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Angeles Parejo | Foto Facebook Parejo

Parejo: “Spero in un progetto serio per la Torres Femminile, la maschile merita la B”

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Sono passati trent’anni da quel primo storico Scudetto conquistato dalla Torres Femminile. Una squadra dominante, capace di trionfare con un ruolino di marcia incredibile fatto di 21 vittorie, 7 pareggi e 2 sole sconfitte. Un bottino di 49 punti – ai tempi la vittoria valeva 2 punti – conditi da 92 reti realizzate e solamente 18 incassate. Tra le protagoniste di quella storica annata 1993/94 c’è sicuramente Ángeles Parejo, vice-capocannoniera del campionato con 30 gol messi a referto. La passione e l’amore per il calcio è stato il traino sia per la Torres, ma in particolare per la sua incredibile carriera. Questa la nostra intervista alla bandiera delle rossoblù.

Il 7 maggio la Torres Femminile ha festeggiato il trentesimo anniversario dalla vittoria dello storico primo Scudetto. Un 6-0 nel derby contro la Delfino Cagliari, che ricordi ha di quella giornata storica per il calcio sardo?

”Che ricordi… Vincere un derby, in una partita decisiva per il campionato, nonostante fossimo lontano da Sassari e grazie a quel successo conquistare lo Scudetto, è stata un’emozione meravigliosa e indimenticabile. È vero che avremmo voluto festeggiare di fronte ai nostri tifosi, ma le sensazioni che abbiamo provato sono state indescrivibili. Ci sembrava un sogno, l’indomani ci siamo guardate negli occhi e abbiamo realizzato che noi eravamo campionesse d’Italia. Il primo Scudetto non si dimentica mai, era uno dei pochi in cui la Torres ha conquistato il titolo con tante giocatrici sarde, tra queste includo sia me che Giorgia Brenzan, noi ci sentivamo sassaresi di adozione. Le uniche di fuori erano Carolina Morace e Elisabetta Bavagnoli. Trionfare in campionato con così tante giocatrici locali non è una cosa che capita spesso. Noi avevamo una grande società alle spalle e in più eravamo un gruppo con tanta passione. Eravamo una vera famiglia, non abbiamo mai avuto tanto pubblico, però nello scontro diretto contro il Torino c’erano tremila spettatori sugli spalti. L’unione che si era creata tra di noi è stata la nostra forza, la nostra arma vincente. Il calcio non fa distinzioni tra uomini e donne, noi giocavamo in un campionato allora dilettantistico ma ci comportavamo come delle professioniste. Noi per pochi soldi, ma con tanta passione, abbiamo dato l’anima. Ai tempi il calcio femminile non era seguito tanto, però a Sassari c’era interesse. La cosa che ricordo con piacere è l’affetto che ricevevamo in tutti i vari stadi d’Italia, eravamo come l’Inter e la Juventus d’allora nel maschile. Avevamo tifosi dappertutto”.

Alla sua prima esperienza con la Torres dal 1990 al 2002, prima del ritorno nel 2010/11, ha scritto la storia del club rossoblù. Una squadra vincente, che proponeva un bel calcio con tantissime giocatrici di livello. Qual è la compagna più forte con cui ha giocato?

Ho avuto tante compagne di squadra forti. Guarino, Morace e Panico erano incredibili. Non so dire chi sia stata la più forte perché eravamo attaccanti pazzesche tutte e quattro. Tra noi c’era un’intesa incredibile, con Morace e Guarino in particolare. Bastava uno sguardo per capire che giocata o che movimento fare, un’intesa naturale. Anche Patrizia (Panico ndr) era fortissima, ho giocato l’ultimo mio anno alla Torres con lei. All’epoca avevo 42 anni e nel nostro reparto c’erano tante giocatrici fortissime. All’inizio ho giocato da titolare, poi subentravo a gara in corso. In quella stagione, partendo principalmente dalla panchina, ho segnato ben 10 reti”.

Lei ha vinto tantissimi trofei in rossoblù. Qual è quello che ricorda con maggiore piacere e la soddisfazione più grande che si è tolta con la maglia della Torres Femminile?

Sicuramente le due stagioni 1999/00 e 2000/01 in cui abbiamo vinto Scudetto e Coppa Italia consecutivamente, riuscendo a conquistare anche la Supercoppa nel secondo di questi due anni facendo il triplete. Siamo state la prima squadra italiana femminile a partecipare alla Champions League. Siamo state anche invitate a un’udienza generale del Papa a Roma, gli abbiamo donato la maglia numero 11 della Torres con scritto Wojtyla e un piatto sardo in ceramica. Quello è un ricordo che porterò sempre nel mio cuore, è una cosa che capita una sola volta nella vita. Papa Giovanni II mi ha accarezzato il viso, per una settimana non mi sono lavata il volto. Mi tremavano le gambe dall’emozione. Un altro giorno importantissimo è stato in occasione della partita che giocammo a Tortolì, durante il sequestro di Silvia Melis, noi ci siamo impegnate tanto nel sociale quell’anno. Abbiamo portato un messaggio sui campi di tutta Italia attraverso uno striscione con scritto: “Il vero sardo non sequestra”. Noi giocammo a Tortolì lo scontro diretto contro il Bardolino e andammo a trovare la famiglia di Silvia, che era ancora in mano dei sequestratori. In quella gara vincemmo 3-1 e dedicammo la vittoria alla liberazione della ragazza. Poi più avanti venne liberata. Noi non giocavamo solo a calcio, la Torres Femminile di quei tempi mandava anche messaggi importanti nel sociale, nel nostro piccolo abbiamo fatto tanto”.

Se ora avesse di fronte una giovane bambina, come lo era lei quando si è avvicinata al mondo del calcio, cosa le direbbe e che consigli le darebbe?

Se io non avessi avuto umiltà, passione e professionalità non avrei fatto niente. Non è stato semplice. Quando giocavo per strada ho dovuto far finta di essere un maschio, non ero più Àngeles ma Angelo. Quando i miei amici del quartiere si sono accorti che mi difendevo bene con il pallone tra i piedi ho rivelato loro la mia vera identità. Ho detto loro che non mi chiamavo Angelo, ma Àngeles. Io sono del 1969, nel ‘78 vedere una ragazzina interessata al calcio era molto difficile. Pur di giocare a calcio ho fatto finta di essere un maschietto, ma non m’interessava, l’amore per questo sport era più grande. Nella mia famiglia eravamo sette fratelli, quattro femminucce e tre maschietti, io ero l’unica tra le mie sorelle che aveva il coraggio di andare in strada a giocare. Devo essere sincera però, sono stata fortunata perché i miei fratelli mi hanno sempre incoraggiato. Mi chiamavano per andare a giocare con loro. Altre compagnette non giocavano perché i loro fratelli glielo vietavano. Noi donne del calcio siamo state discriminate a lungo, vent’anni di discriminazione perché ai tempi il calcio in Italia era un mondo maschilista. Io ho subito bullismo nella mia vita per questo motivo: mi chiamavano maschiaccio, me ne dicevano di ogni, ma a me non interessava. Fortunatamente ho avuto un carattere forte e deciso, se così non fosse stato sarei caduta in depressione. La forza di andare avanti e continuare è arrivata grazie anche al sostegno dei miei genitori. Mio padre era appassionato di ciclismo e non di calcio, però mi ha sempre incoraggiato. Se avessi di fronte una piccola ragazzina appassionata del calcio come lo ero io, le direi di andare avanti con umiltà, con professionalità, ma soprattutto con passione: questa ti fa superare ogni ostacolo. Se sarà brava e indosserà la maglia rossoblù, non dovrà sentirsi arrivata. Quando si veste la divisa della Torres è solo un punto di partenza, bisogna fare tanti sacrifici, sudandola e mettendoci sempre passione.

Guardando invece al presente, dopo aver rinunciato alla Serie B, la Torres Femminile è ripartita dall’Eccellenza, vincendo il campionato e tornando in Serie C. Come vede questo nuovo corso del club in particolare in ottica futura?

”Se continuano a rinunciare ai campionati di alto livello è meglio che lascino la società e diano spazio a chi veramente vorrebbe far crescere questo club. Perché raggiungere un traguardo importante e poi dover rinunciare? Immagino abbia avuto delle offerte per prendere la società, che dia spazio e modo ad altre persone di far crescere la Torres. Rinunciando ai campionati che crescita si dà al movimento calcistico femminile? Mi dispiace dirlo ma quella di ora non ha niente a che vedere con la Torres che eravamo noi tanti anni fa. A me piange il cuore al pensiero. Se nuovi imprenditori si sono fatti avanti per il bene della Torres Femminile perché non aiutare il club a crescere e disputare la Serie B? Io non ho avuto un anno di contributi per la mia carriera da calciatrice, avrei potuto fare basket e avere un contratto. Volevo fare calcio e nel mio piccolo ho contribuito a fare crescere questo movimento. Ho segnato 814 reti nella mia carriera non grazie ai soldi, ma a me stessa e alle mie compagne. Abbiamo dato l’anima per questo sport e per il calcio femminile. Ritorniamo sempre ai soliti tre aspetti fondamentali: umiltà, passione e professionalità. Spero che ci sia qualcuno che abbia voglia di investire nella Torres Femminile”.

Cosa ne pensa del movimento calcistico femminile attuale? Dove si può ancora crescere e qual è il passo principale da fare?

”Io dovevo nascere adesso, sono contenta di quanto si stia investendo ora sul calcio femminile. Pian piano il movimento sta crescendo, ci sono più tesserate a Sassari. Ma in Sardegna serve ancora crescere, in Italia sono più avanti. Basta dire che il calcio è uno sport per uomini: il calcio non fa distinzioni tra maschi o femmine! Quello che mi auspico per il futuro è che ogni società abbia una squadra femminile, è ora di pensare a 360° gradi. La Sardegna ha dato vita a una squadra che è stata tra le più forti a livello mondiale. È il momento di investire sul calcio femminile”

Guardando invece alla Torres maschile, questa è stata un’annata storica. Si è toccato il punto più alto da 121 anni a questa parte. Come vede i rossoblù ai playoff?

”È una bella squadra, sono un bel gruppo. Come ho detto prima l’unione fa la forza e questo vale anche per loro. Possono fare un grande percorso: ho conosciuto Garau e Scotto durante il corso per allenatori. Sono persone stupende, vedo che c’è un bellissimo spogliatoio. C’è unione, c’è una società dietro che ha investito tanto per ottenere grandi risultati. Sassari merita la Serie B, questa squadra e questa città meritano soddisfazioni. A inizio 2024 c’è stato un calo, però sono stati bravi a rialzare la testa e riprendere il proprio cammino per conquistare i playoff. Io sarò allo stadio per sostenerli e tifarli”. 

Andrea Olmeo

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