Dire “no” non è semplice, soprattutto quando la Juventus chiama e dietro al telefono c’è un certo signore chiamato Boniperti. Questa è una della tematiche affrontate nell’intervista del Corriere della Sera da Pietro Paolo Virdis, storico attaccante del Cagliari. Oltre ad aver vestito la maglia rossoblù, ha indossato anche quella dell’Udinese e del Milan ai tempi di Zico e Van Basten. Dopo una breve carriera da allenatore, si è allontanato dai campi e al momento gestisce insieme alla moglie Claudia, un’enoteca a Milano. Vi proponiamo alcuni stralci della sua intervista.
Il no alla Juve
“Dovetti accettare di trasferirmi a Torino – ha raccontato il bomber di Sindia al giornalista Giorgio Terruzzi – venivo da una mancata promozione in serie A e desideravo riportare in alto quella squadra. Avevo vent’anni ed era il mio sogno, alimentato anche da quanto aveva fatto Riva. Avrei voluto emularlo. Ma Gigi Riva era Gigi Riva, io ero un giovane che si affacciava sul palcoscenico e a un certo punto dovetti cedere. Non mi trovavo nella condizione di rifiutare e temevo di dover smettere di giocare. Forse avvertivo che avrei avuto qualche difficoltà nella Juve, anche se il mio non era un no diretto a quella squadra, era semplicemente un sì al Cagliari. Mi sarei comportato allo steso modo dovendo partire per Milano o Bologna. Pentito: all’inizio certamente, vennero anni difficili. Ma pensandoci oggi credo di aver fatto bene. Il tempo cambia le lenti con le quali guardi il mondo, ti guardi addosso.”
La nazionale
“Forse non ho mai colto il momento giusto per farne parte. C’è sempre stato qualche grande attaccante che ha occupato il ruolo, chiudendomi la porta d’accesso. Significa che magari non ero destinato o che non sono riuscito ad esprimermi al meglio nei momenti decisivi per indossare la maglia azzurra. Non ho responsabilità da distribuire a qualcuno. È andata così.”
Il rapporto con gli allenatori
“Il compito principale di un allenatore? Fare sì che ogni atleta renda al massimo. Magari basta un esercizio mirato, specifico. Oppure una frase, due parole pronunciate poco prima della partita. In questo era bravissimo Gigi Radice: sapeva trovare un tocco, il discorso perfetto per darti la carica. Ho ricordi preziosi di Nils Liedholm, di Mario Tiddia che mi accolse a Cagliari nell’80 quando chiesi a Boniperti, presidente della Juve, di farmi tornare nella mia vecchia squadra per ritrovare una sicurezza che credevo perduta. Tiddia fu fantastico, seppe guidarmi senza affrettare, senza forzare, ripristinando una condizione mentale perfetta. Tornai alla Juve l’anno successivo e vincemmo il campionato.”
La Redazione














