Non ci sono soltanto ragioni mentali e strutturali nella sconfitta patita dal Cagliari alla Sardegna Arena contro il Verona. Esistono anche motivi che rientrano nell’atteggiamento tattico, sia nella disposizione della squadra che nelle scelte di gioco. Nonostante i cambi, dal 3-5-2 iniziale al 4-4-2 al rientro dagli spogliatoi fino al 4-3-3 e al 4-2-1-3 degli ultimi minuti, la squadra ha avuto le stesse identiche difficoltà nell’arco di tutta la partita.
Lampo senza seguito – Eppure dopo un inizio di gara senza sussulti il Cagliari sembrava poter destarsi. L’occasione di Joao Pedro con il diagonale messo in angolo da Silvestri sarebbe potuta essere la premessa di una squadra pronta a scrollarsi di dosso paure e difficoltà. Invece, dopo un segnale che avrebbe dovuto invitare al cambio di passo, la risposta è stata un Cagliari se possibile ancora più compassato, privo di verve e che non ha mai prodotto un assalto degno di tal nome.
Unico lampo mentale
Quando il Verona prova a impostare nella propria metà campo all’improvviso i rossoblù decidono di alzare il baricentro e di mettere in campo quell’uno contro uno in pressione che sarebbe dovuta essere la chiave dell’incontro. Nainggolan, praticamente per l’unica volta in tutta la partita, decide di attaccare il portatore di palla Tameze appena ne nota una minima esitazione. Ogni giocatore del Cagliari è vicino al proprio avversario diretto e non è un caso che arrivi in questo caso un’occasione importante.
Dalla seconda immagine a campo largo si apprezza ancora di più la disposizione corretta dell’undici di Semplici. Un lampo nel buio generale non solo a livello tattico, ma anche di linguaggio del corpo. Si può notare infatti come tutti i giocatori del Cagliari siano “in movimento” e non sulle gambe, pronti ad attaccare l’avversario diretto e presenti sia fisicamente che mentalmente.
Sulle gambe – È vero, un singolo non può risolvere da solo i problemi atavici di un intero gruppo. Ancora meno se lo stesso singolo non sembra avere nelle gambe la possibilità di trascinare la squadra. E resta la domanda se questo Cagliari, nella situazione di classifica attuale, possa permettersi di avere giocatori che non riescono a dare il contributo fisico necessario per vincere le battaglie o almeno provarci. Non solo, ma nel caso specifico di Radja Nainggolan anche Semplici dovrebbe valutare quali possano essere i punti di forza del belga e quali i punti deboli e agire di conseguenza. Ovvero, è utile piazzare nella zona nevralgica del campo un giocatore con problemi di tenuta atletica abbastanza evidenti? O forse sarebbe meglio sfruttarlo per i suoi punti di forza, ovvero il tiro e l’ultimo passaggio anche senza macinare chilometri su chilometri?
L’occasione capitata sui piedi di Lasagna al 23′ è un primo segnale importante. Barak si inserisce per poi fare il velo che libera l’attaccante dell’Hellas, ma è importante notare come, al contrario dei compagni, Nainggolan appaia quasi come un osservatore esterno della giocata avversaria. Contro un Verona che con Juric, da sempre, fa della corsa e dell’attacco dei palloni vaganti – e degli spazi – la propria forza, giocare con Nainggolan come mediano che dovrebbe chiudere le linee di passaggio e seguire i tagli dei trequartisti è sembrato voler scherzare con il fuoco. Su questo aspetto, inoltre, torneremo in occasione del gol di Barak.
Senza sforzo – Il Verona arrivava da tre sconfitte consecutive, una squadra ormai senza più nulla da chiedere se non a livello di onore. E l’Hellas visto in campo è apparso sì attento, ma anche lontano da quella squadra tutta foga e seconde palle dei tempi migliori. Per i primi 50 minuti inoltre, pur provando ad affondare esclusivamente sulla sinistra, il Cagliari è riuscito bene o male a controllare la giocata preferita dei gialloblù.
A un certo punto però, prova e riprova, il Verona trova i rossoblù sfilacciati e riesce così a trarre profitto da quello spartito ripetuto più volte senza successo. Lazovic sulla sinistra, Zaccagni che si allarga a supporto e soprattutto Dimarco che da terzo centrale di sinistra si trasforma in ulteriore freccia nell’arco di Juric. Il movimento dell’esterno scuola Inter costringe Nainggolan ad abbandonare la zona centrale per seguirne il taglio, lasciando così l’opportunità ai centrocampisti dell’Hellas di attaccare la zona aperta da Dimarco.
Il primo tentativo di assecondare proprio il movimento di Dimarco non va a buon fine anche perché l’Hellas davvero non sembra avere quell’aggressività tipica delle squadre di Juric. Sulla prima ribattuta, però, il Cagliari resta comunque inerme e permette così a Zaccagni di cambiare scelta. Il numero 20 può servire l’accorrente Veloso, mentre Duncan non legge il pericolo ed esce dalla difesa con colpevole ritardo e una leggerezza non degna di una squadra che deve lasciare tutto in campo. Nel frattempo Nainggolan, dopo aver seguito Dimarco e aver visto l’azione avversaria spegnersi su quel lato, sembra disinteressarsi del resto e, come in occasione dell’azione che portò al tiro di Lasagna, il linguaggio del corpo parla di un giocatore fermo, per nulla pronto a reagire a possibili evoluzioni differenti.
Ormai la frittata è fatta. Il ritardo di Duncan crea una reazione a catena, la poca reattività di Nainggolan e Godín completa il tutto. Barak fa esattamente ciò che ha fatto Veloso poco prima, in un’azione orizzontale di tipo rugbistico nella quale la difesa del Cagliari lascia il fianco agli avversari. Uno sviluppo che parte da sinistra fino ad arrivare al centro, una sequenza di piccoli errori, ma soprattutto di un tempi di reazione lenti e senza la necessaria grinta.
Questione di scelte – Il Cagliari ha avuto le sue occasioni, soprattutto nel momento in cui non avendo più nulla da perdere Semplici ha buttato dentro chiunque potesse dare un minimo di apporto in fase offensiva. Occasioni però frutto più di una certa inerzia che di una vera e propria idea di gioco propositiva. Fino a quel momento, però, i rossoblù avevano faticato a creare pericoli non tanto per la bravura del Verona, quanto per la scelta di sviluppare la manovra soltanto sui lanci lunghi, senza quasi mai arrivare al cross e senza soprattutto attaccare le seconde palle sui palloni buttati in avanti.
È evidente dall’esempio proposto che quanto messo in campo dal Cagliari sia stato frutto di scelta ponderata più che del caso. Forse attratto dalle difficoltà dell’Hellas contro l’Atalanta sui palloni lunghi dalla difesa, Semplici ha deciso di usare la stessa tattica. Squadra lunghissima, lanci e Cerri e Joao Pedro nel ruolo di cavalieri solitari. Cerri e Joao Pedro, appunto, non Zapata e Muriel ed è lì la differenza. Nell’immagine che fa da esempio, ma che mostra una situazione vista e rivista per almeno un’ora di gioco, Rugani ha tre opzioni chiare per non buttare la palla in avanti. Il pallone per Zappa, che poi avrebbe la soluzione Nández a supporto. Andare direttamente sull’uruguaiano, saltando così un passaggio e a quel punto dando proprio a Nández la possibilità di usare Zappa come sfogo. Infine ripartire dai compagni più arretrati, Godín, Klavan o perfino Cragno. Il lancio invece diventa scelta sistematica, ma come si può notare non supportata da una mediana pronta ad aggredire sulla seconda palla.
Si potrebbe dire che si è passati dalla padella di un Di Francesco che lasciava spazi troppo ampi agli avversari alla brace di un Semplici che gli spazi li lascia tra le prime due linee e i poveri attaccanti abbandonati al loro destino. I cross sono, come in passato, assenti ingiustificati. La spinta delle mezzali e degli esterni di centrocampo – o meglio di difesa – un altro mistero da Chi l’ha visto. Dire che i rossoblù non abbiano nulla da perdere risulta quasi pleonastico, soprattutto se l’atteggiamento in campo non corrisponde a questo assunto. Il Cagliari forse non ha più tempo per salvare la categoria, ma almeno può provare a salvare la dignità. Anche tatticamente.
Matteo Zizola