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Cagliari | L’addio a Capozucca: un responsabile dietro tanti colpevoli

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L’ottovolante Cagliari non ha nessuna intenzione di fermarsi. Altro giro, altra corsa, altro addio, altra vittima sacrificale. L‘esonero di Stefano Capozucca, avvenuto nella giornata di ieri 26 ottobre, ha certificato l’ennesimo ribaltone in casa rossoblù. Una costante che si ripete di stagione in stagione, l’assenza di serenità come un obbligo da adempiere senza se e senza ma.

Viavai

Il direttore sportivo in Sardegna è un lavoro a tempo determinato. Il Cagliari come agenzia interinale che dà la carica e la toglie, fino alla prossima volta. Non esiste tranquillità, non esiste un progetto di lungo termine che tenga fermi uomini e posizioni. Marroccu, Capozucca, Rossi, Carli, Carta, ancora Capozucca, in attesa del prossimo. A deciderne le sorti il presidente Tommaso Giulini, deus ex machina che fa e disfa, lasciando le briciole all’uomo mercato di turno. Con decisioni improvvise, legittime ma incoerenti, spesso e volentieri contrastanti con le dichiarazioni ai microfoni di settimane o mesi prima. L’ormai ex direttore sportivo rossoblù è solo l’ultimo di una lunga serie di uomini sacrificati sull’altare del non si sa bene cosa. Senza eccezioni di sorta, perché anche allenatori e calciatori non possono essere esclusi dalla lista. Certo, ogni cambio è legittimo, anche giustificato dai risultati. Ma se un cambio arriva è perché qualcuno ha sbagliato a monte, nelle scelte e nella decisione di puntare su chi poi viene salutato improvvisamente. Quel qualcuno, inutile nasconderlo, resta il presidente Tommaso Giulini, vero e proprio artefice del destino del Cagliari. 

Vortice

C’è stato un momento nel quale tutto sembrava poter girare per il verso giusto. L’idillio dell’autunno del 2019, quando i rossoblù di Maran si issarono nelle zone alte della classifica di Serie A e finalmente serenità ed entusiasmo albergavano dalle parti di Assemini. Poi, improvvisamente, qualcosa si è rotto e il Cagliari è entrato nuovamente in un vortice negativo dal quale non è più uscito. In campo e fuori dal campo, ché poi i due aspetti sono tutt’altro che slegati. Sul prato verde, dal famoso Cagliari-Lazio del dicembre 2019, sono arrivate 56 sconfitte in 109 partite fermandosi solo alla Serie A e alla Serie B attuale, condite da 31 pareggi e solo 22 vittorie. Dietro le quinte sono arrivati problemi di ogni sorta con numerosi giocatori, chi più chi meno pronto a sparare a zero sul trattamento ricevuto una volta lontani dalla Sardegna. Allenatori che sono cambiati come cambiano le stagioni – climatiche e non sportive s’intende – e dirigenti che hanno vissuto lo stesso destino. Tranne alcuni casi, sia in campo che fuori, quelli degli yes-man che seguono Tommaso Giulini nel suo percorso a ostacoli che porta sempre al punto di partenza. Back to square one, si dice in inglese, e con l’esonero di Stefano Capozucca i rossoblù sono di nuovo punto e a capo. Pronti a riempire nuovamente quella parola ormai vuota chiamata progetto, senza che però vengano lasciate le chiavi in mano a chi sarà il prossimo artefice del bene o del male.

Interrogativi

Restano aperte tante, troppe domande. Che, probabilmente, non troveranno risposta. Partendo da quella che regna nelle ultime ore di questo ennesimo ribaltone rossoblù. Perché è stato allontanato Stefano Capozucca? Quali le sue colpe? Quali i suoi errori? Difficile capirlo, dopo un mercato fatto a immagine e somiglianza dell’allenatore, dopo epurazioni portate avanti non certamente come cavaliere solitario che ha deciso da solo di tagliare teste a destra e a sinistra, finendo per essere l’ultima vittima delle decapitazioni rossoblù. Dopo un ritorno voluto e promosso, dopo una salvezza non scontata e una retrocessione tutt’altro che prevista. Ma, soprattutto, dopo che per 611 giorni – questa la durata del Capozucca bis – l’ex direttore sportivo è stato mandato allo sbaraglio per giustificare scelte non proprie – parole sue – ed epurazioni eccellenti. Attenzione, Capozucca non è di certo esente da errori, com’è normale che sia dopo un periodo così complicato. Ma il quadro d’insieme della gestione di Tommaso Giulini dà quella che potrebbe essere una sentenza definitiva. Il vero errore è stato accettare di tornare sul luogo del delitto, quello che lo ha visto sedotto e abbandonato per la seconda volta. Un ambiente in cerca di serenità, un ambiente che fatica a trovarla, un’isola (in)felice che non rispecchia la propria storia. Ognuno è artefice del proprio destino, in attesa di capire chi sarà il prossimo responsabile da servire alla piazza pur di non affrontare la realtà dei fatti. Errare è umano, perseverare è diabolico.

Matteo Zizola

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