In quella religione pagana che è il calcio esistono dei intoccabili e per un tifoso del Cagliari il tempo può essere diviso in a.R. e d.R., avanti Riva e dopo Riva. Il giorno che l’uomo di Leggiuno arrivò in Sardegna rappresenta uno spartiacque nella storia dei colori rossoblù, niente da quel momento è stato più come prima.
Chi scrive non ha mai visto giocare Gigi Riva con la maglia del Cagliari, anche se alzi la mano chi pur se troppo giovane non abbia nella memoria le giocate del mito. Già, non ho mai visto giocare Riva, sono nato troppo tardi. Però, come tutti i cagliaritani di qualsiasi generazione sì, l’ho visto giocare eccome nell’immaginario dei racconti, nel sinistro delle parole di chi c’era, negli occhi di chi all’Amsicora visse un sogno. Tutti noi cagliaritani abbiamo visto giocare Luigi Riva noto Giggi, abbiamo visto la rovesciata a Vicenza ed eravamo lì anche se nemmeno al mondo, come eravamo in Messico quando orgogliosi vedevamo il suo sinistro sfondare la porta della Germania Ovest, come eravamo lì quando Mazzola chiese a Luigi noto Giggi di fermarsi, a posto così, siete più forti, sei più forte. Ed eravamo lì a Torino, la partita contro la Juventus, il rigore ripetuto e i suoi due gol viatico verso lo scudetto. E abbiamo sentito le urla di dolore dopo che il boia del Prater gli ruppe la gamba, e abbiamo pianto quando abbiamo capito che era finita e che non avrebbe più indossato la maglia numero 11.
Gigi Riva è stato sempre una presenza costante, un elemento vivo della città, le sue passeggiate in centro, la sua stazza fisica emanazione di quella morale. Capitava di camminare sotto casa sua, alzare lo sguardo e provare a scorgerne la figura, perché tutti sanno dove vive anche se nessuno o quasi si sognerebbe mai di disturbarlo. Riva è intoccabile eppure è di tutti, non solo in Sardegna ma anche oltre tirreno, il record di gol in nazionale che resta imbattuto e chissà se mai nascerà qualcuno in grado di superarlo, un giocatore universale che va al di là del tifo, delle bandiere, amato da chiunque come capita ai miti senza confini. Oggi compie settantasei anni, non è più così facile vederlo camminare per le strade di Cagliari, l’età passa e con lei arrivano gli acciacchi ma mai l’oblio. Da emigrato quale sono poi Riva è un’ancora di salvezza, l’esempio stesso dell’identità, il nome da tirare fuori per manifestare l’orgoglio. Ti chiedono da dove vieni, rispondi Cagliari, Sardegna, e spesso parli di calcio e basta il suo nome per togliere ogni dubbio. Cagliari, Riva, il record di gol con la maglia azzurra ancora intatto, e tutti capiscono, ricordano, conoscono. Ricordo quella volta dal barbiere ad Alicante, un uomo di mezza età e come sempre capita dai barbieri le chiacchiere prendono il sopravvento in pochi attimi. Anche in quel momento la solita domanda, l’uomo mi chiese di dove fossi, Cagliari, occhi che si illuminano, Gigi Riva! Un passepartout.
Settantasei anni per Rombo di Tuono, quel soprannome figlio dell’ingegno di Gianni Brera. Fu a San Siro che Giuàn trovò il nome di battaglia dell’eroe in uno dei cassetti del suo cervello creatore, fu a Vicenza che ne scoprì la potenza devastante. Uno dei più bei gol della storia del calcio italiano, così raccontato.
“Proprio al 25′ Riva ha stecchito tutti, osservatori, avversari e plebe, la quale – evidentemente zeppa di elementi anche ben educati – al gol del 2 a 0 si è messa a battere le mani, a esplodere dei «ciò» che sapevano di stupore, ammirazione e, diciamola pure, sportività legittima. «Ciò ragazzi, ciò che roba, ah». Io intanto ero all’impiedi, non vergognoso dei miei cinquanta, e al modo dei primitivi che sicuramente mi furono padri andavo cantando le laudi del più poderoso goleador da me visto in ormai quarant’anni di calcio giocati e sofferti. Tento ora di descriverne la seconda e non ultima prodezza. Era partito Gori sulla sinistra e Carantini lo spingeva e scalciava: Gori ha crossato dal fondo (la palla pareva fuori): sulla destra era appostato Domenghini, che da una dozzina di metri ha incornato verso porta: la palla era avviata a uscire ci circa due metri di altezza: su questa palla, in posizione centrale, si è alzato scagliando a rovescio il sinistro Giggirriva da Leggiuno: in salto mortale all’indietro, il detto Giggirriva ha colpito di esterno sinistro deviando ciclonicamente la palla nell’angolo alto alla sinistra di Pianta, ovviamente impietrito. (…) Annibale Frossi era venuto a Vicenza per vedere e giudicare Riva. Ad ogni spunto di quel demonio, Annibale faceva la bocca a cul di gallina, poi mi guardava e quasi in un gemito invocava: Madonna!” Auguri Hombre Vertical, auguri Rombo di Tuono, auguri Giggi Riva.
Matteo Zizola