Non chiamatela cura Semplici, anche se lo è stata. Il tecnico toscano ha preso un progetto malato, che rischiava l’autolesionismo e lo ha risanato, trovando una salvezza con il Cagliari che a un certo punto della stagione in pochissimi avrebbero pronosticato. Basarsi solo su questo aspetto, dell’uomo che sale al comando e porta la nave dalla tempesta al porto sicuro, però sarebbe riduttivo nei confronti di Semplici.
Costruttore
L’allenatore fiorentino non è solo un prodigioso traghettatore ma in questi mesi in Sardegna ha dimostrato tra le sue abilità quella di saper potare anzitempo le problematiche ataviche di un gruppo in riserva da ben prima dell’arrivo estivo di Di Francesco. Quei “gruppetti” citati dopo il Milan che ormai da più di una stagione stavano condizionando il rendimento in campo dei rossoblù. Un Cagliari così unito, coeso e identitario come quello ammirato a San Siro contro il Milan probabilmente non lo si vedeva dal periodo d’oro dell’epoca Maran, con le famose tredici partite utili che fecero sognare un posto in Europa. E Semplici, dopo aver visto il baratro nella sconfitta contro il Verona, è stato abilissimo a rivoltare la squadra per centrare l’impresa. L’impressione è che questa salvezza con il Cagliari e le precedenti con la Spal abbiamo un po’ distolto l’attenzione dalla figura del Semplici allenatore. L’ex difensore, del Sorso tra le altre, non è solo capace nel curare il malato ma è anche bravissimo nel creare un progetto da inizio anno. Agli inizi di carriera in panchina portò il Sangimignano in Serie D dall’Eccellenza, poi prese sempre in Eccellenza il Figline e lo porto fino alla Lega Pro Prima Divisione grazie a tre promozioni. E dalla Serie C con due promozioni portò la Spal in Serie A, 49 anni dopo l’ultima volta.
Punti di vista
Insomma, la carriera di Semplici è un continuo punto di vista. Da un lato i titoli per le imprese salvezza ma dall’altro anche i tanti progetti vincenti alle spalle. E una questione di punti di vista sarà anche il suo destino sulla panchina rossoblù. Uno strappo c’è stato dopo Verona, uno scossone, non solo con i giocatori ma anche con la dirigenza. Non per forza però le spalle al muro e i toni forti sono distruttivi, come insegnano i filosofi il dialogo è il miglior collante per ogni tipo di nuova costruzione. Bisognerà capire se nel colloquio che ci sarà nelle prossime ore, già annunciato da Semplici, con Capozucca e Giulini le parti decideranno di sedersi dalla stessa parte e avere lo stesso punto di vista. Ci sono gli obiettivi da dichiarare, la costruzione di una nuova rosa da fare e una visione di crescita del Cagliari nel suo insieme da condividere. L’impressione è che quelli di Giulini e Semplici siano due caratteri molto forti, che possono sposarsi bene ma vivere anche momenti di grande pathos. Non va poi dimenticata la questione contratto. Semplici è arrivato in Sardegna firmando un accordo fino al 2022 ma con i condizionali di una salvezza da centrare. Ora che l’obiettivo è in tasca la formula dell’accordo andrà sicuramente rivista anche per dare solidità, qualora si vorrà, al nuovo progetto. Una cosa è certa, in questo dialogo l’impresa salvezza sposta il coltello dalla parte del manico del tecnico toscano. La rincorsa per la A fatta in questi mesi in Sardegna non passerà inosservata fuori dall’isola e le pretendenti in caso di mancato accordo con il Cagliari non mancheranno. Insomma, forse per la prima volta dopo tanto tempo il Cagliari per la creazione di una nuova stagione dovrà partire iniziando ad ascoltare le volontà di una figura terza. Con le pressioni della piazza, innamorata di Semplici, che potrebbero avere un determinato peso sulle decisioni. Questo è il contesto generale, la domanda è: ci sono le condizioni per fare “un matrimonio con entrambe le parti”? Per citare ancora Semplici.
Roberto Pinna