“I tifosi devono stare vicini a tutti, il Cagliari va salvaguardato. I colori vanno preservati come una reliquia. Al di là degli allenatori o dei giocatori che verranno. Anche noi abbiamo preso dei giocatori che hanno reso di più e altri che hanno reso di meno. Io lascio una squadra e una società che ha fatto degli errori ma che da questi ha fatto tesoro e ora vuole crescere. Io ho chiesto ai tifosi di stare sempre vicini a questa squadra”. È uno dei passaggi più importanti dell’ultima conferenza stampa di Claudio Ranieri da allenatore del Cagliari, arrivata dopo il controverso 2-3 dell’Unipol Domus contro la Fiorentina. Parole pesanti come macigni, quelle pronunciate dal tecnico di Testaccio, quasi un monito nei confronti della piazza cagliaritana per un futuro che nasce oggi, venerdì 24 maggio 2024.
Claudio il Riparatore
Sono tante le paure dell’ambiente dopo l’addio di Ranieri, più che legittime. Il merito più rilevante del lavoro dell’ormai ex allenatore rossoblù, al di là dei risultati, è stato quello di unire le varie parti in gioco: squadra, società, tifosi e persino la stampa. Solo a Claudio Ranieri sarebbero potute essere perdonate alcune scelte poco convincenti e alcuni risultati deludenti: così è stato, lo ha ammesso pure lo stesso presidente rossoblù Tommaso Giulini dopo aver raggiunto la salvezza a Reggio Emilia. “Quante volte ho avuto dubbi in stagione su Ranieri? Ho sempre pensato che questa squadra potesse salvarla solo lui, ma subentrare a lui…io spero che non smetta anche per questo, perché non vorrei essere nei panni di colui che gli dovesse subentrare. Certo, probabilmente con un altro allenatore nei momenti più bui un pensiero a un cambio ci sarebbe stato….”, ha detto il patron in risposta alla nostra domanda. Un pensiero condivisibile, dato che Ranieri ha portato a casa tutte le missioni che gli sono state assegnate: promozione incredibile in Serie A, con un finale di stagione epico (nel senso antico e autentico della parola) con il gol di Pavoletti sotto il diluvio di Bari e salvezza, altrettanto complicata, conquistata insieme a un gruppo forse tecnicamente non eccezionale ma che ha saputo compattarsi al momento opportuno. Come avvenne nel 1990-91, quando nel girone di ritorno il Cagliari mostrò a tutti un grande cuore e una forte unità interna, tratti distintivi del Ranieri pensiero. Soprattutto questo aspetto andrà curato a partire da oggi, specie dopo lo striscione e i fischi riservati dalla curva Nord a Giulini al momento della consegna a Sir Claudio di un trofeo marchiato Cagliari. Il tecnico ha mediato a lungo con la parte più calda del tifo rossoblù, che non a caso negli ultimi giorni gli ha tributato un saluto e un omaggio degni di Cesare. Per usare una metafora con la storia romana, lo si potrebbe definire “Claudio il Riparatore”, ma nel senso più nobile del termine: colui che ha saputo rimettere insieme i cocci di una piazza depressa e sull’orlo del baratro, riportando entusiasmo e voglia di sostenere i colori rossoblù.
Entusiasmo
Anche per questo Claudio Ranieri avrà per sempre un altro merito: l’aver riportato, dopo tanti anni, il Cagliari e i suoi tifosi a essere felici e orgogliosi del percorso fatto. Con lui si è potuta rivivere la dimensione della festa, della condivisione di un traguardo raggiunto con fatica, il valore del sacrificio e del lavoro. I tifosi rossoblù si sono totalmente affidati a lui per tornare a sperare, esattamente come successe nell’estate del 1988 quando l’intuizione di Carmine Longo e Tonino Orrù lo portarono per la prima volta in Sardegna. Oggi come allora Ranieri ha puntato su praticità e voglia di riscatto di una squadra dal blasone importante ma in una fase storica complicata. La festa di Bari si è aggiunta a quella di Reggio Emilia, con il tecnico romano portato in trionfo dai suoi giocatori come a voler sottolineare che “il merito è di questo Signore”. Sì, Signore con la S maiuscola e che nessuno ci accusi di blasfemia. Le belle parole per i colleghi, le coccole per i suoi ragazzi, i costanti ringraziamenti a una tifoseria chiamata a “soffiare dietro” per aiutarlo a portare a termine la sua missione. Un uomo d’altri tempi, per tanti motivi. Un oratore tutt’altro che logorroico, anzi, ma sempre con le parole giuste a disposizione quando ha voluto lanciare i suoi messaggi. Oppure pronto a usare “l’allenatorese”, ovvero quella lingua ormai codificata di frasi fatte e risposte banali spesso unica arma di difesa dei suoi colleghi: Ranieri lo ha utilizzato soltanto quando non voleva o poteva dare le risposte “sincere” che magari giornalisti e tifosi si aspettavano. In questo anno e mezzo il suo utilizzo di metafore per spiegare meglio concetti complessi ha arricchito di aneddoti le conferenze stampa pre e post partita. Su tutte l’uso del termine “libecciate“, concetto ribadito fino alla fine. Il Ranieri guascone quando il momento lo permetteva, il Ranieri serioso se invece la situazione era tutt’altro che facile: lo abbiamo visto in tutte le sue versioni, signore e professionista fino alla fine anche quando in conferenza stampa eravamo soltanto in tre, lui insieme a due giornalisti. Un altro allenatore (specie tra quelli passati di recente…) avrebbe potuto lecitamente negarsi, invece lui non ha cambiato programma per rispetto dei giornalisti e delle migliaia di tifosi pronti a seguire la conferenza su YouTube. E anche quando sui social montavano le prime critiche alle sue scelte, ai risultati negativi e al rendimento generale del suo Cagliari Ranieri ha sempre tirato dritto: “I cavalli si vedono all’arrivo”, ha ripetuto in diverse occasioni. E, puntualmente, ha avuto ragione. Come sempre.
Cosa lascia
Cosa sarà ora del Cagliari, senza le larghe spalle di Claudio Ranieri a fare da scudo a tutto l’ambiente? L’eredità del tecnico romano sarà pesantissima per chiunque arrivi al suo posto, a prescindere da nome, esperienza e curriculum. Nel 1991 Massimo Giacomini durò soltanto sei giornate sulla panchina rossoblù, affossato dal paragone con colui che in tre anni centrò due promozioni dalla C alla A, con tanto di Coppa Italia di Serie C in allegato. Non a caso per sostituire Giacomini arrivò un tecnico “con gli attributi” come Carletto Mazzone, altro maestro di pragmatismo e intensità. Da allora sono passati ben trentatré anni e anche in questa circostanza, dopo l’addio – stavolta definitivo – di Ranieri, sbagliare scelta sarebbe un grosso problema per la piazza cagliaritana. Perché puntare su un profilo sbagliato vorrebbe dire andare a ledere quanto di buono ricostruito da Sir Claudio, a partire dall’umore e dalla voglia di riempire la Unipol Domus. Il sold-out praticamente garantito a ogni gara interna – con la corsa agli abbonamenti nell’estate 2023 – e la potenza di uno stadio tornato nuovamente arma a proprio favore (e non ulteriore ostacolo, come accaduto prima del Ranieri-bis) sono stati uno dei segreti della risalita rossoblù dalle paludi della Serie B fino alla salvezza. Non disperdere questo patrimonio sarà una delle prime sfide della nuova stagione per Tommaso Giulini e i suoi dirigenti, chiamati a far tesoro dei diciotto mesi con Ranieri in panchina. Per far sì che quanto seminato da “Ranieri il Riparatore” possa davvero portare frutto in casa Cagliari, per programmare e realizzare un futuro capace di regalare soddisfazioni a tutta la tifoseria rossoblù.
Francesco Aresu