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Cagliari-Godin: il lungo addio e l’impatto sull’immagine del club

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L’effetto boomerang è, per definizione, ottenere un risultato opposto rispetto a quello che si era preventivato. Esattamente come il boomerang che si lancia per vederlo tornare da dove è partito, così una dichiarazione può ritorcersi contro chi l’ha espressa.

Colpo ad effetto

Una storia nata sotto tutti altri auspici, una storia nella quale l’effetto boomerang è diventato il filo conduttore di ogni passaggio. Diego Godín e il Cagliari, ovvero dalla sorpresa per un affare prima impossibile poi diventato realtà, fino ad arrivare a un addio alla luce del sole che ha fatto e farà discutere. Non solo chi assiste a quella che è una vera e propria opera teatrale, a volte commedia e altre tragedia, ma soprattutto i protagonisti che non hanno lesinato parole su parole, accuse e stoccate, silenzi che diventano piccoli sospiri dal rumore profondo. Eppure non è passato nemmeno un anno e mezzo dalla presentazione in grande stile del Faraone in rossoblù. Godín, il presidente Giulini, il suocero del giocatore Pepe Herrera, tutti vicini all’allora Sardegna Arena riaperta per l’occasione nonostante il Covid.

Inversione a U

La pandemia è una delle tante contraddizioni della storia tra Godín e il Cagliari. Dopo una sola stagione tra bassi – con Di Francesco in panchina – a alti – una volta arrivato Semplici – ecco arrivare la bomba per bocca del direttore sportivo Stefano Capozucca. Il Faraone ha un ingaggio troppo pesante per le casse rossoblù, il Covid come ragione delle difficoltà economiche e Godín chiave per riuscire a fare un mercato degno di questo nome. Dimenticando che quando il numero due è arrivato in Sardegna il virus era ben presente e la sua fine tutt’altro che certa. Via il suo stipendio via i problemi, non fosse che il capitano della nazionale uruguaiana da quell’orecchio non ci sente. Il contratto è lì, nero su bianco, e nessuna delle possibili destinazioni unisce aspetto economico a campionato competitivo. Non la Dinamo Mosca, non il Beşiktaş, non il Talleres, mentre il sogno del ritorno in Liga – unica vera possibilità – diventa presto utopia.

Alti ingaggi e bassi rendimenti

Godín resta così nella rosa di Semplici prima e di Mazzarri poi. I trentacinque anni e i viaggi per le gare con la Celeste non aiutano le prestazioni sul campo, il Faraone è lontano parente di quello visto in maglia Atletico Madrid e più vicino a quello dell’Inter. Che poi, se si vuole, di per sé era un segnale di una parabola discendente già intrapresa. Il suo peso nello spogliatoio è importante, in un gruppo con cinque uruguaiani – lui compreso – e dall’alto della sua esperienza internazionale ad altissimi livelli. Tra ingaggio e malumori, tra prestazioni non all’altezza e problemi fisici, Godín passa da possibile idolo della piazza a una delle cause dei problemi del Cagliari. Ciò che sembrava essere stato messo da parte dopo l’estate torna prepotentemente con l’inverno. Godín sembra giocare solo per mancanza di alternative, quasi un incomodo che si attende solo di poter salutare.

All-in

E si arriva agli ultimi giorni, quelli che se esistesse una macchina del tempo appaiono come la fotocopia di quelli estivi. Con la differenza che gli inviti sono diventati imposizioni e che le parole a distanza si sono trasformate in discussioni accese nello spogliatoio. Capozucca dopo l’Udinese lancia la pietra, mostra la mano per poi ritrarla. Rispetto assente, maglia disonorata, accuse pesanti che ben presto diventano un boomerang mediatico di dimensioni mondiali. La mancata convocazione contro la Juventus toglie il velo da un vero e proprio segreto di Pulcinella. Ma Godín non è uno qualunque e, nonostante le prestazioni deficitarie, resta un’icona non solo uruguaiana. Recordman di presenze con la Celeste, idolo dei tifosi dell’Atletico Madrid, la sua professionalità mai messa in discussione né con la nazionale né con i club, compresa quell’Inter con la quale ha giocato poco ma sempre rispettando le scelte di Conte. Il tentativo di fare del Faraone il capro espiatorio è sembrato una mossa da all-in, ma senza avere un poker d’assi in mano. Perché, a livello internazionale, Godìn è un nome che fa rumore, quanto e più dei club dei quali ha vestito le maglie.

Penultimo atto

C’è infine un aspetto che non va dimenticato. Il Cagliari, per bocca di Capozucca, può parlare di Godín con toni accesi, ma Godín non può parlare del Cagliari. Perché è un dipendente e i nodi, per venire al pettine, dovranno essere sciolti solo dopo l’addio. Che sarà burrascoso, nonostante il sereno di quel rinnovo “per fare un favore al club” con tanto di “abbassamento dell’ingaggio“, come da dichiarazioni del Faraone. Godín non ci sta, non parla ma di fatto le poche risposte annunciano macigni pronti a essere lanciati verso Via Mameli. “Ci tengo a dire che né io né Caceres abbiamo mancato di rispetto al Cagliari. Lì c’è una situazione complicata“, questa la chiusura del Faraone ai colleghi uruguaiani di Sport 890. Con Godin che intanto ragiona anche sul futuro e su un possibile ritorno in Liga, non solo con l’Atletico Madrid ma anche al Valencia, come anticipato nelle scorse ore e come riportato nella giornata di oggi, 21 dicembre, anche dal quotidiano spagnolo Marca. Intanto il boomerang continua la propria corsa, ma prima o poi si fermerà. Se nella mano di Godín o in quella di Giulini lo dirà solo il futuro prossimo, quello che resta è una gestione mediatica che definire autogol sarebbe limitativo.

Matteo Zizola

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