi. Un gentiluomo, un signore, un uomo di qualità oltre che un grande allenatore”.

Ecco a proposito, raccontaci l’anno della Uefa…

“Semplicemente la stagione più bella della mia vita. Credo che quel Cagliari resterà per sempre nella storia del club. Abbiamo sconfitto squadre fortissime e la doppia sfida alla Juventus resta tra le mie partite preferite, insieme alla vittoria della Copa America con la nazionale. La vittoria a Torino resta qualcosa di trascendentale. Con tutti i compagni di Cagliari ci sentiamo ancora grazie a WhatsApp. Un paio di mesi fa sono stato a Milano e ho visto a cena Dibitonto, è lui che ha creato il gruppo. Avevamo programmato una partita tra ex per il Centenario rossoblù ma ovviamente tutto è stato rinviato. Come tutto finirà però verrò a Cagliari dove manco dalla partita di addio al calcio di Daniele Conti”.

Parliamo degli uruguaiani di questo Cagliari, partiamo da Nandez

“Nandez lo conosco dai tempi del Peñarol. Lui è una che lascia tutto in campo ed è uno di quei giocatori che a Cagliari la gente ama molto. Per me il Cagliari dovrebbe tenerlo almeno un altro anno per restare a lottare in zone importanti della classifica. Ovvio che se lui vorrà andare in un altra squadra sarà complicatissimo tenerlo in Sardegna”.

Oliva e Pereiro?

“Oliva arriva dal Nacional dove fece un campionato fantastico. Ha avuto necessità di alcuni mesi di adattamento ma ora per me può essere assoluto protagonista. Mi ricorda molto me in campo perché sa fare le due fasi: ha buoni piedi e fa gol ma ha anche tanta tanta lotta. Potrebbe essere il mio erede in rossoblù. Pereiro è un uruguaiano particolare. Forse Cagliari di uruguagi così ne ha visti meno, ha poca lotta ma tanta qualità nei piedi. Ha già esperienza al calcio europeo e per me l’anno prossimo farà molto bene.

Saltando nel passato e parlando di un altro trio uruguaiano: tu arrivasti a Cagliari con Francescoli e Fonseca

“Arrivammo a Cagliari subito dopo il mondiale italiano del 1990. Io stavo a Madrid, Daniel in Uruguay e l’unico che conosceva davvero questo mondo era Francescoli. Per noi arrivare in Italia era quasi impossibile da credere. Il calcio italiano all’epoca era il migliore al mondo e poi potevano giocare meno stranieri di adesso. Lì sul volo per Cagliari pensai davvero di avercela fatta. Per me il legame tra Cagliari e l’Uruguay è nato perché caratterialmente siamo uguali. Io sempre dico che l’Uruguay ha 19 regioni interne più la Sardegna che è la ventesima fuori dai confini nazionali. Come un uruguaiano arriva a Cagliari e scende dall’aereo, respira l’aria, vede la gente e si sente a casa”.

C’è un giovane uruguaiano che consiglieresti al Cagliari da procuratore?

“A me piace molto Brian Ocampo. Esterno offensivo ma anche seconda punta del Nacional classe 99. Lui è uno di quelli che piacciono a me: punta l’uomo, ama il dribbling e ha classe. Potrebbe essere pronto per venire in Europa”.

Roberto Pinna

 

 

 
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