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Il Giulini marginale: strategia o nuovo corso per il Cagliari anche in Serie A?

Tommaso Giulini durante la festa promozione alla Unipol Domus | Foto Luigi Canu/Centotrentuno
Tommaso Giulini durante la festa promozione alla Unipol Domus | Foto Luigi Canu/Centotrentuno
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C’era una volta il Cagliari di Tommaso Giulini e forse non c’è più. Chiariamoci, il proprietario del club isolano all’8 agosto 2023 resta l’imprenditore milanese che ha preso la guida della società rossoblù nell’estate del 2014, ma negli ultimi mesi, soprattutto nell’ultimo anno di purgatorio in Serie B, è cambiato fortemente l’approccio del patron nei confronti di quella che è sempre stata una sua creatura, un progetto da mandare avanti con acquisti a volte, se non spesso, anche figli di un piacere personale nei confronti del mondo del pallone e con ambizioni condite da sentimentalismi e slanci di positivismo. Come un padre che al campetto sopravvaluta le capacità del figlio sognandone chissà quale carriera. Questo mood tra traguardi mancati, fantasie e abbagli, con cadute e rilanci è andato avanti fino all’ultima retrocessione di due estati fa. Un punto di rottura, in quella piovosa serata del Penzo di Venezia, che sembra aver cambiato, forse definitivamente, la linea di Tommaso Giulini in sella al Cagliari Calcio. 

In silenzio 

E proprio la serata da dimenticare in Laguna ha segnato le ultime dichiarazioni pubbliche alla stampa del presidente rossoblù, che da quello 0-0 che è valso la sua seconda retrocessione in cadetteria con il Cagliari ha iniziato il gioco del silenzio che va avanti da oltre un anno. Nel mezzo un repulisti generale, con cambi quasi definitivi alla rosa, con zero spazio a calciatori di ritorno, una rivoluzione tecnica iniziata dal direttore sportivo, da Capozucca a Bonato, e seguita con il gesto significativo del ritorno di Claudio Ranieri, al quale è stata affidata quasi completamente carta bianca sul progetto di campo. Colpo di spugna anche a livello di organizzazione societaria con l’addio al direttore generale Passetti, a cui è subentrato con ruoli diversi Melis, e i cambi nell’area comunicazione. Diversa visione aziendale evidente anche nello sponsor tecnico, dall’internazionale Adidas all’azienda sarda Eye. A livello pratico a Giulini il silenzio sembra essere servito, non tanto per mandare avanti un club di calcio, ma quanto almeno per contenere e far scemare nel tempo la forte contestazione della piazza in seguito all’ultimo balzo indietro in Serie B. Sembra storia lontana, ma solo un’estate fa le vie di fianco alla Unipol Domus venivano riempite di scritte contro il presidente e tutta la città veniva tappezzata con cartelloni di sberleffo nei suoi confronti o che invitavano il patron a lasciare la società. Malumori calmati con i fatti e senza le parole, in una vera e propria novità per la gestione societaria degli ultimi anni. Con i risultati che poi, come sempre accade nel calcio, hanno permesso il cambio di umore che nessun tipo di bel discorso preparato a tavolino avrebbe mai centrato. 

Ai margini

Un Giulini marginale, almeno all’apparenza, quello visto in tono minore durante i festeggiamenti per il ritorno in Serie A, quello che ha deciso di non fare dichiarazioni nemmeno dopo la serata di Bari che ha esorcizzato fantasmi e paure durati per oltre un anno. E quello che nel ritiro in Valle d’Aosta, mentre squadra e tecnico hanno raccolto la gioia e l’entusiasmo di centinaia di sardi per due settimane, ha fatto solo una piccola apparizione pubblica durante l’amichevole contro il Como allo stadio Brunod di Chatillon. Partita seguita in un angolo, di fianco agli spogliatoi, e insieme al direttore sportivo Bonato. Una presenza quasi di contorno senza le luci della ribalta, una toccata e fuga con il gruppo e niente uscite pubbliche con i giornalisti o mosse furbe con la piazza. Di fatto la scelta mediatica forte dell’estate giuliniana, in un mercato per ora senza grandi colpi a livello di nomi (per un presidente che aveva fino al 2021 abituato alle figurine e agli acquisti ad effetto) ma con una programmazione abbastanza evidente seppur condizionata dai tanti infortuni, è stata la volontà di non chiudere la campagna abbonamenti. Rinunciare in potenziale a degli ingressi maggiori con la vendita dei tagliandi della singola partita per lasciare però spazio al popolo rossoblù che ha seguito la formazione, ora di Ranieri, anche nei momenti più complessi e che ora in A vuole continuare a stare vicino a Pavoletti e soci. Una Unipol Domus quasi interamente fatta di abbonati, senza particolari pubblicità fatte dal club a riguardo. La passione che si fa marketing e non il contrario, come quasi sempre accaduto nei precedenti anni della gestione del club. 

Futuro

A questo punto la domanda da porsi è: e ora con la Serie A? Il grande palcoscenico cambia i giochi di forza e le opportunità di visibilità. Stare dietro le quinte in cadetteria è diverso da farlo anche davanti ai riflettori con maggiori lustrini del calcio nostrano. Cosa succederà in capo alla società in caso di libecciate, per usare il termine coniato da Ranieri per i momenti più difficili, e come reagirà ad eventuali momenti no la prima poltrona del club? Il cambio di approccio mediatico è stata solo una strategia per superare il peggior momento alla guida del Cagliari o Giulini ha optato per una nuova metodologia di programmazione e comunicazione a lungo termine? Tutte domande a cui sarebbe pretenzioso e poco oggettivo trovare risposta in questo istante, ma a cui tra qualche mese riusciremo a dare una chiave di lettura grazie ai messaggi inviati dal campionato. Nel frattempo c’è una rosa che ha riavvicinato i propri tifosi e una città che è tornata a sognare pensando alla propria squadra di calcio, e questo è comunque un successo. A prescindere da come la si voglia vedere. 

Roberto Pinna

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