Agire con velocità a costo di correre rischi può essere necessario quando si ha l’acqua alla gola. Al contrario, nelle serenità di un momento positivo, l’attesa diventa amica e la calma l’arma per rimettere tutto al proprio posto. Il Cagliari è stato spesso costretto ad accelerare i tempi, cercare il recupero di chi era fuori per infortunio il prima possibile, soluzione ai mali con sguardo al breve periodo a costo di pagare alla distanza. Il cambio di rotta, la stabilità di prestazioni, i risultati e la positività sono tutti elementi che aiutano anche ad avere pazienza e dare tempo al tempo.
Al centro
Al netto delle dichiarazioni utili per alzare l’asticella dell’ambizione, Claudio Ranieri fin dal suo ritorno in Sardegna sapeva che il secondo posto era traguardo complicato. L’obiettivo, concreto e al di fuori delle utopie, quello di rimettere le cose al proprio posto, riportare la nave su acque sicure e poi, al momento debito, provare a veleggiare verso il porto playoff con il vento in poppa. Costruire, con calma, formica più che cicala, quindi raccogliere i frutti nel momento caldo della stagione. La pazienza sembra aver pagato, le difficoltà iniziali del ripartire dalle basi – difesa e il resto si vedrà – hanno lasciato spazio a una rinnovata fiducia. E ora, con la calma di una classifica più sorridente e di una quadra trovata sia tatticamente che nei singoli, si può pensare all’inserimento graduale e senza fretta di chi è stato fermo ai box. L’esempio che racchiude il tutto è quello di Nicolas Viola, regista in pectore richiesto da Fabio Liverani la scorsa estate, arrivato in Sardegna con velleità di rivincita dopo l’esperienza poco felice di Bologna, e mai sceso in campo da quando Ranieri ha preso in mano il Cagliari. Un infortunio lungo, anche troppo, che stonava con la ricerca di un play e l’adattamento di Makoumbou in un ruolo che appariva poco congeniale. Partita dopo partita l’ex Maribor è cresciuto, con lui la squadra e così Viola ha potuto evitare pericolose accelerate sulla strada del recupero. E ora, con la stagione che entra nel rettilineo finale, il suo piede e le sue geometrie potranno essere determinanti, anche a gara in corso, anche solo come supporto momentaneo se non come quel pilastro atteso e mai visto per davvero. Così come determinante potrebbe diventare il rientro nelle rotazioni di Alessandro Deiola, per esperienza di momenti complicati e per appartenenza, ma non solo. Gli inserimenti nell’area nemica, il rapporto con il gol – quattro nella passata stagione, quasi tutti decisivi – e la fisicità utili per dare gamba e freschezza a una mediana tirata nuovamente a lucido, ma dal fiato corto.
Dalla carta alla realtà
Se alla fine del campionato fossero mancate una manciata di partite, forse Marko Rog avrebbe spinto per un ritorno anticipato. Un po’ come nella passata stagione, quando con la salvezza da conquistare il croato buttò il cuore oltre l’ostacolo per provare a dare una mano senza riuscire nell’intento. Un rischio calcolato, che non è però necessario correre ora che chi lo ha sostituito ha dato sufficienti garanzie. E per un giocatore che con gli infortuni è andato a braccetto nelle ultime stagioni, la premura non è mai troppa. Ora che però il gioco inizierà a farsi duro, avere dalla propria parte un Rog tirato a lucido, rimesso in sesto con giudizio insomma, potrebbe diventare dettaglio non di poco conto. Perché con i cinque cambi, lo ha insegnato anche il pareggio contro il Sudtirol, avere diverse soluzioni e poter ruotare maggiormente gli interpreti può fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta. E se tra questi c’è un centrocampista di corsa e qualità – anche se non quelle dei tempi migliori pre infortuni – Ranieri non può che esserne felice. Un discorso che vale anche per Filippo Falco, altro elemento che portava con sé l’etichetta di lusso per la categoria e che, al contrario, è stato più fuori che dentro dal progetto. Problemi fisici, una forma che una volta sul punto di arrivare lo ha visto dover ripartire da zero, e quel sinistro ora finalmente pronto a tornare utile sia con tiri da fuori – caratteristica che manca alla squadra – sia sui calci da fermo. E il dribbling, altra componente non da poco adesso che le avversarie temono il Cagliari e aprire spazi chiusi è diventata la norma. Ranieri ha già provato la carta Falco nel finale contro il Sudtirol, carta che potrebbe essere il classico asso nella manica da qui alla fine del campionato e nella probabile coda chiamata playoff.
Numero 30
Sacrificio come parola d’ordine, un acquisto nato come comprimario da utilizzare all’occorrenza e diventato titolare causa assenze. Nik Prelec ha saltato la fila, improvvisamente buttato nella mischia dalla porta principale. Prestazioni che difettano dal punto di vista realizzativo, ma che allo stesso tempo hanno aiutato Lapadula a crescere. E, aspetto non da poco, dato modo a Pavoletti di prendersi il proprio tempo. Calma e sangue freddo, il livornese lavora per il rientro nel momento topico. Il gol contro il Como alla prima di Ranieri un’illusione, il cameo contro il Genoa forse troppo anticipato rispetto alla tabella di marcia. La pazienza resta la chiave anche per Pavoloso, sia lui che l’allenatore rossoblù fremono per ricostruire la coppia d’attacco con Lapadula pensata fin dal ritorno del tecnico in Sardegna. Un’arma importante da tirare a lucido per gli scontri da dentro o fuori che attenderanno il Cagliari d’ora in avanti, soprattutto quelli decisivi per la caccia alla promozione via playoff. Riportando Prelec all’apprendistato calmo necessario e soprattutto dando ai tanti cross un destinatario letale sul gioco aereo. Perché è vero che la pazienza è aspetto positivo ora che la nave ha intrapreso la rotta corretta, ma lo è altrettanto che prima o poi il ritorno di chi è rimasto ai box a lungo sarà necessario e doveroso.
Matteo Zizola