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La tribuna della Sardegna Arena | Foto Andrea Baldinu

Corsa salvezza: Cagliari, l’assenza del pubblico è un bene o un male?

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Due facce della stessa medaglia, due opposti che possono spiegare gli effetti dell’assenza. Supporto o sveglia, a seconda dall’atteggiamento in campo. Una stagione senza pubblico per tutti, ma per qualcuno un po’ di più. Dipende dalla situazione contingente, dipende da ciò che potrebbe dare la presenza dei tifosi sugli spalti.

Il peso dell’assenza

Dobbiamo essere forti a non cercare alibi, vi potrei dire che non avere le solite quindicimila persone dentro la nostra piccola arena sia stata una grave mancanza. Perché molte gare non sarebbero finite come sono finite, ma non voglio cercare delle scuse per la situazione attuale“. Parole del patron del Cagliari nell’intervista concessa a Radiolina, parole che esprimono l’importanza della presenza del pubblico per una squadra come quella rossoblù. Economicamente, ma soprattutto emotivamente. Il passato però insegna che tutto dipende da come la squadra scende in campo, dallo spirito, dall’impegno a prescindere dal risultato. Lo dice il passato, prima che la proprietà cambiasse e anche nelle ultime stagioni. Basti pensare all’esodo verso Napoli per lo spareggio contro il Piacenza del lontano 15 giugno 1997, una squadra che meritò sul campo il sostegno del pubblico che si recò in massa al San Paolo e che, nonostante la sconfitta, accolse senza polemiche i giocatori.

Contestazione

La curva dà, la curva toglie. E lo fa con coerenza. Perché alla fine per i tifosi, sia quelli della curva che quelli che occupano gli altri settori, ciò che conta è quello che si mette in campo. Il resto è importante sì, ma non fondamentale. Si può perdere, ma con dignità e onore. La spinta del pubblico bisogna meritarsela, difficile sapere cosa sarebbe accaduto con i tifosi sugli spalti in questa stagione perché difficile è capire quale sarebbe stato l’atteggiamento dei protagonisti sul prato verde. Una squadra giovane che magari avrebbe tratto maggiore forza mentale o, al contrario, avrebbe sofferto la giusta contestazione di fronte all’assenza di cuore. Basti pensare all’ultima volta che il Cagliari retrocesse e alla sconfitta casalinga contro il Napoli per tre a zero che sancì il secondo esonero di Zeman. Chi c’era ricorda i cori della curva che non apprezzò, e come darle torto, l’atteggiamento dimesso di una squadra che si sentiva già in B e che smise di lottare anzitempo. Una contestazione che ebbe il proprio epilogo alla prima giornata del successivo campionato cadetto, quando nella prima gara casalinga contro il Crotone la curva ricordò ai giocatori che era necessario voltare pagina. Non tanto con i risultati, quanto dimostrando di meritarsi la spinta di un pubblico che non ha mai mancato di sostenere il Cagliari nel bene e nel male. E che riprese a farlo fino dal quarto d’ora di gioco di quella gara contro i calabresi.

Spinta

La prova provata che è l’atteggiamento a fare la differenza tra contestazione e supporto arrivò nella stagione del duo Rastelli – Lopez. La sconfitta di Genova contro la Sampdoria fece precipitare nel baratro il Cagliari del Jefe, la gara successiva alla Sardegna Arena di fronte alla Roma vide una squadra che diede tutto, ma uscì comunque sconfitta. Con la Serie B a un passo e una partita appena persa, la curva non contestò, anzi, fece capire alla squadra che quella era la giusta strada da seguire. Quella dell’impegno, del buttare il cuore oltre l’ostacolo, del non lasciare nulla d’intentato. I giocatori si guadagnarono il supporto che si tramutò nell’esodo di Firenze a ricordare quello di 21 anni prima a Napoli. Le due vittorie finali che regalarono la salvezza altro non furono che una logica conseguenza.

Il pubblico non potrà essere allo stadio nella sfida da dentro-fuori contro il Parma di sabato 17 aprile alla Sardegna Arena. Che sia un bene o un male dipende solo e soltanto da chi scende in campo. Perché a fare la differenza, sempre e comunque, è ciò che si mette di fronte agli avversari come impegno e voglia di superare gli ostacoli. E nemmeno chi non scende in campo può sentirsi esente da queste dinamiche, anzi. Il pubblico dà, il pubblico toglie, l’importante è non giocare con i sentimenti perché, in fondo, gli uomini passano, ma i tifosi restano sempre e comunque.

Matteo Zizola

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