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Mentalità, pareggite e assenza di alternative: cosa resta al Cagliari dopo il Torino

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Una sindrome che porta a procedere per piccoli passi, uno alla volta, nel segno della lenta continuità. In gergo calcistico può essere chiamata pareggite, non una malattia ma nemmeno una passeggiata di salute, la classica via di mezzo da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda dei punti di vista.

Spirito impreciso

Sassuolo, Salernitana, Verona, Torino. Quattro partite e quattro punti, quattro gol fatti e quattro subiti. Numero che si ripete per il Cagliari di Mazzarri, una squadra alla quale di certo non ha fatto difetto lo spirito, ma che comunque resta in balia delle onde della bassa classifica. Contro i granata di Juric i rossoblù hanno messo in campo una prestazione a due facce, come fatto con la Salernitana e con il Verona. Un tempo di lotta e imprecisione, un altro di maggiore spinta e voglia di vincere. Resta però una squadra che per quanto ci metta l’anima non riesce a ritrovare il bandolo della matassa chiamato vittoria. Non solo per sfortuna, anzi, più per carenze strutturali che si riflettono sull’aspetto tecnico. Tanti, troppi errori dal punto di vista individuale, ai quali si è aggiunta una voglia di vincere che per poco non portava a un’altra sconfitta.

Soliti nodi

Dal punto di vista della prestazione sarebbe ingeneroso dare addosso a un Cagliari che, va detto, ha messo in mostra una versione migliore di quella vista in quasi tutte le altre gare. È sì mancata la precisione, ma la mentalità mostrata contro un Torino estremamente fisico e falloso è stata di livello. La strada intrapresa, insomma, appare almeno per grinta e intensità quella giusta, anche se ancora tanti dettagli hanno bisogno di essere corretti. Mazzarri può ritenersi soddisfatto per l’interpretazione, meno per quanto visto nell’ultimo quarto d’ora dopo il cambio tattico per un Cagliari più offensivo. E qui entrano in gioco le alternative che mancano, come ad esempio in un centrocampo che perso Grassi – cambio chiesto proprio dal giocatore – aveva in Deiola e Oliva i possibili sostituti di ruolo. Il tecnico rossoblù ha scelto però la carta Pereiro, sperando che il Tonga potesse trovare il colpo giusto per portare a casa la vittoria. Al contrario proprio l’ingresso di un trequartista e l’assenza di un equilibratore a centrocampo ha aperto praterie al Torino e i rischi per Cragno sono diventati una logica conseguenza.

Cambi fatali

E qui si apre il tema della valutazione dei singoli. Partendo da Alberto Grassi che, va detto, avrebbe meritato una sufficienza ampia al contrario di quanto scritto nelle pagelle della gara. Un primo tempo timido, chiuso nella morsa dell’intensità granata, ma non appena Pobega è rimasto negli spogliatoi si è visto un altro giocatore, prezioso, utile, sia in costruzione che in fase di filtro. La sua uscita dal campo è stata la chiave di volta della gara, il Cagliari da quel momento in poi ha perso equilibrio sia in fase di possesso che di non possesso. Mentre chi ha preso il suo posto, ovvero Pereiro, ha fallito – non solo per sue colpe – un’altra occasione per dimostrare la propria utilità. Con tanta foga messa da entrambe le squadre il Tonga è apparso fin da subito un pesce fuor d’acqua. C’è poi l’aspetto tattico, con un Cagliari che ha crossato tanto con Keita in campo per poi giocare più palla a terra quando è entrato Pavoletti. Una contraddizione in termini tattici che non ha favorito né l’uno né l’altro, chiamati a compiti non funzionali alle loro caratteristiche.

In cerca di risposte

Il Cagliari resta così in fondo alla classifica (terzultimo a 10 punti) e le tre partite che chiuderanno il girone d’andata sono tutt’altro che facili. La gara interna con l’Udinese non potrà essere fallita, mentre le trasferte contro Inter e Juventus dovranno dare risposte sulla voglia della squadra di giocarsela ovunque a prescindere dall’avversario. La realtà parla comunque di una situazione che definire difficile sarebbe riduttivo. Una realtà diversa da quella che esce dalle parole di Mazzarri, ancora una volta positivo nel post partita nonostante un Torino che, va detto, avrebbe potuto portare a casa l’intera posta in palio con le tre occasioni nitide capitate nel finale di gara. Il tecnico rossoblù non ha ancora dato la sterzata sperata dal punto di vista dei risultati, mentre qualcosa si è visto da quello dell’atteggiamento. In attesa che gennaio porti innesti che alzino il livello qualitativo, al contrario la grinta e l’abnegazione resteranno aspetti fine a se stessi.

Matteo Zizola

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