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Saluti dolorosi e nuova visione: l’estate in cui la Torres sta cambiando pelle

L'esultanza di Scotto dopo il gol in Torres-Carpi | Foto Alessandro Sanna
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La rivoluzione è cominciata e niente potrà fermarla. Come ogni cambio drastico di pagina spaventa e può destabilizzare, ma mai come in questa estate senza pallone a Sassari sembrava necessaria. Con l’addio a Gigi Scotto, ormai ex capitano, la Torres prosegue il suo cambio di pelle con la separazione da tantissimi giocatori esperti e legati al progetto e soprattutto con diversi protagonisti degli ultimi positivi anni tra Serie D e Lega Pro. Una mutazione naturale che doveva avvenire per i segnali arrivati dal campo ma anche per gli equilibri mostrati fuori dal campo e nei pensieri della dirigenza. E il riferimento qui non è tanto a Scotto quanto ad alcune partenze illustri che ci sono state e ci saranno. Una rivoluzione quasi totale che forse poteva essere fatta gradualmente partendo dalla scorsa stagione ma che l’ottimo secondo posto alle spalle del Cesena, con l’uscita di scena immeritata ai playoff contro il Benevento, ha invece portato a rimandare. Allungando forse anche più del dovuto alcuni contratti e alcuni rapporti arrivati a fine ciclo, più dal punto di vista mentale che professionale. Anche perché a mesi di distanza dalla fine del campionato si può dire senza paura di smentita che la Torres dell’anno scorso per valori in campo avesse tutto per lottare per andare direttamente in Serie B. È mancato qualcosa, dentro e fuori dal campo, per riuscirci e in più occasioni l’impressione di un progetto arrivato a fine corsa è stato palpabile, anche prima della doppia sfida con l’Atalanta U23.

Il punto
Ma ragionare con i se serve a poco ed è un esercizio di stile utile solo a chi vive del rimpianto e meno a chi progetta per il futuro. Alcuni addii fanno, faranno, male e altri fanno rumore. I saluti con Scotto non sono stati sicuramente facili, visto il legame del calciatore con l’ambiente e la società, altri hanno spiazzato come quello di Manuel Fischnaller che dopo aver lottato fino all’ultimo giorno utile ha detto poi basta per la dichiarata volontà di cambiare aria, più alla caccia di un progetto diverso che di una vera necessità personale extra calcio. E l’impressione è che dopo Scotto, Fischnaller, i non riscattati Guiebre e Varela la rivoluzione non sia ancora terminata. Ci sono tutta una serie di altri profili, al momento dichiaratamente fuori dal progetto, che questa Torres lascerà andare nelle prossime settimane, nonostante siano stati centrali fino a qualche mese fa. Una situazione che definisce bene come la Torres sia arrivata un po’ scarica nella visione di insieme del club sul finire della scorsa stagione e che con il senno di poi giustifica, solo in parte, il passo falso dei playoff contro l’Atalanta. Per un ciclo sicuramente vincente e positivo che però aveva chiuso i battenti, nella testa di alcuni (sia sulla poltrona che sul campo) prima ancora della fine della stagione regolare rossoblù.

Futuro
Un contesto che non deve e non toglie nulla a quello che è stato e che non deve essere usato come metro di paragone diretto per giudicare quello che sarà. La Torres ha scelto un’inversione di tendenza paragonabile a un’inversione a U di marcia, pur mantenendo alcuni profili che sono delle certezze per la categoria, almeno al momento. Come Mastinu o Zaccagno, per fare alcuni nomi. Le scommesse sono tante ma anche provare a fare una squadra da salvezza per la C in due settimane dopo il ripescaggio è stata una scommessa vinta con successo e programmazione dal club rossoblù solo tre estati fa. Guardare alle strutture, al settore giovanile, alla creazione di un nuovo gruppo squadra che porti valore partendo dai giovani è comunque una strada che va rispettata e che ha un suo perché specifico. Chiaro che dopo che si fa secondo e terzo in un campionato di Serie C, record storico per il club, le aspettative non possano essere ridimensionate dall’oggi al domani, sia per l’ambiente che per gli addetti ai lavori. Sarebbe insensato aspettarselo. E la sfida sarà proprio questa di unire queste due direzioni (la programmazione lenta e il risultato veloce) per una società che fin qui ha raggiunto gli obiettivi bruciando le tappe e avendo meno tempo per imparare da errori, esperienze e anche dalle critiche, che per la prima volta in quattro anni di gestione Abinsula sono arrivate. Servirà pazienza, non solo in panchina, prima di giudicare una squadra che sta provando a cambiare pelle, anche rinunciando a pezzi importanti della sua storia recente (con polemiche o mezze frasi che sono naturali in questo momento per i protagonisti, così come per i tifosi, e che vanno ascoltate ma cercando di mettere il giusto peso sulla bilancia della visione futura senza farsi influenzare per forza da tutto quello che succede intorno).

Roberto Pinna

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