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Torres: il tempo delle decisioni forti per salvare un progetto mai davvero partito

Stefano Udassi e Pierluigi Pinna | Foto Alessandro Sanna
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Questa Torres è ingiustificabile. Non tanto o non solo per le difficoltà avute in questa prima parte di stagione, che potevano anche essere messe in conto nell’anno della rivoluzione (diventata per ora ridimensionamento), quanto per atteggiamento e prestazioni messe in campo nella maggior parte delle partite disputate fin qui.

Tempo delle scelte forti
Il tecnico Michele Pazienza è vicinissimo all’esonero con il club che da subito dopo la sconfitta contro il Forlì sta ragionando sul futuro, vagliando anche le possibili alternative presenti su piazza. È il tempo non solo delle riflessioni accurate ma anche delle scelte forti per una dirigenza che in passato ha tentennato quando c’è stato da prendere delle decisioni nette. Anche se va detto che per bontà di progetti costruiti in questi anni, escluso quello in corso, mai si era ritrovata in una situazione così difficile dal ritorno in Serie C, nemmeno il primo anno dopo il ripescaggio quando prese la decisione di esonerare Alfonso Greco messo meglio in classifica rispetto a questa formazione attuale. Un Pazienza che, come sempre accade nel calcio quando le cose non vanno bene per un allenatore, non può essere esente da colpe, anzi. La sua Torres non ha un’identità riconoscibile, sia parlando di gioco che di carattere messo in campo. E alcune scelte recenti sanno ancora tanto di esperimenti alla ricerca di un qualcosa, una scintilla, una piccola certezza, che la sua squadra ha trovato solo in rarissime occasioni in queste prime undici uscite ufficiali tra campionato e Coppa Italia di categoria.

Programmazione non perfetta
Detto del mister anche alcune scelte nella costruzione di questa rosa dopo ormai un quarto di stagione regolare messo alle spalle lasciano dei dubbi. Sulla corsia mancina la Torres è troppo scoperta e alcuni calciatori che sono arrivati o sono giovani che hanno bisogno ancora di tanto tempo o sono giocatori di categoria che però arrivavano da stagioni non semplici e che stanno faticando non poco. Un contesto che invece che premiare la lenta costruzione di un nuovo ciclo ha portato alla regressione di alcuni punti fermi, basti vedere le prestazioni recenti di Mercadante, Fabriani, Zecca o Brentan, solo per citarne alcuni. Tra centrocampo e trequarti invece Pazienza, complice anche la lunga assenza di un imprescindibile come Mastinu (il suo rientro è l’unica nota lieta della serata stonata con il Forlì), ha più colpe. I giocatori di piede e lotta ci sono ma non girando la squadra anche il motore rossoblù nel mezzo ha spesso stentato. E attenzione a capire se Pazienza sarà l’unico a pagare la situazione attuale, con anche il direttore sportivo Andrea Colombino che potrebbe finire nell’occhio del ciclone per la costruzione del progetto tecnico. Soprattutto perché nel calcio a pagare dopo l’allenatore quando le cose non girano è quasi sempre anche il diesse.

Testa
Al di là di quello che sarà di Pazienza non basterà un colpo di spugna in panchina per cancellare un inizio horror di campionato. Ai calciatori va chiesto in campo un altro atteggiamento e non è un caso che a fine gara nella contestazione sotto la curva i tifosi abbiano scandito bene il coro “onorate la nostra maglia”. Sufficienza e pressappochismo hanno accompagnato troppo volte in stagione una Torres che spesso si è fatta male anche con errori grossolani dei singoli. E il ringiovanimento della rosa o i tanti cambi fatti in estate non possono essere un alibi all’infinito. Serve prendersi ognuno le proprie responsabilità. E dire che il nuovo progetto ha avuto il tempo necessario senza subire troppe pressioni. Né da parte della stampa né da parte della piazza, con i tifosi che hanno iniziato a rischiare i calciatori solo nelle ultime due sconfitte interne. In altre città, come Avellino o Benevento per menzionarne due che Pazienza conosce, club, ambiente e addetti ai lavori non avrebbero mai lasciato tutto questo tempo a un nuovo progetto, specie dopo un secondo e terzo posto. Considerata anche la voglia di ambizione, spesso anche bulimica, che ha dimostrato Sassari nel pallone in tempi recenti.

Futuro
L’impressione è che con una scossa forte questa squadra abbia le potenzialità, minime, per salvarsi. Che è l’unico obiettivo al momento da mettersi in testa. Anche perché la Serie C negli ultimi anni ha dimostrato cosa succede alle squadre partite con altre ambizioni di classifica e poi finite nelle sabbie mobili della zona retrocessione. Bisogna essere bravi a fare lo switch mentale sia degli obiettivi che della fame da mettere in ogni gara. Aspetto semplice da dire a parole e più complicato da mettere in pratica sul campo. Il livello molto verso il basso di questo girone, rispetto alle annate precedenti, può essere anche una difficoltà in più perché di partite scontate non ce ne sono. Gennaio è ancora lontano ma in caso di difficoltà di reazione anche la proprietà sul mercato dovrà mandare un segnale, provando a fare uno sforzo economico (pur tenendo come priorità i bilanci) per fare una nuova piccola rivoluzione se sarà necessaria. Anche perché guardandosi intorno, da Perugia a Livorno, le attuali dirette avversarie, con pur tutti i problemi interni del caso, quasi sicuramente lo faranno. Insomma, al momento c’è una Torres ingiustificabile, la speranza a fine stagione è quella di raccontare di una squadra che ha saputo reagire da grande e con orgoglio è venuta fuori da uno dei suoi momenti recenti più difficili.

Roberto Pinna

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