Il cuore ha ragioni che la ragione non conosce. Il Cagliari che ha pareggiato in extremis a Frosinone può correre il rischio di mischiare testa e sentimenti, senza capire nel profondo ciò che si cela dietro al risultato maturato contro la capolista. Perché da un lato c’è l’aspetto mentale, ma dall’altro restano aperte le questioni tecnico-tattiche che hanno portato al quarto pareggio consecutivo.
Tra testa e sentimenti
Il cuore è nelle parole di Gianluca Lapadula dopo la sfida del Benito Stirpe. “Sono sicuro che dopo questa partita arriverà la svolta, dopo questo pari abbiamo grande motivazione per fare bene e per tornare a vincere contro il Parma”. Dichiarazioni che mettono il focus sulla reazione della squadra, sul pazzo finale che ha portato un punto poco utile dal punto di vista della classifica, ma pesante da quello del morale. Così come il gol del possibile 3 a 2 segnato da Pavoletti e poi annullato dal VAR, nessun peso sul risultato finale, ma un segnale delle potenzialità della squadra non appena messa da parte la negatività. Una questione di testa, ma che diventerebbe inutile se i risultati del prossimo futuro non dovessero portare passi avanti sostanziali nei fatti. La ragione, quella che non può essere influenzata dagli eventi estemporanei e che deve guardare alla realtà. Perché il Cagliari che ha pareggiato contro il Frosinone ha sì dimostrato carattere, ma ha anche messo in mostra ancora una volta tutti i suoi limiti. Nonostante cambi tattici e di uomini, nonostante una prima mezz’ora positiva cancellata da un’ora successiva povera e mediocre. La ragione che fa ricordare come di fronte ai rossoblù di Liverani ci fosse una squadra che aveva sempre vinto in casa, senza mai subire gol, in testa alla graduatoria con cinque punti di vantaggio sulla Reggina seconda e ben tredici sul Cagliari ormai ben saldo nell’anonimato di metà classifica. Ma anche quella che fa guardare con un occhio la zona play-off, mentre l’altro non può dimenticare ciò che accade alle proprie spalle.
Ritorno al passato
È con la ragione che Fabio Liverani ha approcciato la sfida contro l’ex compagno ai tempi di Perugia Fabio Grosso. Fuori Altare e dentro Obert, dopo l’errore dell’ex Olbia che aveva portato al momentaneo vantaggio del Pisa alla Unipol Domus. Il solco della linea verde tracciato con la conferma di Carboni a sinistra, con Luvumbo a fare coppia con Lapadula, ma soprattutto con l’esordio stagionale in campionato di Christos Kourfalidis come trequartista atipico nel nuovo 4-3-1-2. Un ritorno al passato per il Cagliari e per il suo tecnico, un vestito tattico rimasto nell’armadio per lungo tempo, dal lontano marzo del 2020 quando contro la Roma in casa Maran si sedette per l’ultima volta sulla panchina rossoblù. Le risposte sono arrivate in parte, partendo dalle due punte che hanno permesso a Lapadula di essere meno solo contro la difesa avversaria, pur con i meccanismi ancora da oliare e un Luvumbo spesso portato a spostarsi sull’esterno quando la gara ha preso una piega negativa. Il centrocampo è rimasto più compatto nella prima mezz’ora positiva, poi sono tornati i problemi di un reparto fisicamente indietro nei singoli e rinfrancato soltanto dalla freschezza del giovane greco. È mancato il lampo del trequartista, Kourfalidis ha giocato sì una buona gara ma senza le caratteristiche per sostenere a dovere il duo d’attacco. Compattezza che ha portato comunque a un possesso palla meno sterile e più verticale, sempre restando ai trenta minuti iniziali. Una strada, quella del 4-3-1-2, che è apparsa quella ideale per il futuro, con il cuore che soverchia la ragione quando sul tavolo si pone la domanda del perché solo adesso, alla quattordicesima giornata, nonostante le difficoltà delle precedenti tredici invitassero a un ragionamento di questo tipo. E, soprattutto, le caratteristiche dei giocatori a disposizione allora e non oggi, visti i problemi fisici di chi come numero dieci avrebbe potuto – e potrebbe – fare la differenza.
Ok, il vestito è giusto
Il futuro dunque sembrerebbe orientato verso un nuovo Cagliari, rinfrancato nei sentimenti dal finale di Frosinone e nella ragione dalla prima mezz’ora contro i ciociari. La difesa a quattro unica vera certezza almeno nei numeri, perché poi nei singoli il discorso resta aperto. In attesa di recuperare Goldaniga, l’impostazione dal basso ha portato a scegliere Obert in luogo di Altare, ma mettere da parte il centrale bergamasco per troppo tempo sarebbe controproducente. Non solo per una mera questione di gestione mentale del giocatore, ma anche perché lo slovacco potrebbe tornare utile come terzino sinistro viste le difficoltà di Carboni in fase difensiva e un Barreca ancora lontano – eufemismo – dal poter essere un giocatore determinante come nella passata stagione a Lecce. Il rombo di centrocampo ha dato maggiore solidità e compattezza, sia in fase di non possesso che in quella di costruzione, ma ha pagato la condizione deficitaria di alcuni interpreti, Rog su tutti. Aprendo, di fatto, interrogativi sulle scelte future, tra il croato ancora lontano parente del giocatore pre infortuni, Nández confusionario e troppo solista, Viola a corrente alternata e Makoumbou che appena entrato ha confermato la parabola discendente alla voce efficacia. Kourfalidis diventa così l’uomo nuovo che potrà essere speso per compensare le difficoltà, in attesa che i logici proprietari del ruolo dietro le due punte possano tornare a disposizione. Perché il ruolo del numero 10 calza a pennello per Marco Mancosu e Filippo Falco, limitati – soprattutto il primo – da una posizione da esterni offensivi nel tridente che fu e troppo spesso lontani dal gioco. Discorso identico a quello di Gastón Pereiro, che con il nuovo vestito tattico potrebbe avvantaggiarsi sia come trequartista che come seconda punta di fianco a Lapadula. Senza dimenticare Leonardo Pavoletti, la cui speranza di trasformare il ballottaggio con l’italo-peruviano in una coppia di fatto potrebbe diventare realtà con il nuovo assetto pensato da Liverani. Unico a pagare sarebbe Millico, già comunque finito fuori dai radar nelle ultime settimane e destinato a perdere ulteriori posizioni senza l’utilizzo del 4-3-3 con le ali a piede invertito.
Matteo Zizola