Se non si può vincere allora meglio non perdere. Una costante della seconda parte di stagione in Serie B del Cagliari, una costante targata Claudio Ranieri. Meglio un punto strappato con i denti che rischiare lo zero in casella alzando la posta, questo il senso del tutto. Poi, però, capita a volte che la ricerca del pari e patta per portare a casa la pelle diventi controproducente. Che il classico episodio rovini un copione dal finale scritto. Chiedere a Radunovic, chiedere al Bologna che grazie all’errore del portiere ha messo nel cassetto una vittoria che appariva ormai lontana.
Questione di destra
C’è un però nel discorso generale che parte dal risultato. Perché a freddo, riavvolgendo il nastro della partita, i momenti raccontano un romanzo diverso. Fatto di diverse parti temporali: l’inizio della prima frazione fino alla mezz’ora, l’ultimo quarto d’ora del primo tempo, la ripresa fino al gol di Zirkzee per il pareggio, il breve lasso tra l’1-1 e il rigore fallito da Orsolini e, infine, l’ultimo spezzone fino alla rete della vittoria di Fabbian. E andando a guardare ogni capitolo della partita, ecco che proprio quando Ranieri ha alzato il tiro per far arretrare un Bologna che prendeva fiducia è arrivata la beffa. La tattica iniziale è stata chiara nella sua semplicità . Da una parte il possesso palla degli uomini di Thiago Motta, dall’altra la compattezza di quelli di Sir Claudio. Lasciata sfogare la verve dei felsinei, piano piano grazie al duo Petagna-Luvumbo e a un centrocampo che saliva di tono il Cagliari ha preso campo. Dopo il vantaggio ha messo dalla sua il dominio territoriale, mentre il Bologna iniziava una lunga fase – fino al gol di Zirkzee – fatta di frustrazione e possesso sterile. Il pareggio è stato un fulmine a ciel sereno da una parte, l’ennesima conferma di un problema visto già nelle precedenti occasioni dall’altra. Perché la difesa rossoblù ha un anello debole, un punto dolente sul quale lavorare e non poco. O meglio, la fase difensiva. La destra del Cagliari non governa e non fa opposizione, lo ha dimostrato Karlsson nella prima mezz’ora, lo ha confermato Kristiansen nella fase più complicata della ripresa. Non solo una questione di singoli – la coppia Zappa-Nández prima e Zappa-Di Pardo poi – ma proprio di gestione degli spazi. L’avvisaglia l’aveva data Karamoh a Torino, il seguito Dimarco alla Unipol Domus contro l’Inter, la conferma il Bologna nella sfida del Dall’Ara.
Apparenza e realtÃ
La contraddizione della prova del Cagliari è tutta nei cambi di Ranieri. Obbligati o quasi, ma soprattutto poco produttivi. Almeno quelli prima del rigore fallito da Orsolini. Se la prestazione di Shomurodov meriterebbe un discorso a parte – senza dimenticare alibi legittimi per l’uzbeko – e quella di Di Pardo una menzione speciale per la somma di ingenuità e deconcentrazione, una volta salvato il risultato dalla traversa del mancino subentrato a Ndoye l’allenatore rossoblù ha corretto – e bene – una situazione da apnea continua. Portando il Bologna ad avere paura sugli esterni difensivi, a proseguire con un possesso palla sterile senza linee di passaggio né centrali né laterali, ad accettare quasi il pareggio come logica conclusione. In un primo momento gli ingressi di Deiola, Azzi e Oristanio avevano dato l’idea che il 4-5-1 di Ranieri potesse essere di contenimento, ma a un’analisi più approfondita si è trattato di modificare la fase difensiva creando preoccupazione maggiore agli avversari piuttosto che limitarsi a subire chiudendo gli spazi. Posch a destra e Kristiansen a sinistra – che nella ripresa erano stati fino a quel momento spine nei fianchi rossoblù assieme ai colleghi di fascia più offensivi – hanno dovuto pensare più a proteggersi dai tentativi di Luvumbo e Oristanio che a creare nuovi problemi in attacco. L’occasione di Sulemana è stata una conseguenza, l’inoperatività  di Radunovic una conferma. La destra dunque non era più nota dolente, piuttosto l’assenza di un riferimento offensivo e della giusta tecnica tra le linee ha dato l’idea di una possibilità persa. Il resto lo hanno fatto il fallo di Shomurodov che ha regalato la punizione da tutti dentro al Bologna e la topica dell’estremo difensore serbo che ha regalato il tap-in a Fabbian. Episodi che però non devono e non possono pesare nell’analisi generale, per quanto sfortunati ed evitabili.
Una squadra giovane e inesperta per la categoria, con chi invece esperto lo è che paga un ritardo di condizione evidente o piccoli-grandi problemi fisici che depauperano la qualità generale della rosa. La pazienza come stella polare per un ambiente fin troppo abituato agli alti e bassi della squadra e che da questi appare influenzato nei giudizi sbilanciati, nel bene e nel male. Il Cagliari che ha raggiunto la Serie A non era una squadra perfetta, tutt’altro, e dimenticare che lo ha fatto da quinto nella regular season e all’ultimo secondo della finale playoff può dare adito ad aspettative oltre la realtà . La rivoluzione sul mercato – dieci innesti – non può essere giudicata, ancora una volta nel bene e nel male, dopo sole tre giornate. I valori, buoni o insufficienti che siano, saranno evidenti dopo quella decina di partite utili a cristallizzare filosofia e scelte. Infine chi manca o chi non viene utilizzato non può diventare la classica soluzione di tutti i mali, che sia Viola o il giovane Prati o chi per loro. Il tempo, spera Ranieri, sarà galantuomo. Senza nascondere la testa sotto la sabbia o i problemi sotto il tappeto, ma dando il beneficio del dubbio a un gruppo ancora in costruzione e che non ha nemmeno raggiunto la prima curva del lungo Gran Premio chiamato campionato.
Matteo Zizola














