La nuova rubrica irriverente di Centotrentuno.com, rigorosamente al femminile.
Esiste una strana sindrome, che colpisce chi lavora nei luxury shop, che sarebbero i negozi stilosi che vendono oggetti di lusso. Questa sindrome si chiama l’atteggio.
Non importa dove tu sia, se in una grande metropoli o in una piccola città, in un aeroporto o o in un grande magazzino: appena varchi la soglia del negozio o dello spazio dove è adibito il luxury shop, le addette o addetti alle vendite ti appaiono, per le loro movenze ed espressioni facciali – insomma per le arie che si danno – come se si sentissero designate a stare lì per incarico divino. Se non sei cliente abituale e osi entrare per guardare, ti fulminano come Anna Wintour, guru della moda mondiale, guarderebbe un’aspirante influencer senza seguito, che osi violare il tempio di Vogue America.
L’ambiente glamour, profumato ed illuminato con tonalità di luce extrafredda come chi ci lavora, ti fa sentire come una che è capitata lì dentro per sbaglio. E, davvero: in quel momento ti sfiora il pensiero che sia stato veramente uno sbaglio. Ti guardano come se capissero subito che guardando un capo potresti – addirittura – chiedere il prezzo. Affrontu leggiu! Come se nello shopping luxury domandare, ragionare sul costo di un acquisto fosse un sacrilegio al luogo e unìoffesa a loro, manco fossero parenti in linea retta con lo stilista della maison del capo di abbigliamento in questione. Quindi, per non correre il rischio di fare il remake di Pretty Woman (quando Julia Roberts tenta di fare il suo primo shopping da Signora nei negozi di lusso hollywoodiani), ecco tre regole da seguire attentamente:
- Non osare entrare con outfit banali: il giusto basic must potrebbe essere un pantalone di pelle aderente portato con tacco dodici seducente, camicia di seta con piumino e gilet sopra di pelliccia ecologica (tutto rigorosamente firmato). È ammesso anche un casual look: tuta da ginnastica o pantacollant griffati infilati dentro comodi stivali pelosi di brand famosi, fasciona nei capelli (tipo turbante) con viso stuccato, ma ancora gonfio, livido o arrossato che dimostri che sei appena uscita da una seduta del tuo settimanale trattamento estetico.
- Dimostrare immediato interesse per i must have di stagione, cioè per i capi di gran moda del momento. Pazienza se con i soldi che ti servirebbero per acquistarli potresti estinguere il mutuo del garage e se non ti è ben chiaro dove li potresti indossare, dato che a cappotto di peli di struzzo rosa e cappello a tese larghe ti sentiresti un po’ a disagio (o quanto meno osservata) in via Garibaldi. Devi ugualmente mostrarti adorante nei confronti di qualsiasi cosa ti propongano, altrimenti sei out dal gotha modaiolo mondiale.
- Non stupirsi MAI per il prezzo: una volta scelto il capo, camminate disinvolte con passo spedito verso la cassa e, mentre la commessa digita il totale, volteggiate la mano che tiene la carta di credito, parlando distrattamente con l’amica al proprio fianco, come se quello fosse uno dei tanti normali acquisti della giornata.
Dopo aver descritto i lasciapassare per il sontuoso mondo glamour, permettetemi una piccola riflessione tra il serio e il faceto. All’interno di una logica di comunicazione commerciale, a parte mostrare il valore estetico del capo da vendere e tutte le sue caratteristiche che testimoniano l’altissima qualità, rifletterei sul fatto che spesso quell’oggetto costa quanto lo stipendio della commessa che te lo sta proponendo. Non sarebbe meno professionale da parte loro, mostrare una certa empatia per chi vuol sentirsi a suo agio in un ambiente dove, forse, è la prima volta nella sua vita che riesce ad entrare per comprare l’oggetto del suo desiderio.
Senza contare che alcuni fanno delle scelte: una di queste potrebbe essere quella di fare degli acquisti oculati o riflettere sul costo di ognuno, nonostante il conto in banca ad otto zeri.
Vera Martellina