Da Cagliari a Piacenza, abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchere con Federico Arba, terzino classe 2005, che ci ha raccontato il suo percorso calcistico: dall’ingresso nel settore giovanile del Cagliari con Idrissi, passando per la vittoria della Coppa Italia Primavera, fino all’esperienza attuale con il Piacenza.
Federico, iniziamo questa intervista partendo dall’inizio: ci racconti il tuo percorso calcistico, dagli esordi fino ad oggi?
“Sono entrato nel Cagliari a 12 anni, iniziando il mio percorso nell’Under 13. Da lì ho fatto tutta la trafila del settore giovanile, passo dopo passo, fino ad arrivare in Primavera. Sono stati anni fondamentali per la mia crescita, che mi hanno permesso di maturare sia dal punto di vista calcistico che personale. Con la Primavera ho disputato tre stagioni consecutive. Dopo l’esperienza con l’Under 17, infatti, sono stato inserito direttamente nel gruppo della Primavera, senza passare dall’Under 18. È stato un salto importante, che mi ha permesso di confrontarmi da subito con un livello più alto e di accelerare il mio percorso”.
In Primavera hai avuto due allenatori Filippi e Pisacane. Che differenze hai trovato tra loro e che impatto hanno avuto sul tuo percorso?
“Sono due allenatori molto diversi tra loro. Con mister Filippi, sinceramente, non si è creata subito l’alchimia giusta: il gruppo non si è mai formato davvero dopo il suo arrivo e questo si rifletteva anche nei risultati. All’inizio le cose andavano discretamente bene, ma con il passare del tempo sono peggiorate, complice forse anche la lunga sosta per i Mondiali di quell’anno. Insomma, non funzionava più come prima e alla fine c’è stato il cambio. È arrivato mister Pisacane, che io stimo molto anche dal punto di vista personale. Da subito mi ha dato fiducia, mi ha fatto giocare con continuità e per questo gli sarò sempre grato. Con lui i risultati hanno cominciato a girare: quell’anno siamo riusciti a conquistare una salvezza storica, perché eravamo messi davvero male. Da quando è arrivato abbiamo perso pochissime partite, due o tre al massimo, e ci siamo salvati all’ultima giornata contro il Frosinone. Da lì è stato riconfermato e nelle stagioni successive abbiamo fatto benissimo. Nel suo primo vero anno completo da allenatore siamo arrivati a un passo dai play-off, mancandoli per un solo punto. L’anno scorso invece siamo arrivati a pari punti con il Milan, ma per via degli scontri diretti ai play-off sono andati i rossoneri. Nonostante questo, abbiamo comunque coronato la stagione con una grandissima soddisfazione: la vittoria della Coppa Italia”.
Lo scorso anno il Cagliari Primavera ha disputato un campionato di grande livello, con un girone di ritorno straordinario e la storica vittoria della Coppa Italia Primavera. Che ricordi hai di quella stagione?
“Per me quella rimane, almeno per ora, una delle stagioni più belle della mia carriera, perché eravamo davvero un gruppo formidabile: fortissimo non solo a livello di gioco, ma anche dal punto di vista umano. La Coppa Italia ce la sentivamo dentro già da tempo. Non ero l’unico: anche parlando nello spogliatoio si percepiva che potevamo arrivare fino in fondo. Eravamo in un momento della stagione in cui vincevamo tutte le partite, avevamo fiducia e convinzione, e infatti si è visto. Da febbraio in poi, non abbiamo più perso una gara: abbiamo fatto 13 risultati utili consecutivi. Con questi numeri cresce la consapevolezza, e noi, sia in campo che nello spogliatoio, eravamo certi di poter battere chiunque. La finale contro il Milan è stata l’esempio più chiaro: non c’è mai stata partita. Già dal giorno prima in hotel si respiravano sensazioni positive, eravamo carichi. Non eravamo del tutto sereni, perché per molti di noi era la prima finale, ma eravamo sicuri di poter fare bene. Una delle svolte decisive è arrivata proprio poche ore prima della gara. Il mister ci ha riuniti e ci ha fatto una sorpresa, mostrandoci dei video preparati dalle nostre famiglie. Quella cosa ha amplificato ancora di più la nostra voglia, ci ha dato una spinta enorme. Da lì siamo andati in campo con una determinazione doppia: tutti concentrati, tutti consapevoli di quello che dovevamo fare. E si è visto in campo”.
Parlando di Fabio Pisacane, che tipo di allenatore è, sia dal punto di vista tecnico che umano?
“Dal punto di vista sia personale che di squadra, è sicuramente l’allenatore che mi ha dato più fiducia. All’inizio non giocavo molto, ma da quando è arrivato lui ho iniziato a scendere in campo con continuità , fino a disputare praticamente tutte le partite nelle ultime due stagioni. Nell’ultima, inoltre, mi ha anche nominato vicecapitano della squadra, un ruolo di cui vado molto orgoglioso. A livello umano è una persona eccezionale: sa davvero fare gruppo. Forse anche il fatto che abbia smesso da poco di giocare lo aiuta, perché si sente ancora un po’ calciatore e questo gli permette di rapportarsi con naturalezza nello spogliatoio, soprattutto con noi giovani. Lo ha dimostrato non solo con la Primavera, ma ora anche con la prima squadra. Dal punto di vista tecnico, ha idee di gioco molto chiare e importanti. In campo sapevamo sempre cosa fare: ogni movimento, ogni passaggio era già provato in allenamento. Questo ti dà sicurezza, perché entri in partita consapevole di come mettere in difficoltà l’avversario. È il frutto del lavoro quotidiano, fatto con grande cura da lui e dal suo staff, sempre molto preparato. Un aspetto che lo contraddistingue è l’attenzione alla fase difensiva. L’anno scorso subire gol contro di noi era davvero difficile: avevamo la miglior difesa. Lui teneva molto al concetto che si attacca in undici e si difende in undici, quindi i primi difensori erano gli attaccanti. E infatti i nostri attaccanti facevano partite dispendiose a livello fisico, con corse e sacrifici che non sono sempre scontati per chi gioca davanti. Ma lo facevi volentieri, anche per lui, per la fiducia che ti trasmetteva e perché sapevi che così ne beneficiava tutta la squadra e arrivavano i risultati.Â
Tra i tuoi compagni al Cagliari, c’è qualcuno che ti ha particolarmente colpito o sorpreso nel corso del tuo percorso, e cosa pensi del percorso di Idrissi, Cavuoti e Pintus ora che sono stati integrati in prima squadra?
“Con Pintus siamo amici da prima di arrivare al Cagliari, ci conosciamo da tantissimo tempo, e sono davvero felice per lui e per il percorso che sta facendo. Con Riyad siamo arrivati insieme al Cagliari, negli stessi giorni, e abbiamo fatto tutta la trafila fino ad arrivare in Primavera, tranne lo scorso anno, quando lui è andato in prestito al Modena. Per lui sono davvero felice: quest’anno ha iniziato pure molto bene il campionato con il Cagliari e spero continui così, giocando il più possibile. Per Cavuoti invece posso dire che è fortissimo: anche negli allenamenti faceva cose incredibili e sono convinto che abbia un grandissimo futuro davanti. Per quanto riguarda i compagni che mi hanno colpito, te ne nomino due. Il primo, l’ho sempre detto, è Vinciguerra. Già negli Under si vedeva che aveva una marcia in più: una velocità devastante che può mettere in difficoltà qualsiasi avversario. Il secondo è Yael Trepy, che invece non mi aspettavo potesse crescere così tanto. È arrivato tre anni fa e da allora ha fatto una crescita incredibile sotto tutti i punti di vista: fisicamente, mentalmente e anche nella comprensione del gioco. Ha fatto davvero passi da gigante e, considerando che ha ancora margini di miglioramento, per me può diventare un giocatore molto importante, sia per la Primavera che, in futuro, anche per la prima squadra”.
Cosa ne pensi del nuovo ciclo del Cagliari Primavera con Francesco Pisano? Hai avuto modo di seguire qualcosa?
“Ho seguito quasi tutte le partite. Purtroppo i risultati finora non sono arrivati, ma è ancora presto: anche lo scorso anno all’inizio avevamo avuto qualche difficoltà , e poi si è visto come è andata a finire. Siamo solo a settembre e il campionato è lungo, ci sono ancora moltissime partite da giocare. Quello che sto notando è che durante ogni gara ci sono giocatori che si infortunano (Cogoni, Pintus, Nuvoli, Trepy, Saddi, ndr), e questo può diventare un problema. Nell’ultima partita contro il Genoa, poi, è arrivata anche l’espulsione di Mendy, che non sarà disponibile per le prossime tre gare, e chiaramente questo non ci voleva. C’è un po’ di sfortuna, ma bisogna restare sereni: la stagione è lunga e tutto può ancora cambiare”.
Da terzino a terzino, come valuti l’inizio di campionato di Palestra?
“Palestra è davvero forte! Ha una grandissima gamba ed è molto veloce. Per essere sincero, prima che arrivasse al Cagliari, quando giocava all’Atalanta non l’avevo mai visto giocare. Adesso che è al Cagliari, invece, mi ha davvero impressionato, soprattutto nella partita contro il Lecce. Lui e Idrissi sulle fasce possono davvero fare molto bene”.
Parlando del presente, come sta procedendo la tua nuova avventura al Piacenza? Cosa puoi raccontarci di questa tua nuova tappa di vita?
“Questa esperienza a Piacenza per ora sta andando molto bene. Spero di riuscire a vincere il campionato e di arrivare in Serie C con loro, perché è una piazza storica, con tantissimi tifosi appassionati. Le sensazioni sono molto positive: se ci fosse l’opportunità di restare anche negli anni successivi, lo farei volentieri, perché per ora mi sto trovando davvero bene”.
Se dovessi ringraziare una persona per il supporto ricevuto nella tua carriera, chi sarebbe?
“Soprattutto mio padre, che mi ha sempre sostenuto e mi è stato vicino in ogni situazione: mi ha accompagnato a tutti gli allenamenti e alle trasferte, e continua a seguirmi ancora oggi. Poi, naturalmente, tutto il resto della mia famiglia e i miei amici hanno avuto un ruolo importante nel mio percorso”.
Per concludere, quali sono gli obiettivi che ti sei prefissato per il futuro?
“Nel presente, il mio obiettivo più immediato è salire in Serie C con il Piacenza. A lungo termine, invece, il mio sogno è arrivare in Serie A. Potrei farlo anche con altre squadre, e mi andrebbe bene lo stesso, però se dovessi tornare a giocare per il Cagliari, essendo la mia città , sarebbe qualcosa di davvero speciale. Giocare nella tua città , esordire in Serie A davanti ai tuoi tifosi, penso sia una delle esperienze più belle che ci siano”.
Matteo Cubadda















