Quando si avvicina il Natale la programmazione televisiva riserva una certezza. Eddie Murphy, Dan Aykroyd, Una Poltrona per Due. E come per il palinsesto sempre uguale a se stesso, così il Cagliari sembra voler girare un identico film di stagione in stagione. Nessuna sorpresa, nonostante cambino gli attori, nonostante cambi il condottiero, nonostante le premesse e le parole dal profumo di rivalsa.
Parole e realtà
Facile, ma inevitabile. Puntare il dito contro Fabio Liverani diventa quasi automatico dopo quattro sconfitte nelle prime dieci giornate di Serie B. Non senza ragione, anzi. Soprattutto dopo l’analisi a caldo in seguito al 2 a 1 con il quale l’Ascoli ha rispedito a mani vuote in Sardegna i rossoblù. “La squadra è stata protagonista di un’ottima gara, basta guardare i dati”, queste le parole dell’allenatore romano. Dichiarazioni che se da una parte descrivono quanto le statistiche dicono nero su bianco, dall’altra non fanno fede alla realtà di quanto visto al Del Duca. E che fanno storcere il naso, perché il Cagliari ha sì tenuto a lungo il pallino del gioco, ma senza mai incidere e senza creare pericoli dalle parti di Guarna per ottanta minuti e oltre. La responsabilità scaricata sugli episodi, i “ragazzi” difesi nonostante gli infortuni tecnici che hanno portato alle due reti bianconere. E, ancora una volta, il mantra della Serie B “che riserva tante sorprese” e quello, ormai ripetuto alla nausea, del “c’è tutto il tempo per recuperare”. Lo stesso tempo che cercava di portare dalla propria parte Walter Mazzarri mentre la barca continuava a imbarcare acqua, lo stesso tempo che è stato dato a Eusebio Di Francesco con tanto di rinnovo a sorpresa, lo stesso tempo che, al contrario, non hanno avuto i vari Leonardo Semplici, Walter Zenga e Alessandro Agostini per citare alcuni protagonisti. Il tempo però passa senza che ci siano cambi di rotta, senza che si ritrovi l’entusiasmo, senza che il presente cancelli un passato che Liverani vorrebbe non tornasse nel chiacchiericcio settimanale, ma che inevitabilmente fa capolino come conseguenza dei risultati sul campo e di prestazioni lontane, lontanissime dalle attese.
Cantiere infinito
Delle due l’una, o la squadra in mano a Liverani è stata assemblata alla bene e meglio e dunque vale la classifica attuale, oppure – come sostenuto proprio dal diretto interessato – “i giocatori sono forti ma va dimostrato”. Non esiste una terza via, scegliere una delle due possibilità porta anche a dare più o meno responsabilità al tecnico rossoblù. Che non può essere l’unico colpevole, d’altronde dalle parti di Asseminello il via vai di allenatori dimostra quanto il problema sia a monte. Ma, comunque, il condottiero non può nemmeno essere salvato in nome di errori che si ripetono da prima del suo arrivo. Il gruppo in mano a Liverani, difficile sostenere il contrario, non è inferiore all’Ascoli che lo ha battuto, così come non lo è rispetto al Bari, alla Spal o al Venezia, le altre squadre che hanno portato a casa i tre punti di fronte al Cagliari. Se poi si osservano le vittorie ottenute da Deiola e compagni, difficilmente si trovano prestazioni sopra le righe a parte alcuni spezzoni di gara che, a oggi, risultano più estemporanei che frutto dell’organizzazione. L’ultima mezz’ora contro il Cittadella, il primo tempo contro il Modena, alcuni passaggi a Benevento e altri contro il Brescia, partita indirizzata da un infortunio tecnico altrui equiparabile a quelli con protagonista Radunovic ad Ascoli. Troppo poco per una squadra costruita a immagine e somiglianza di Liverani, impostata sul 4-3-3, due alternative per ruolo, pupilli arrivati dopo richiesta specifica, conferme a sorpresa grazie proprio al lavoro dietro le quinte dell’ex Lecce. Il Cagliari, nonostante passino le settimane, resta un cantiere aperto senza che si veda in lontananza la fine dei lavori, un po’ come il tanto decantato progetto societario che ha nel nuovo stadio – a proposito di cantieri – la metafora perfetta.
The silence of the Lambs
Il silenzio della società, da Tommaso Giulini a Stefano Capozucca, amplifica i dubbi ma, allo stesso tempo stimola certezze. A volte le poche parole hanno significato conferma, altre solo la premessa di un addio dietro l’angolo. Di certo qualcuno prima o poi dovrà sedersi di fronte alla sbarra e provare a difendere l’operato, che sia quello della dirigenza o quello del tecnico, se non entrambi. Il processo non solo è doveroso, ma necessario. Per analizzare responsabilità e problemi e, soprattutto, cercare soluzioni. Dalla parte di Fabio Liverani c’è una situazione che, essendo sempre uguale a se stessa da ben prima del suo arrivo, ha bisogno di tempo per essere portata sui binari giusti. Contro, però, ci sono mesi di lavoro che al momento non hanno dato frutti, se non una certa confusione sia nelle scelte che in quanto visto sul campo. E c’è soprattutto un gruppo voluto dall’allenatore rossoblù che ha, di fatto, cancellato i proclami di un Cagliari giovane e con voglia di emergere. Viola, Falco, Mancosu, Lapadula per citare i più importanti. Un effetto boomerang che colpisce chi ha premuto per certi innesti – di valore sia chiaro – e che ora potrebbe vedere proprio quelle scelte come casus belli. Magicamente chi arriva in Sardegna rende al di sotto delle aspettative, mentre chi va via prima o poi si rilancia, al netto di alcune eccezioni a confermare la regola. L’esatto contrario di ciò che rappresentava il Cagliari un tempo, trampolino di lancio diventato utile per i salti nel vuoto. Senza contare che chi lascia difficilmente non lancia stilettate velenose sul trattamento ricevuto. Che siano giocatori (ultimo Caligara), allenatori o perfino dirigenti, nessuno escluso.
Cambiare o non cambiare, questo è il problema. Un dubbio amletico, ma che dovrà essere sciolto in maniera netta e chiara. Senza lasciare che sia il solo Liverani a sbrogliare la matassa, senza nascondersi dietro il silenzio, un grande classico solo sporadicamente interrotto quando le cose non sono andate per il verso giusto. Il silenzio alimenta le voci, il silenzio rende responsabile anche chi pensa di potersi autoescludere dalla lista degli imputati. Guardare in faccia la realtà, non ingannare l’ambiente e trovare un minimo di coerenza deve essere la strada maestra. Per Liverani in primis, perché è solo la consapevolezza dei propri errori a poter imprimere una svolta, non di certo parole di circostanza atte a difendere l’indifendibile. A volte il tutti colpevoli porta al nessun colpevole, altre, invece, alla semplice constatazione che sì, si è tutti colpevoli senza distinzione e assoluzioni. Liverani in primis, volente o nolente.
Matteo Zizola