Cosa si nasconde dietro la nascita e l’utilizzo sportivo del simbolo dei Quattro Mori, vessillo identitario e unitivo per eccellenza del popolo sardo? Ce lo racconta Mario Fadda, storico dello sport, saggista, convegnista, autore di numerose pubblicazioni (“Renato Raccis – Il bomber fermato dal destino”, Delfino 2022, scritto a quattro mani con Umberto Oppus; “La vera storia della maglia del Cagliari, Storie Rossoblù”). Il delegato regionale della Società Italiana di Storia dello sport ha dedicato un volume di ricerca all’appassionante questione del simbolo, intitolato “I Quattro Mori e il Calcio – Storia di un amore dimenticato”.
“Quest’ultima opera nasce come espansione del mio precedente “I Pionieri del football Sardo”. Durante la stesura di questo libro, – spiega lo storico – sono emersi una serie di documenti molto importanti che mi hanno spinto a focalizzare la ricerca sull’appassionante filone semiotico dei simboli identitari. Sarebbe stato un peccato farne un uso riduttivo, accennandoli appena in una trattazione che parlava d’altro. Questi elementi meritavano la giusta attenzione”.
Quali sono i fattori che costituiscono il valore aggregativo del calcio, descritti nel suo ultimo libro?
Il calcio è lo sport più amato e diffuso sul pianeta. Il cattedratico e storico francese Paul Dietschy riporta nella sua ultima opera un articolo comparso nel 1922 su Ordine Nuovo, fondato a Torino da Antonio Gramsci, dove si racconta di come le folle iniziano ad appassionarsi e scontrarsi in nome della propria tifoseria. Oltre nella figura del calciatore-eroe identitario, le tifoserie si identificano nei colori sociali e nel simbolo della squadra.
Come nasce l’utilizzo dello stemma dei Quattro Mori in ambito calcistico?
Oltre all’intrinseco valore identitario, lo scudo dei Quattro Mori inizia ad essere impiegato presto nello sport. Le società di Ginnastica nei concorsi nazionali lo portavano cucito sul petto. Nel calcio, la prima squadra a utilizzarlo è il Cagliari, ma lo farà solo a partire dal campionato nazionale 1928-29. In precedenza esibiva una stemma sociale molto diverso. Negli anni a seguire, divenne consuetudine che la squadra neo campione regionale venisse insignita anche di questo simbolo, pratica che, incredibilmente, non trovò sospensione neppure durante il Ventennio fascista.
In occasione della nostra recente manifestazione “Gli Oscar di Centotrentuno”, in seguito a sua consulenza scientifico storica, trattò l’argomento alla presenza di Andrea Pisano, presidente dell’Ilvamaddalena, squadra Campione Regionale. Si potrà rivedere presto lo scudo sardo sul petto dei campioni?
Il giorno dopo la manifestazione, a Oristano, il presidente del Comitato Regionale Cadoni ha dichiarato che la proposta sarebbe stata presa in seria considerazione. Al momento si aspettano indicazioni. Nel frattempo c’è chi ha già preso iniziative, come la squadra FBC Calangianus, vincitrice del girone C del campionato di Promozione, che lo portano cucito, non nel petto ma sulla manica sinistra della divisa.
Francesco Aresu