Una rondine non fa primavera, ma per un progetto in costruzione da zero avere segnali positivi fin da subito non può che essere una buona notizia. Non solo per il punto arrivato grazie al pareggio di Luperto nei minuti finali, perché la prestazione del Cagliari di Fabio Pisacane contro la Fiorentina è andata oltre un risultato che comunque conta. Personalità, voglia di comandare per quanto possibile la gara, strategia di gioco con idee chiare seppur ancora in fase di sviluppo e giocoforza non complete: questi gli elementi che sono arrivati dall’1-1 della Unipol Domus contro la squadra di Stefano Pioli, in una partita che ha messo in mostra un nuovo passo avanti dopo i primi assaggi avuti nelle amichevoli precampionato e nell’esordio in Coppa Italia contro l’Entella.
Densità e terzo uomo
Cambiano gli avversari, cambia il peso specifico della gara, ma non cambia l’idea di fondo che Pisacane e il suo staff cercano di implementare nel Cagliari fin dall’inizio del ritiro. Una squadra, quella rossoblù, che ha dato più che l’impressione di sapere quello che vuole e, soprattutto, come provare a ottenerlo. Non solo una questione di mentalità, non solo una questione di testa, ma prima di tutto una strategia pensata nei minimi dettagli e che è andata al di là del tentativo di limitare la Fiorentina, sulla carta (e non solo) con un organico superiore per qualità a quello rossoblù. Limitare per colpire, questo il filo rosso di Deiola e compagni.

La fase di costruzione ha visto il Cagliari schierarsi con un classico 4+1, con la linea difensiva che, al contrario di quanto visto nella passata stagione e in diverse gare estive (Coppa Italia inclusa) è rimasta con la stessa disposizione anche in fase di non possesso. Zappa come terzino a destra, Obert sul lato opposto, Mina e Luperto i due centrali e Prati a compiere funzioni sia di costruttore davanti alla difesa sia di schermo quando la Fiorentina conduceva il gioco.

Una delle strategie in costruzione del Cagliari è stata quella di spostare l’attenzione degli avversari sul lato destro, con il pallone che spesso e volentieri veniva portato sulla parte di Zappa e Adopo con il supporto di Mina, Prati ed Esposito in appoggio. La densità sulla fascia creava lo spazio sul lato opposto e con una circolazione rapida i rossoblù andavano poi a cercare Obert sulla zona sinistra del campo, con il contemporaneo scivolamento di tutta la squadra a supporto. Densità in zona palla che ha portato gli uomini di Pisacane a percentuali di passaggi completati elevate grazie all’aiuto reciproco e alle diverse opzioni date al portatore palla, oltre alla possibilità di essere maggiormente aggressivi con tanti elementi qualora fosse stato perso il possesso.


Una delle chiavi tattiche pensate da Pisacane è stata indubbiamente l’utilizzo costante della fascia sinistra come sfogo della manovra. Non solo partendo da destra per poi andare sul lato opposto, ma anche con i lanci di Caprile dalle retrovie e con lo sviluppo verticale grazie al cosiddetto terzo uomo e a continui movimenti senza palla dei vari interpreti. In questo contesto la fisicità di Folorunsho è stata un’arma fondamentale, così come lo svariare tra le linee di Esposito e, infine, la corsa verticale nello spazio degli interni di centrocampo con soprattutto Deiola protagonista. Un’idea che potrebbe svilupparsi con maggiore efficacia una volta recuperati a pieno giocatori come Gaetano, che potrebbe così portare a Folorunsho come mezzala d’inserimento nel compito di terzo uomo che chiude il triangolo lungo e appunto Gaetano a farne le veci per le combinazioni tra le linee con Esposito.

Un altro modo di sviluppare la manovra offensiva è stato quello della ricerca della verticalità per vie centrali. Utilizzata meno rispetto alla corsia sinistra, ma comunque efficace le poche volte che la Fiorentina ha permesso di avere spazi. La giocata citata da destra a sinistra ha così avuto come alternativa la zona di rifinitura centrale, con Prati che ha provato in alcune situazioni ad andare dritto su o Folorunsho o Esposito a seconda di chi si proponeva, con i due interni di centrocampo Adopo e Deiola a dare supporto sempre come terzi uomini per triangolazioni lunghe.
Difendere per attaccare
Una delle novità principali del Cagliari di Pisacane rispetto al passato è senza dubbio la gestione della fase di non possesso non con l’idea soltanto di limitare gli avversari, ma come chiave per le transizioni offensive rapide.

Una volta superata la prima pressione, con la Fiorentina che si approcciava alla trequarti rossoblù, a turno gli attaccanti del Cagliari restavano sopra la linea del pallone senza quasi interessarsi della fase di non possesso. Folorunsho ed Esposito soprattutto si alternavano nell’aiuto ai compagni, con chi dei due restava in avanti a mettere in atto smarcamenti preventivi per la successiva eventuale transizione offensiva.

In alcuni casi la gestione della fase di non possesso in chiave offensiva vedeva tutti i tre giocatori offensivi restare sopra la linea della palla, così da avere Borrelli come riferimento per gli appoggi e i due trequartisti pronti ad attaccare la profondità o a ricevere il pallone per sviluppare la manovra in verticale con l’aiuto degli interni di centrocampo.
Chiave Esposito


La prima pressione del Cagliari lasciava la costruzione nella fase iniziale, con la Fiorentina che era libera di gestire l’inizio dell’azione da De Gea ai difensori. La strategia pensata da Pisacane ha visto Borrelli occuparsi del centrale della difesa a tre viola, Folorunsho andare su Comuzzo e soprattutto Esposito in marcatura costante sul regista, ossia Fagioli. Con Prati a seguire praticamente a tutto campo Gudmundsson, Deiola a fare altrettanto con Shom e Adopo con Ndour, mentre Zappa attendeva più basso Gosens. Evidente come Pisacane abbia scelto di lasciare libero Ranieri, unica opzione di giocata per la Fiorentina nella prima costruzione.

La decisione di sacrificare per certi versi Esposito in un lavoro di schermatura su Fagioli ha pagato, con l’attaccante rossoblù che ha così di fatto tagliato la fonte di gioco della Fiorentina. Una marcatura eseguita fino alla metà del campo, per poi liberarsi e smarcarsi per l’eventuale transizione offensiva una volta recuperata palla. Con Fagioli poco propenso all’attacco della profondità la scelta di Pisacane si è rivelata vincente, almeno finché Esposito ha retto fisicamente, con Luvumbo che non è riuscito a svolgere lo stesso compito una volta subentrato.

Un’altra soluzione, ma meno costante, è stata quella che ha visto Esposito provare ad attaccare Ranieri in caso di gestione problematica della costruzione da parte della Fiorentina. In quel caso risultava importante il lavoro di Deiola, pronto ad accorciare su Fagioli per evitare la troppa libertà del regista viola.

Un altro aspetto decisivo è stato il lavoro di Prati davanti alla difesa. Più mediano che regista, come sottolineato da Pisacane nel post partita il ravennate è stato praticamente perfetto nella copertura della zona di rifinitura della Fiorentina, con un’intelligenza tattica evidente nella capacità di chiudere le linee di passaggio e diventare il padrone dell’area davanti alla propria difesa sia in verticale che, soprattutto, in orizzontale.
Unica distrazione
Il gol che ha portato il Cagliari in svantaggio arriva nel momento in cui i rossoblù sono momentaneamente in dieci, con Deiola fuori dal campo per ricevere le cure dopo un fallo di Pongracic non rilevato da Sozza. L’assenza del capitano diventa decisiva non tanto in quanto tale, bensì per la difficoltà nel riadattarsi velocemente da parte del centrocampo e non solo.

L’inizio della giocata che porterà al gol di Mandragora vede accoppiamenti chiari. Mazzitelli a fare da sostituto puro di Prati su Gudmundsson, Folorunsho a prendere momentaneamente il posto di Deiola come interno sinistro su Mandragora, Borrelli sul portatore di palla. Il primo problema arriva con Luvumbo che, senza l’aiuto di un secondo trequartista, si trova a dover scegliere tra tre avversari da schermare.

Dopo un pallone lungo che viene respinto dalla difesa, la seconda palla viene gestita da Dodó sull’esterno destro. Obert controlla il brasiliano, mentre Mazzitelli e Folorunsho sono di fronte a Gudmundsson ma con un ampio spazio tra loro e il fantasista viola. In mezzo all’area le coppie sembrano ben delineate, seppur Adopo appare in ritardo su Ndour: Mina segue Kean, mentre Luperto ha di fronte a sé Mandragora. Sul lato opposto Zappa correttamente segue Gosens per l’eventuale traversone lungo.


La distrazione principale arriva al momento del cross, o meglio nella sua preparazione. L’indecisione tra Mazzitelli e Folorunsho su chi deve andare a pressare Gudmundsson è decisiva, tanto che dopo il gol subito Mina si lamenterà con ampi gesti verso chi ha permesso all’avversario di avere tutto il tempo per la giocata. Mazzitelli indica al compagno di accorciare, poi dopo un classico “vado io vai tu” decide ormai troppo tardi di prendersi la responsabilità in prima persona. In mezzo all’area Adopo ha recuperato su Ndour, mentre Mina controlla Kean. Luperto, dal canto suo, guarda soltanto la zona del pallone senza notare il movimento di Mandragora pronto a inserirsi alle sue spalle tra lui e il colombiano.

A questo punto non resta che un’ultima possibilità, ossia la reattività di Mina – unico che può vedere il pericolo manifestarsi – nell’accorciare su Mandragora e vincere il duello aereo, con Zappa a quel punto chiamato a staccarsi da Gosens e andare su Kean. Il tempismo del centrocampista della Fiorentina però fa sì che Mina non riesca ad anticiparlo, con Luperto tagliato fuori da un pallone che arriva esattamente alle sue spalle. Una responsabilità più collettiva che singola, ma che parte dalla difficoltà del centrocampo orfano momentaneamente di Deiola e con riferimenti improvvisamente nuovi.
Matteo Zizola














