Un’altra immagine che non avresti voluto vedere, una delle tante purtroppo che si aggiungono alla collezione degli orrori di una carriera che tutti avevano pronosticato ed è stata per alcuni anni scintillante. Le immagini riprese dalla Moto 4 della regia francese del Tour de France sono quelle che ti rimangono impresse, Fabio Aru solo, in difficoltà, con solo la “Voiture Balai” (o la Scopa se preferite) incalzante alle sue spalle quasi a volerlo spingere al ritiro.
Un quadretto di cui avremmo voluto fare a meno che si va ad aggiungere alla crisi del Tour 2016, agli infortuni, a quella caduta alla Vuelta 2018 e a quell’operazione all’arteria iliaca che ne aveva (o ne ha, solo un chirurgo potrebbe toglierci questo dubbio) compromesso le prestazioni recenti. Alla fine è arrivato un altro ritiro da una grande corsa a tappe per il villacidrese, passato dai grandi sorrisi di inizio in Colombia (dove la pressione era meno e il calore della gente palpabile) a una sfinge di dolore in un’umida giornata settembrina francese.
Si poteva cambiare – Dopo una tutto sommato buona ripartenza, le avvisaglie parevano chiare al Giro di Lombardia con Aru staccato sulla prima vera difficoltà sul Ghisallo e poi ritirato: “Una giornataccia”– il suo commento nella conferenza stampa pre-Tour de France, ma la condizione vista in queste prime 9 tappe forse lo rendevano un campanello d’allarme da ascoltare. Sarebbe forse servito un semplice, ma perentorio no da parte della squadra per far cambiare idea al testardo (come del resto lo sono tutti i buoni sardi) trentenne. Sarebbe bastato cambiare i piani perché il Tour troppo importante per non sfruttare al meglio i 7 uomini accanto a un anche oggi meraviglioso Tadej Pogaçar. Magari ripartire dalla Tirreno-Adriatico e poi il Giro d’Italia, una ripartenza più soft dopo i problemi de Il Lombardia, invece no. Aru, non si sa bene per colpa sua o delle scelte della squadra, è di nuovo lì, “Crocifisso in sala mensa”, per usare un’immagine fantozziana.
E ora? – “Il mio futuro? Beh adesso non ci penso. La botta è ancora troppo calda”- così il villacidrese qualche ora dopo l’amara conclusione della giornata sui Pirenei. Un rinnovo col Team UAE Emirates (viste anche le parole di Saronni) pare ormai lontanissimo, un’utopia. Ripartire, ridimensionarsi, fermarsi: così si possono riassumere le scelte per il ciclista trentenne. Si potrebbe cercare l’ennesima ripartenza in una squadra di basso World Tour alla ricerca di un capitano (Cofidis? Ag2r vista la partenza di Bardet?) o prima stella in una Professional, magari italiana col Principe Gianni Savio, numero 1 dell’Androni, che non ha mai nascosto un suo apprezzamento per lo scalatore isolano. Oppure mettersi definitivamente al servizio di capitani, svestire completamente i panni del capoclan e vestire quello del gregario di lusso: un ruolo che potrebbe stuzzicare qualche squadra del World Tour, come per esempio un’ambiziosa Israel Start Up Nation alla ricerca di uomini di esperienza da affiancare a Chris Froome o un’affascinante ritorno alla corte di Vincenzo Nibali alla TREK. Tutte opzioni plausibili, ma non è da escludere quella del ritiro: tanto tempo lontano dalla famiglia, un triennio devastante dal punto di vista dei risultati e il peso dei sacrifici fatti in una quindicina di anni lontano da casa potrebbero far dire basta anche al più testardo dei sardi. Sarà in ogni caso una decisione difficile da prendere, buona fortuna Cavaliere dei Quattro Mori.
Matteo Porcu