Il calcio come racconto. Federico Buffa il maggiore esponente tra Sky e teatro, almeno in Italia, perché poi c’è il Sudamerica, luogo per eccellenza del calcio raccontato. Buffa, sì, ma con lui a stretto contatto c’è Carlo Pizzigoni, co-autore delle famose Storie Mondiali e scrittore in prima persona del libro Locos por el fútbol.
Nato a Pero, Carlo Pizzigoni è il direttore del primo sito internet di calcio internazionale in Italia – MondoFútbol – oltre che collaboratore per Sky, inoltre ha scritto per La Gazzetta dello Sport, il Guerin Sportivo, Rivista Undici e il Venerdì di Repubblica. Pizzigoni conosce ampiamente il calcio sudamericano e se di Sud America si parla non si può che andare al rapporto ormai diventato storico tra il Cagliari e l’Uruguay. In principio fu el Pescador Victorino, poi il trio Francescoli-Fonseca-Herrera, quindi O’Neill, Dario Silva e tanti altri fino ad arrivare a oggi con Nández, Pereiro, Oliva e Godín. Abbiamo così chiesto a lui di analizzare la storia che unisce la Sardegna con l’Uruguay: un’intervista in chiave letteraria che vada oltre il campo e possa entrare nell’anima di due luoghi così distanti ma così vicini.
Il legame tra calcio e letteratura in Sudamerica è un legame storico. Quale scrittore tra i tanti sarebbe stato perfetto per narrare la lunga storia tra Cagliari e Uruguay?
“Sicuramente Eduardo Galeano. È il massimo cantore uruguagio del calcio e ha legato il pallone a quello che è la società, alla vita: la cosa più importante è proprio questa, perché il calcio deve essere legato al territorio. In questo senso il legame che c’è tra il Cagliari, la Sardegna e il calcio è un tutt’uno che sicuramente sarebbe piaciuto a Galeano, è qualcosa che lui avrebbe celebrato in maniera unica. Non so cosa avrebbe detto, al genio non si arriva e noi voliamo un po’ più basso, apparteniamo ad altri campionati diciamo così. Il legame forte tra Cagliari e Uruguay è difficile da spiegare: non vorrei inventare cose forzate, certamente mi viene da pensare che a Cagliari si sta bene, giocare in Sardegna vuol dire farlo in un posto magnifico e che l’Uruguay, tutto il mondo uruguagio è una grande famiglia, un Paese piccolo e nel calcio è sempre stato competitivo a tutti i livelli. Ci sono stati grandi giocatori che hanno viaggiato per il mondo e proprio perché è una grande famiglia c’è una situazione quasi di passaparola: tanti uruguaiani hanno parlato bene di Cagliari, una piazza dove si sta bene e si può fare un buon calcio, quindi probabilmente nella scelta viene tante volte fuori il consiglio di un amico, di una parente, di un familiare, di quella famiglia allargata che è l’Uruguay. Sappiamo per l’ultimo arrivo di Godín quanto sia stata importante la parola del suocero che ha giocato in Sardegna (Pepe Herrera, ndr), quindi credo che sia questo, oltre a qualcosa probabilmente di magico che lega Cagliari a Montevideo”.
Oltre a Francescoli e O’Neill, qual è l’uruguaiano che collega immediatamente alla maglia rossoblù?
“Inizio a dire che con O’Neill parliamo un giocatore di un’altra categoria. Proprio tra i banchetti di una strada di Montevideo che si chiama Tristán Narvaja, una via di librerie, ho trovato la sua biografia che s’intitola sinistramente Hasta la última gota –Sino all’ultima goccia e ovviamente lega il periodo di difficoltà che Fabián sta ancora vivendo e la sua purtroppo tragica storia con l’alcol. È stato un giocatore clamoroso: mi viene da pensare che sia O’Neill che Francescoli hanno un legame con un grandissimo del gioco come Zinedine Zidane. Un altro giocatore di una città di mare, che ha celebrato in Francescoli il suo massimo idolo tanto da dare al suo primogenito il nome Enzo, e dall’altra parte ha celebrato O’Neill, dicendo che è il più grande giocatore con cui si sia mai allenato. Fabián la fortuna alla Juve non l’ha fatta, ma questa celebrazione di Zidane vale molto. Tolti questi due, l’altro nome che lego a Cagliari è sicuramente El Maestro Tabarez, una persona che ti lascia quotidianamente un insegnamento ed è assolutamente legato anche alla città sarda: al di là dei grandi giocatori come Fonseca, Dario Silva, certamente il valore etico e morale che un uomo come Tabarez ha lasciato nel calcio va al di sopra di tutto, dei campionati vinti, delle prestazioni. E Tabarez ha vissuto un bel pezzo di storia del Cagliari”.
Tanti campioni ma anche alcuni fallimenti. Tutto iniziò ad esempio con Victorino, ma anche Tejera, Romero, giocatori che in patria sembrava potessero esplodere in Europa e invece...
“Victorino è stato un giocatore importante nella storia del calcio mondiale, ma non è scoppiato quell’amore dal punto di vista dell’esito con il Cagliari, anche se erano anche anni molto diversi. Non era facile, era uno dei primi stranieri dopo la riapertura delle frontiere: ci sono delle storie d’amore che non nascono anche se entrambi ci mettono impegno, in quel caso non andò. Victorino, tra l’altro, è il protagonista di una frase mitica di un telecronista uruguaiano Victor Hugo Morales, che al suo gol durante il Mundialito contro il Brasile disse “Stai tranquillo Obdulio (ricordando Varela e il mitico Maracanazo), i ragazzi non permetteranno che la storia cambi”, e mi vengono ogni volta i brividi quando ricordo questa telecronaca, è una cosa unica. Victorino è stato protagonista anche di vittorie in Libertadores con il Nacional, ma l’esperienza a Cagliari è stata legata a un periodo particolare: l’adattamento mancato, il non capirsi reciprocamente e pure il momento del Cagliari han fatto sì che non potesse durare a lungo”.
C’è un giocatore sudamericano per caratteristiche tecniche e caratteriali che avrebbe visto bene (o vedrebbe bene) a Cagliari pur non avendoci mai giocato?
“Forse per questo legame ai numeri dieci come Fabián ed Enzo Francescoli, sarebbe stato bello vedere il Chino Recoba, anche perché c’è in qualche modo una relazione tra Inter e Cagliari al di là del presidente attuale. Avrebbe reso più tranquilla magari qualche stagione, poi quel vento che c’è a Cagliari avrebbe sospeso tutte le grandissime giocate e i suoi tiri fenomenali. Tra l’altro il Chino è anche amante della Sardegna e sarebbe stato perfetto per qualche stagione a Cagliari”.
Tra gli uruguaiani attuali Pereiro è quello che ancora fatica a emergere, crede riuscirà a riscattare questi primi mesi in rossoblù? Che giocatore è?
“Sono molto contento di vederlo in Italia: a parte l’infortunio che lo ha frenato, sono ancora molto speranzoso per quello che può fare. È arrivato in un momento molto particolare, con il Covid, il campionato fermo…punto molto su di lui, mi piace molto e credo che Cagliari sia la piazza giusta per poter dimostrare il suo talento. Mi è capitato di parlare alcune volte con Zenga e anche lui lo stimava parecchio: poi le cose sono andate come sono andate, ma è un elemento di valore ed è un giocatore che nettamente può fare la differenza, in Italia e non solo”.
La scelta di Godín, pensa che potrà dare ancora tanto oltre gli importanti aspetti romantici?
“La serietà di Godín non è assolutamente da mettere in discussione, è il capitano della Celeste e sicuramente indosserà quella fascia anche in uno degli eventi più importanti per l’Uruguay che credo, e spero, sarà il Mondiale in Qatar. Ossia quando la generazione dei Cavani e dei Suarez, quella dei Mondiali Under 20 del 2007, coinciderà con la generazione nuova che è quella dei ’97-’98, dei Bentancur, Valverde e De la Cruz, che in questo momento si sta affacciando prepotentemente nel grande calcio, insieme a quelli “in mezzo” che hanno disputato la finale dei Mondiali Under 20 del 2015 contro la Francia. Parliamo di una rosa di grandissima qualità, con Godín, Suarez, Cavani: ecco, quello sarebbe un regalo che gli dei del calcio potrebbero fare a questo sport, quello di celebrare una vittoria totalmente unica. L’Uruguay ha sicuramente possibilità di vittoria, anche se la qualificazione è molto complicata, però poi al Mondiale l’Uruguay è sempre difficile da battere. Quello sarà il passo d’addio per Diego. Tabarez dice che in questo momento sta vivendo il percorso della Celeste come se fosse The Last Dance: dopo aver visto su Netflix il film-documentario su Michael Jordan e i suoi Bulls, lui rivede questo percorso dell’Uruguay come “l’ultima danza”. Speriamo tutti che si possa concludere in Qatar, perché sarebbe proprio bello vederli giocare come ultima partita la più importante. L’Uruguay, ossia la nazione che ha vinto il primo Mondiale e che è così importante nel calcio mondiale pur essendo così piccola, è una specie di immagine del calcio che non appartiene solo ai ricchi ma a tutto il popolo”.
Qual è la piazza più sudamericana d’Italia?
“Non so, mi sembra ci siano molti cliché legati al Sud America che tenderei a evitare. La passione con cui si vive il calcio e il legame con il racconto del calcio non esiste da nessuna parte se non nel Rio de la Plata. Anche in Brasile, per dire, è diverso pur essendo comunque importante il calcio a livello sociale. In altri Paesi, come ad esempio la Colombia, è un pezzo importante della società ma non è come nel Rio de la Plata o in Brasile. Eviterei dunque questi cliché: certo il legame di Napoli con Maradona è qualcosa di unico, ma eviterei etichette che lasciano il tempo che trovano”.
Un giudizio sul Cagliari di Di Francesco?
“Devo dire che finora ho visto poco, solo spezzoni e non partite intere: sospendo un po’ il giudizio, anche se certamente la rosa a disposizione è molto buona. Qualche lacuna esiste in alcuni ambiti, ma sembra strutturata abbastanza bene, e dopo una serie di prove iniziali che erano necessarie visto il poco periodo di preparazione che ha avuto Di Francesco come tutti, sembra che abbia trovato la quadratura ideale. Credo che il Cagliari sia incamminato su un buon percorso, con un tecnico di valore arrivato in rossoblù per rinascere dopo l’esperienza un po’ così con la Sampdoria. La squadra è comunque molto interessante, costruita secondo me con tanti elementi di qualità e valore”.
Matteo Zizola