Per il terzo episodio della rubrica estiva “Sotto il Sole di Centotrentuno”, abbiamo intervistato Marcello Guidi, nuotatore cagliaritano specializzato nel nuoto di fondo. Con lui abbiamo ripercorso l’esperienza ai Mondiali di Singapore, dove ha conquistato una splendida medaglia d’argento nella staffetta a squadre, parlato del suo rapporto con Gregorio Paltrinieri e degli obiettivi che lo aspettano nel prossimo futuro.
Marcello, iniziamo questa intervista ripercorrendo i tuoi inizi: com’è nato il tuo percorso e quali sono state le tappe fondamentali che ti hanno portato fino ai Mondiali di Singapore?
“I primi risultati in Sardegna li ho ottenuti con Marco Pinna, ma ancora prima di lui c’è stato Cesare Floris. È proprio da lì che ho iniziato a qualificarmi per le prime volte ai Campionati Italiani di categoria. Da quel momento è nata anche la mia passione per le Acque libere, grazie proprio a Cesare. Partecipavamo a tutte le gare del circuito NAL Sardegna, facevamo molte tappe durante l’estate e ci allenavamo insieme. Io e Cesare Floris — che all’epoca era il mio allenatore — abbiamo condiviso tanti momenti e allenamenti importanti. Così, col tempo, ho continuato su quella strada, con una crescita costante negli anni, fino ad arrivare, negli ultimi tempi, a vincere medaglie agli Europei e al Mondiale di quest’anno. Sicuramente le figure di Cesare Floris e Marco Pinna sono state fondamentali per il mio percorso. Avevo circa 14 o 15 anni quando tutto è cominciato”.
Con una grande rimonta nella 5 km hai chiuso quarto ai Mondiali di Singapore: che sensazioni ti ha lasciato questo risultato e cosa significa per te essere tra i migliori al mondo?
“Diciamo che è stato sicuramente un bel risultato. Era da sei anni che non partecipavo a un Mondiale, per varie circostanze. Con la presenza di Paltrinieri e Acerenza è sempre stata una lotta serrata per i posti. La partenza è stata positiva, anche perché arrivavo con alle spalle tanti mesi di preparazione fatti davvero bene, sia fisicamente che mentalmente ero in una condizione ottimale per affrontare una gara di quel livello. Le condizioni del campo gara, a dire il vero, non mi dispiacevano affatto: preferisco decisamente l’acqua calda rispetto a quella fredda, e questo mi ha sicuramente avvantaggiato rispetto ad altri atleti che la soffrono un po’ di più. È stata quindi una bella soddisfazione, anche se resta un po’ di rammarico: un quarto posto è comunque un grande risultato, ma non ha mai lo stesso sapore di un podio, soprattutto quando si parla di un Mondiale. Essere tra i migliori al mondo mi dà però una consapevolezza in più da portare nelle prossime gare, che saranno fondamentali: l’Europeo a Parigi e, l’anno prossimo, il Mondiale a Budapest. Entrambi eventi cruciali, non solo in ottica qualificazione olimpica, ma anche per tutto quello che verrà dopo”.
Hai parlato di rammarico ma alla fine hai conquistato l’argento nella staffetta mista 4×1500 m, raccontaci com’è andata quella gara, dentro e fuori dall’acqua.
“Per quella gara ci aspettavamo che le squadre schierassero due donne nelle prime due frazioni e due uomini nelle ultime. Poi, già dal giorno prima, ci siamo accorti che tre delle nazioni più temibili — Francia, Germania e Australia — avevano adottato una strategia diversa: avevano messo una donna in prima frazione, poi un uomo, di nuovo una donna e infine un uomo a chiudere. Questa scelta cambiava decisamente le carte in tavola, perché significava che la terza frazione — la mia — diventava ancora più importante: sapevamo che l’uomo in seconda frazione avrebbe guadagnato terreno sulla donna, e io sarei dovuto entrare in acqua con il compito di colmare quel gap. Era una responsabilità non da poco. Dovevo fare il possibile per riportarci in una buona posizione e dare il cambio a Paltrinieri nelle migliori condizioni. Non era un compito semplice, ma sapevo di essere in forma, la condizione c’era, e avevo fiducia nei miei mezzi. Così sono riuscito a impostare il mio ritmo, a tenere il mio passo e a nuotare forte per recuperare il distacco. Non sono riuscito a colmarlo del tutto — la Germania era ancora avanti — ma ho comunque ridotto il margine il più possibile. E alla fine, grazie alla solidità di squadra, è arrivato uno splendido argento mondiale”.
Come hai gestito l’idratazione e l’integrazione in una gara con temperature più alte del solito?
“Diciamo che, soprattutto in questo caso, si trattava di una situazione particolare. Durante l’anno, infatti, è raro che ci troviamo ad affrontare temperature così alte: normalmente gareggiamo in condizioni molto più fredde. Un’acqua a 18 gradi è già una condizione completamente diversa. In una situazione del genere, l’integrazione prima della gara diventa fondamentale. Era importante assumere una buona quantità di sali minerali, perché durante la gara — soprattutto sudando — ne avremmo persi molti. Se però l’integrazione è fatta nel modo giusto, non si verificano problemi particolari, anche perché in una 5 km, a differenza della 10 km, la perdita di liquidi è più contenuta. Grazie al supporto del mio nutrizionista, abbiamo concordato esattamente cosa assumere prima della partenza. L’integrazione è stata efficace e infatti mi sono sentito molto bene durante la gara; non ho sofferto particolarmente la temperatura. È chiaro però che queste cose vanno gestite prima: se arrivi alla partenza senza aver fatto un’integrazione adeguata, poi non puoi più rimediare. E a quel punto il tuo corpo inevitabilmente ne risente”.
Gareggiare al fianco di nomi come Paltrinieri e Taddeucci è un onore ma anche una responsabilità. Che tipo di dinamica si crea nel gruppo azzurro?
“Diciamo che nel nostro gruppo c’è molta serenità. Con Ginevra ci conosciamo da dieci anni, è la mia migliore amica e quest’estate, dopo Singapore, abbiamo anche fatto le vacanze insieme. Per cui tra di noi ci sono dinamiche molto tranquille e genuine. Viviamo il nostro sport in modo sereno, e quando capita di gareggiare insieme, lo prendiamo come uno stimolo in più. Salire sul podio insieme è qualcosa di fantastico, forse ancora più bello che vincere una gara individuale, perché c’è la gioia di condividere quel momento speciale. Lo stesso vale con Gregorio: negli ultimi anni ci siamo confrontati spesso, non solo in gara ma anche fuori, e ho costruito un bel rapporto anche con lui. Sicuramente, sapere di gareggiare con loro è un incentivo importante”.
Le gare di fondo, soprattutto in acque libere, sono spesso imprevedibili. Quali sono gli aspetti mentali e tattici che ritieni fondamentali in queste competizioni?
“Sicuramente, in questo tipo di gare bisogna rimanere sempre lucidi: non ci si può permettere nemmeno un attimo di distrazione. Sono gare in cui la situazione può cambiare in un secondo — basta un’iniziativa improvvisa di un atleta, magari che si allarga e alza il ritmo — e bisogna essere pronti a reagire a qualsiasi evenienza. A livello mentale, devi restare concentrato al 100% per tutta la durata della gara. Non c’è margine per errori: ogni dettaglio può fare la differenza. Poi, sul piano tattico, l’esperienza conta tantissimo. Più gare fai, più impari a riconoscere certe dinamiche, a leggere meglio la situazione. In ogni gara succede qualcosa di diverso: nuovi scenari, nuovi imprevisti. E proprio grazie all’esperienza riesci ad affrontarli con più lucidità e consapevolezza”.
Dopo la medaglia d’argento ai Mondiali, senti che questo risultato rappresenti un traguardo raggiunto o piuttosto un nuovo punto di partenza per la tua carriera?
“Sì, sicuramente non lo considero un punto di arrivo. Penso di avere ancora tanto da dare: ho 28 anni, non mi sento affatto vecchio — anzi, soprattutto in uno sport come il nostro, mi sento nel pieno delle mie forze. Sono convinto di potermi ancora togliere grandi soddisfazioni, magari anche conquistando medaglie in gare individuali. È quello che mi auguro ed è proprio ciò che mi spinge ad allenarmi ogni giorno. Per questo, più che un traguardo, lo vedo come un punto di ripartenza: un momento di maggiore consapevolezza che mi deve dare ancora più determinazione e fiducia per affrontare le prossime sfide con sicurezza e convinzione”.
Prima hai parlato degli Europei, dove all’epoca hai conquistato una medaglia importante nei 5 km. Che sensazioni hai provato in quel momento? È stato lì che hai capito di poter dire la tua anche a livello internazionale, o avevi già in testa obiettivi più grandi?
“Io ho sempre gareggiato con l’ambizione di vincere. Penso che se entri in acqua con l’idea di arrivare quinto, rischi di finire decimo. È molto meglio partire con la convinzione di poter vincere, anche se magari non sei il favorito: almeno ti dai una chance concreta. Anche in gare in cui sapevo di non essere al livello dei migliori, partivo comunque con una mentalità vincente. E questo atteggiamento, alla lunga, mi ha aiutato molto. In quell’Europeo, per esempio, non stavo particolarmente bene. Venivo da mesi complicati, in cui ero stato male e avevo avuto anche la mononucleosi. Le difficoltà fisiche erano evidenti, ma nonostante tutto mi sono presentato in gara con la convinzione di poter fare bene. E così è stato: ho conquistato la mia prima medaglia individuale agli Europei, a Belgrado (2024, ndr), ed è stata una gara davvero speciale. Una grande soddisfazione, che mi ha fatto capire di poter competere alla pari con i migliori d’Europa”.
Per concludere, guardando al futuro: quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Stai già pensando ai prossimi Mondiali o magari c’è anche un sogno olimpico nel cassetto?
“Adesso sicuramente farò un po’ di vacanza (ride, ndr). Ho già fatto qualche giorno, poi tornerò in Sardegna, perché non vedo i miei cari da un po’— non ci torno da febbraio, quindi è passato un bel po’ di tempo. Dopodiché riprenderò gli allenamenti verso la fine di agosto, per preparare due gare fondamentali: una tappa di Coppa Europa a Barcellona, prevista per fine settembre, e la tappa finale di Coppa del Mondo che si svolgerà in Sardegna, a Golfo Aranci. Queste saranno le prime due tappe della nuova stagione. Dopo di che, l’obiettivo sarà procedere passo dopo passo, con diverse tappe di Coppa del Mondo durante la stagione e la qualificazione agli Europei di Parigi. Quindi, il traguardo principale per la prossima stagione sarà qualificarmi per gli Europei, e poi si vedrà per i Mondiali di Budapest. Voglio vivere tutto con calma, senza pensare troppo a lungo termine, affrontando tutto mese per mese, giorno per giorno”.
Matteo Cubadda
















